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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia Italia

Manovra, la sfida impossibile all'Europa col "mattone di Stato"

Il 21 novembre la Commissione Europea deciderà se aprire una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, una eventualità che il Governo tenta di scongiurare annunciando un programma di privatizzazioni pari a 30 miliardi di euro in 3 anni. Eppure negli ultimi 10 anni il Tesoro ne ha incassati appena 12

Il 21 novembre è il giorno fissato per il verdetto della Commissione europea sulla manovra. Lo ha spiagato il portavoce dell'esecutivo comunitario dopo l'invio da parte dell'Italia del documento inviato ieri notte dall'Italia. 

Documento Programmatico di Bilancio (DPB) 2019 

manovra rivista-2Difficilmente si tratterà di un parere lusinghiero, viste le distanze che persistono tra quello che reclama Bruxelles, sulla base delle regole del Patto di stabilità e di crescita, e quello che il governo è orientato a fare. E non fa presagire nulla di buono il pre-giudizio del vicepresidente della Commissione, il lettone Valdis Dombrovskis, secondo cui il progetto è "controproducente per la stessa economia dell'Italia" mentre il rialzo sui costi di rifinanziamento del debito sta già pesando sui costi dei prestiti e sugli investimenti. Ma in realtà quello che più conta è il deficit strutturale. Il 2018 dovrebbe chiudersi con un miglioramento di 0,2 punti, all'1,8 per cento del Pil. La vera deviazione si verifica qui: l'Ue, in base alle regole, vorrebbe una ulteriore riduzione di 0,6 punti nel 2019. L'Italia invece afferma che il disavanzo strutturale peggiorerà di 0,8 punti.

Difficile evitare una procedura sanzionatoria dal momento che il governo conferma di voler spingere il deficit al (e non oltre) il 2,4 per cento del Pil, seppure per le previsioni di Bruxelles il disavanzo 2019 arriverà al 2,9 per cento (e al 3,1% nel 2020). Eppure nella lettera che il Ministro Tria ha inviato alla Commissione europea c'è anche un impegno: come si legge il governo mette "a garanzia" del suo impegno a tenere il più possibile in ordine i conti pubblici "privatizzazioni per l’1% del Pil". 

È questa l'unica variazione di rilievo che l'Italia potrà affermare di aver inserito nella manovra: dismissioni che impatterebbero in positivo sul livello del debito.

Manovra, l'Ue potrebbe sanzionare l'Italia?

La versione rivista del Patto Ue sui conti non guarda unicamente al disavanzo o deficit, a quel fatidico rapporto del 3 per cento sul Pil e alla sua progressiva riduzione. Ma considera anche il livello complessivo di indebitamento, in particolare mette nel mirino la parte di debito eccedente il 60 per cento del Pil. In linea teorica gli Stati sarebbero tenuti a ridurre di un ventesimo l'anno (circa del 5 per cento) la parte eccedente di questo debito. E per l'Italia si tratterebbe di uno sforzo gigantesco, dato che nel suo caso si tratterebbe di ridurre del 5 per cento l'anno una montagna equivalente a 70 punti di Pil.  Finora è stata graziata da una incombenza simile perché, sempre in base alle regole riviste del Patto, risultava "largamente adempiente" con i requisiti di deficit.

Ma come spiegato in varie occasioni dal commissario europeo agli Affari economici, Pierre Moscovici, e soprattutto dal meno verboso ma non meno concreto Dombrovskis, venendo meno questa "adempienza" riscatterebbe la regola del debito. E proprio in base a questo potrebbe essere avviata una procedura per deficit eccessivo (sulla base della regola del debito). Per ora su questo versante l'Ue non si è ancora sbilanciata più di tanto. 

Prima del 21 novembre, una nuova occasione di confronto sarà rappresentata dall'Eurogrupopo straordinario fissato lunedì 19, che era stato convocato non per parlare di bilanci ma per cercare di trovare una intesa sulla tassazione dei giganti digitali.

Il "mattone di Stato" salverà l'Italia?

Fatte queste doverose premesse viene da chiedersi se e come il governo intenda rilanciare in grande stile il programma di vendita del mattone di Stato.

L'accelerazione delle dismissioni del patrimonio pubblico è importante: il Governo stima di un incasso di 18 miliardi nel 2019, l'1% del Pil, mantenendo allo 0,3% la previsione per il biennio successivo. In totale quasi 30 miliardi di euro nel triennio, quasi il doppio rispetto a quanto scritto nella nota di aggiornamento al Def. 

Inoltre la Nadef indicava introiti da privatizzazioni pari allo 0,3% del Pil su base annua comprendendo partecipazioni, patrimonio pubblico e revisione del sistema delle concessioni. La nuova impostazione invece prevede che i 18 miliardi verranno esclusivamente dalla dismissione di beni immobili.

Un obiettivo molto ambizioso rispetto alla tendenza degli ultimi 10 anni. Secondo un calcolo dell'Upb nell'ultimo decennio gli incassi totali da privatizzazioni sono ammontati a circa 12 miliardi, in pratica una media di 1,2 miliardi l'anno con picchi negativi nel 2015 e nel 2016 quando non si è raggiunta nemmeno quota un miliardo. Operazioni che comprendevano patrimonio pubblico e partecipazioni come i collocamenti di Enav e Poste.

Privatizzazioni, (l'impossibile) obiettivo dei 18 miliardi nel 2019 

Ogni nuovo governo in tempi recenti ha annunciato consistenti piani di cessioni da 0,5 fino a 0,7 punti di Pil all'anno ma i risultati a consuntivo sono sempre stati modesti rispetto ai propositi. Il precedente governo a guida Paolo Gentiloni indicò lo 0,5% del Pil per il 2017 arrivando poi a stento allo 0,1%. Il governi renzi era partito con un target dello 0,8% ma a bilancio arrivò allo 0,1% l'anno.

Inoltre nel corso degli ultimi anni le cessioni del patrimonio pubblico hanno registrato un andamento decrescente. Da circa un miliardo, negli ultimi due anni il bilancio complessivo oscilla intorno ai 600 milioni l'anno. Lo stesso ministro Tria nella nota di aggiornamento al Def alla voce cessione del patrimonio immobiliare indicava una stima di 600 milioni di euro di incassi per l'anno in corso e la previsione di 640 milioni nel 2019 e 600 milioni nel 2020.

A quanto ammonta il patrimonio immobiliare pubblico?

Il patrimonio pubblico censito due anni fa dal Mef conta circa un milione di fabbricati pubblici per un valore di 283 miliardi, ma il 77% non è disponibile per la vendita in tempi rapidi in quanto utilizzato dalle amministrazioni centrali e periferiche.

Oltre al patrimonio immobiliare lo Stato e gli enti locali possono contare ancora su un rilevante portafoglio di partecipazioni. Quelle detenute direttamente e indirettamente dal Mef si possono stimare in circa 80 miliardi di euro, mentre quelle che fanno capo agli enti locali sono valutate intorno ai 14 miliardi nei conti finanziari.

Negli ultimi anni la Corte dei conti ha evidenziato che il contributo delle dimissioni alla riduzione del debito pubblico è certamente necessario ma "difficilmente potrà risultare determinante nel breve-medio periodo". 

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