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Sabato, 20 Aprile 2024
Economia

Pensioni tra Quota 101, rischio scalone e lavoro autonomo: tutti i veri rompicapo

Quota 100 resterà in vigore per tutto il triennio. Ma il futuro è un grosso punto di domanda. Gli autonomi chiedono più attenzione. L'ipotesi Quota 101 resta sullo sfondo e il rischio scalone va evitato a ogni costo. Tanti i nodi da sciogliere per il governo

Quota 100 e Quota 101, a che punto siamo? Realtà o solo voci fantasiose? E come mai i lavoratori autonomi chiedono con forza una maggire attenzione nei loro confronti? Sullo sfondo il rischio scalone da evitare a tutti i costi. Procediamo con ordine. Non ci sono più dubbi di fatto sul destino di Quota 100, misura simbolo del primo governo Conte. Quota 100 resterà in vigore per il triennio di sperimentazione come previsto, ovvero fino a fine 2021. Dopo il "boom" iniziale le richieste sono in ogni caso in netto calo.

Al termine di Quota 100 però "si potrà pensare a qualche correttivo, come ad esempio la correzione verso quota 101". A dirlo è stata la ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone (Movimento 5 stelle) ai microfoni di Rai Radio Uno: "Per noi Quota 100 resta, è importante e ci teniamo a mantenerla in piedi. Si potrà eventualmente valutare se portarla a Quota 101, ma sono valutazioni preliminari. Il triennio di prova di quota 100 rimane dov'è", ha detto.

Quota 101 esiste già in realtà (per qualcuno)

Quota 100 permette di anticipare l'accesso alla pensione rispetto ai requisiti di anzianità (cioè dei contributi versati) o anagrafici (la propria età), lasciando il lavoro a 62 anni con almeno 38 anni di contributi versati. Va però evidenziato come Quota 101 sia in realtà già effettiva per molti lavoratori che vanno in pensione con Quota 100. Infatti se, come accade ora, 38 anni di contributi vengono considerati un paletto obbligatorio, chi vuole andare in pensione e ha 63 anni dovrà comunque avere 38 anni di lavoro alle spalle (ed è quindi una sorta di Quota 101). Resta da capire quale sarebbe il reale impatto di Quota 101 sui conti pubblici anche al netto di queste considerazioni.

Dadone ha quindi spiegato che il ministero della Pubblica amministrazione è a lavoro per dare attuazione all'anticipo del Tfs-Tfr dei pensionati pubblici. C'è un decreto "che dovrebbe chiudersi in tempi abbastanza celeri" e un accordo quadro da fare con le banche, ha spiegato. "L'intento è riuscire ad avere un tasso di interesse talmente basso da permettere con la detrazione un costo quasi nullo per il cittadino". Così si vuole dare attuazione al cosiddetto Decretone che consente di ottenere tramite prestito bancario almeno una quota della liquidazione, fino a un massimo di 45 mila euro complessivi.

Pensioni, i sindacati chiedono uscita flessibile da 62 anni

Ma torniamo a Quota 100: quale può essere la misura che vi succederà? Ci sarebbero due strade possibili: alzare il requisito anagrafico dagli attuali 62 anni con 38 di contribuzione a 63-64 anni, facendola diventare quota 101 o 102. Oppure incrementare quello contributivo a 39 anni. In entrambi i casi l'esborso si ridurrebbe ulteriormente e consentirebbe la proroga di altre salvaguardie come l'Ape social.  

Sul tavolo c'è sempre anche la proposta dei sindacati. La piattaforma di Cgil-Cisl-Uil rivendica un'uscita flessibile a partire da 62 anni. I sindacati dicono no all'ipotesi di superare Quota 100 fissando in 64 anni di età - anziché i 62 attuali - e 36 o 38 anni di contributi i requisiti per andare in pensione prima, una sorta di 'Quota 102'. "Proponiamo di tornare allo spirito della riforma Dini che prevedeva un'uscita flessibile da 57 a 65 anni di età, ma solo per i contributivi puri che lavorano dal 1996", ha affermato più volte Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil, con delega alla previdenza: "Noi chiediamo di applicare questa idea anche ai 'misti'. E di fissare i requisiti a 62 anni e 20 di contributi. Le persone devono poter scegliere quando lasciare il lavoro dai 62 anni in poi. O a prescindere dall'età con 41 anni di contributi".

