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Sabato, 20 Aprile 2024
Pensioni

Pensioni e assegni bassi: c'è un nuovo problema (e riguarda le ore lavorate)

Secondo la Fondazione studi consulenti del lavoro, dal 2008 al 2018 il Paese ha perso oltre due miliardi di ore lavorate, un calo che avrà un forte impatto sugli importi delle pensioni future basate esclusivamente sul sistema contributivo

Non è solo il "quando" che preoccupa, ma soprattutto il "come". Le pensioni del futuro com'è noto si baseranno sul sistema contributivo puro seguendo il principio "più versi, più avrai"; il problema, non di poco conto, è che non tutti gli italiani hanno la possibilità di pagarsi una pensione dignitosa. Stando a quanto emerge da una ricerca realizzata dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, dal 2008 al 2018 il Paese ha perso oltre due miliardi di ore lavorate con conseguenze sulle retribuzioni. Dinamiche che avranno forti impatti sugli importi dei trattamenti previdenziali.

Secondo i consulenti del lavoro, nonstante tra il 2008 e 2018 l'occupazione sia aumentata di 125mila unità, con una variazione positiva dello 0,5%, nello stesso periodo si sono perse oltre 2 miliardi di ore lavorate che, calcolate per ciascun occupato, portano il volume annuo medio in capo ad ogni lavoratore dalle 1.806 ore del 2008 alle 1.722 del 2018 (-4,6%).

Pensioni, allarme sugli assegni futuri

Una decrescita destinata ad impattare sugli importi degli assegni pensionistici futuri degli italiani, sempre più calcolati su quanti contributi previdenziali realmente versati. Se chi va in pensione oggi ha l’assegno calcolato con il sistema misto, chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 andrà in pensione con il metodo contributivo puro: l’importo del suo trattamento verrà determinato dalla somma dei contributi accumulati durante la vita lavorativa.

Retributivo vs contributivo

Le differenze con il sistema puramente retributivo e con quello misto sono notevoli. Il Corriere della Sera calcolò ad esempio che un’insegnante di scuola media che va in pensione dopo 40 anni di lavoro con il passaggio dal sistema mistro a quello contributivo puro perderà ben 350 euro al mese.  Se a causa del calo delle ore lavorate le retribuzioni dovessero scendere ancora il problema diventerebbe rilevante.

Il calo demografico

Non solo. Secondo i consulenti del lavoro tale scenario, fra le altre cose, deve fare i conti con il calo demografico destinato, anche questo, ad impattare sugli equilibri pensionistici di medio periodo. Secondo l'Ocse, infatti, entro il 2050 in Italia il numero dei pensionati potrebbe superare quello dei lavoratori.

Lavoro nero e occupazione giovanile: le piaghe del sistema Italia

Il nostro sistema presenta poi altre storture. Particolarmente allarmante, si legge nel documento, risulta il divario tra tendenze nazionali e internazionali per quanto attiene il lavoro giovanile dove l'Italia presenta un livello di occupazione dimezzato rispetto a quello dei giovani europei, dove la media di occupati sul totale della popolazione giovanile è del 35,3%. C’è poi l’annoso problema del lavoro nero che 'sottrae' annualmente alla platea dei contribuenti il 15,5% dei lavoratori (dato del 2017). Se ci si aggiunge anche la stagnazione del Pil, ecco che il quadro d’insieme asssume tinte decisamente fosche.

Pensioni, il futuro sarà la previdenza complementare?

Che fare dunque? Secondo Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro, "è quanto mai necessario, soprattutto fra le nuove generazioni, sensibilizzare i lavoratori italiani ad una adeguata gestione del Tfr e, più in generale, all'investimento in previdenza complementare per garantirsi un reddito adeguato nella vecchiaia".

"Si tratta - argomenta - di una sfida in più per un sistema che dovrà nei prossimi anni necessariamente attivare tutta quella rete di infrastrutture e di servizi - banche dati, formazione, accompagnamento al lavoro, consulenza - necessaria a supportare l'occupabilità dei lavoratori lungo tutto l'arco della vita attiva e a coprire, con apposita e nuova strumentazione, i rischi derivanti dalle interruzioni dei percorsi lavorativi che saranno, presumibilmente, molto più frequenti e diffusi".

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