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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Reddito di cittadinanza, il sussidio costa caro: 26 miliardi in tre anni

Nel triennio tra il 2020 e il 2022 la misura contro la povertà peserà sui conti pubblici per 25,9 miliardi di euro. Nello stesso periodo verranno spesi quasi 10miliardi in politiche attive per il lavoro: i dati di Unimpresa

Il reddito di cittadinanza è una misura studiata per contrastare la povertà e trovare lavoro ai percettori disoccupati. Ma permettere a migliaia di cittadini di usufruire di un credito mensile ha un costo per il bilancio pubblico tutt'altro che povero. Anzi, nel triennio tra il 2020 e il 2022 ammonta a quasi 26 miliardi di euro il costo del reddito di cittadinanza per le casse dello Stato. Un prezzo molto elevato per una misura finita spesso al centro delle polemiche, non soltanto per gli importi erogati ai percettori, ma anche per le difficoltà incontrate nella fase 2, in cui sono entrati in scena i Centri per l'Impiego e i Navigator. Se nel triennio il reddito costerà 26 miliardi, nello stesso arco di tempo alle politiche attive per il lavoro sono destinate risorse per 9,7 miliardi. 

Reddito di cittadinanza, solo 28mila beneficiari (su 791mila) finora hanno trovato un lavoro

Conti pubblici, quanto spenderemo nel triennio 2020/2022

Questi numeri arrivano da un'analisi del Centro studi di Unimpresa che ha realizzato uno "spaccato" sui conti pubblici italiani prendendo in esame il budget del triennio 2020-2022 relativo a lavoro, istruzione e ricerca, grandi opere, Unione europea e organi costituzionali. Dalle casse dello Stato, poi, usciranno 88,4 miliardi per la scuola, 25,5 miliardi per l'università, 11,6 miliardi per la ricerca, 15,1 miliardi per le grandi opere pubbliche e le infrastrutture. Il contributo dell'Italia all'Unione europea salirà dai 20,5 miliardi del 2020 ai 24,4 miliardi del 2022 per un totale, nel triennio, di 68,2 miliardi.

Reddito di cittadinanza, costo da 26 miliardi in tre anni

Secondo i dati del Centro studi di Unimpresa, nel triennio 2020-2022 sono destinati 9,7 miliardi di euro alle politiche attive per il lavoro con un aumento di 6,5 miliardi (+567,77%) dal 2020 al 2022. Le politiche passive per il lavoro (principalmente identificabili con il cosiddetto reddito di cittadinanza) peseranno per 25,9 miliardi, con una diminuzione di 3,5 miliardi (-35,89%) dai 9,8 miliardi del 2020 ai 6,3 miliardi del 2022. Lo Stato spenderà, poi, 88,4 miliardi per la scuola con una cifra sostanzialmente stabile nel triennio pari a circa 44 miliardi; all'università sono destinati circa 8,5 miliardi l'anno per complessivi 25,5 miliardi, mentre alla ricerca e all'innovazione sono assegnate risorse per quasi 4 miliardi l'anno.

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Scende la spesa per le infrastrutture

E' destinata a calare la spesa per grandi opere pubbliche e infrastrutture: dai 6,8 miliardi del 2020 ai 4,3 miliardi del 2022 con una discesa di quasi 2,5 miliardi (-36,44%). Salirà in maniera robusta il contributo dell'Italia all'Unione europea: 20,5 miliardi nel 2020, 23,2 miliardi nel 2021 e 24,4 miliardi nel 2022 per complessivi 68,2 miliardi: tra il 2020 e il 2022 la variazione in crescita sarà di 3,9 miliardi (+19,15%). Per la Presidenza del consiglio dei ministri, lo Stato spenderà 1,8 miliardi nel triennio: la cifra resterà stabile attorno ai 600 milioni l'anno (606,7 milioni nel 2020, 595,9 milioni nel 2021 e 609,1 milioni nel 2022). Gli organi costituzionali (Camera, Senato e Corte costituzionale) costeranno, invece, 5,2 miliardi nell'arco dell'intero triennio pari a 1,7 miliardi l'anno.

"Gli squilibri sono evidenti: si danno troppe risorse a quello che di fatto è puro assistenzialismo, mentre lo Stato continua a investire troppo poco sulle politiche attive per il lavoro, per la scuola e la ricerca, per le grandi opere pubbliche" commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.

"La fotografia che abbiamo scattato - conclude - ci dice che siamo un Paese che investe poco nel futuro e non dà speranza ai giovani: non miglioriamo l'istruzione, non crediamo nella formazione universitaria, snobbiamo la ricerca. E poi non puntiamo sulle grandi opere pubbliche non solo per migliorare le nostre infrastrutture, materiali e immateriali, ma anche come forma di investimento per creare occupazione nell'immediato".

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