Pensioni, il rischio scalone va evitato a ogni costo

Il prossimo 13 marzo il confronto sulle pensioni dovrebbe "prendere quota" ed entrare finalmente nel vivo. 

Il problema vero e grande è che quando Quota 100 andrà a esaurirsi, alla fine del 2021, senza una corposa armonizzazione, per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento. Un "super scalone" peggiore di quello della vecchia riforma Maroni, quando di fatto c'era una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre 2007 e chi lo avrebbe fatto un minuto dopo la mezzanotte di quel giorno.

"La riforma di Salvini ha dato una falsa soluzione. Sta andando a esaurimento. Fotunatamente l'hanno usata meno persone del previsto. Però ha rappresentato un costo", ha detto pochi giorni fa il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.

"Colmeremo lo scalone con la riforma di cui si sta discutendo", ha dett ancora Gualtieri. "Uno degli obiettivi del tavolo è quello di evitare lo scalone. Potrà definire soluzioni tanto più ambiziose quanto più la situazione della finanza pubblica lo consentirà", ha detto ancora il ministro.

Pensioni, perché bisogna allargare il confronto ai lavoratori autonomi

"Per una riforma della previdenza che sia  davvero equa e funzionale, il governo deve abbandonare la logica  ristretta dei vertici con i soli sindacati dei lavoratori dipendenti  ed allargare il confronto anche agli autonomi. Non si possono  escludere così circa 5 milioni di pensionati".Ad affermarlo in una  nota è Sergio Ferrari, presidente nazionale di Fipac Confesercenti, a  margine della Giunta dell'Associazione.

"I pensionati del mondo autonomo sono stanchi di essere trattati come cittadini di Serie B: hanno diritto di avere voce in capitolo sulle  decisioni che riguardano il loro futuro. Anche perché sul tavolo non  ci sono solo Quota 100 e la Legge Fornero: il sistema previdenziale  italiano ha bisogno di una ristrutturazione più incisiva. Di tutto  abbiamo bisogno, tranne che di un'altra riforma che riduca la  complessità della questione previdenziale alla sola età pensionabile", evidenzia il numero un  di Fipac Confesercenti.

"Servono - prosegue Ferrari - interventi per arrivare a  pensioni minime adeguate e per ridurre l'incidenza delle tasse sui  trattamenti pensionistici, riequilibrando il peso del fisco tra tutti  i pensionati, al di là della provenienza del reddito. Gli autonomi,  infatti, sono sottoposti a requisiti più stringenti rispetto a chi  viene da un lavoro dipendente, ad esempio per quanto riguarda gli  assegni familiari, e prendono in genere pensioni più basse, in alcuni  casi di importo inferiore allo stesso reddito di cittadinanza".

Pensioni, il mondo degli autonomi chiede più attenzione: "Tartassati"

Il mondo degli autonomi, aggiunge Ferrari, "è dunque quello più  tartassato, in un contesto previdenziale già ad alta pressione  fiscale: i pensionati italiani, infatti, sono quelli che pagano più  tasse in assoluto in Europa e spesso si trovano a poter beneficiare di strumenti minimi in termini di assistenza in caso di malattia e  infermità. Soggetti che, allo stesso tempo, spesso con i loro importi  pensionistici, a fatica affrontano le spese quotidiane, ritrovandosi a vivere in uno stato di semi indigenza". Il confronto sul sistema  previdenziale aperto dall'esecutivo, rileva il presidente di Fipac, "è l'occasione per cambiare rotta, lavorando ad una riforma che prenda in considerazione le reali condizioni di vita dei pensionati, dal tema  dell'invecchiamento attivo a quello della non autosufficienza. E che  dia finalmente l'atteso segnale di discontinuità con il passato,  evitando di perpetuare l'ingiusta discriminazione ai danni degli oltre 5 milioni di pensionati del lavoro autonomo".

"Un errore anche di  prospettiva, vista la flessibilizzazione del mondo lavoro, sempre più  spesso caratterizzato da carriere miste, dipendenti e indipendenti.  Solo la partecipazione dei rappresentanti di tutti i pensionati  consentirà di aprire una trattativa che porti ad una riforma  previdenziale veramente equa e pienamente condivisa da tutti",  conclude Sergio Ferrari. 

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