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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Pensioni, occhio ai contributi “dannosi”: così l'assegno è più basso

Per chi percepisce una pensione calcolata con il metodo retributivo esiste il problema dei contributi con effetti negativi sull'ammontare dell'assegno previdenziale: ecco tutto quello che c'è da sapere

Non sempre i contributi maturati dal lavoratore hanno un effetto positivi sulla pensione: ne esistono alcuni che possono risultare dannosi ai fini del calcolo dell'assegno previdenziale. Un problema che non riguarda le pensioni calcolate con il sistema contributivo, con il quale l'ammontare dell'assegno previdenziale dipende esclusivamente dal montante contributivo maturato, bensì per quelle per cui si applica il sistema retributivo

Pericolo pensione più bassa

Con il metodo retributivo, infatti, per calcolare l'importo della pensione si tiene conto degli stipendi percepiti dal lavoratore compresi quelli degli ultimi 5 o 10 anni. Ed ecco che sorge il problema: qualora negli ultimi anni che lo separano dall'accesso alla pensione il lavoratore abbia subito una riduzione dello stipendio o - ancora peggio - abbia perso il lavoro, percependo una retribuzione sostitutiva (quale potrebbe essere ad esempio la disoccupazione), c’è il rischio che la pensione sia più bassa rispetto a quella calcolata in assenza di questo periodo contributivo.

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La riduzione dello stipendio

Per le pensioni calcolate con sistema retributivo (sostituito dal 1° gennaio 1996 da quello contributivo), quindi, una riduzione dello stipendio - anche se compensata dal riconoscimento di prestazione a sostegno del reddito - influisce in maniera notevole sull'importo della pensione. Ecco perché diverse sentenze della giurisprudenza hanno riconosciuto ai lavoratori (compresi gli autonomi) la possibilità di sterilizzare questi contributi, non facendoli rientrare nel calcolo della pensione.

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Tuttavia è importante sottolineare che ciò vale solamente per quei contributi accreditati una volta maturato il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia (20 anni) o anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne). Inoltre la neutralizzazione può riguardare fino ad un massimo di 260 settimane contributive nel caso in cui queste facciano riferimento a periodi di rioccupazione con retribuzione inferiore o ad una disoccupazione indennizzata. Non c’è alcun limite, invece, per cancellare i contributi che fanno riferimento a periodi figurativi di integrazione salariale o di contribuzione volontaria.

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