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Giovedì, 25 Aprile 2024
ECONOMIA

Chi non sarà salvato dal "salva-banche"

Il "fondo di risoluzione" della Banca d'Italia vuole "salvare" quattro istituti di credito del nostro Paese. Ma non tutti ne beneficeranno: arriva la denuncia di Banca Etica 

Il via libera dal governo è arrivato il 22 novembre. Il decreto "disposizioni urgenti per il settore creditizio" salverà quattro istituti di credito già posti in amministrazione straordinaria: Cassa di risparmio di Ferrara, Banca popolare dell'Etruria (il cui direttore era il padre del ministro Boschi) e del Lazio, Banca delle Marche e Cassa di risparmio della provincia di Chieti.

CHI SI SALVA - CariFerrara era stata la prima a essere commissariata, nel maggio 2013, dopo aver perso poco meno di 105 milioni di euro. Poi è stato il turno di Banca Marche, il cui commissariamento è arrivato ad agosto dello stesso anno, dopo due bilanci che hanno registrato perdite 232 e 526 milioni di euro. Banca Etruria e CariChieti sono state commissariate nel 2015 per "gravi perdite di patrimonio". Il decreto del governo punta a "risanare" queste gestioni: tutto comincerà dal 1 gennaio 2016. 

IL FONDO SALVA BANCHE - Grazie al decreto il capitale sociale dei quattro istituti verrà ricostruito attraverso un fondo istituito dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, esattamente quattro giorni prima che il decreto venisse approvato. Colui che terrà il timone del salvataggio è Roberto Nicastro, ex direttore generale di Unicredit, che ha già annunciato che per febbraio si apriranno le aste per l'acquisto degli istituti in blocco: secondo le sue dichiarazioni ci sarebbero già state delle offerte. 

CHI NON SI SALVA - Ma il salvataggio delle "fantastiche quattro" non sarà positivo in assoluto: per Paolo Fiorio, coordinatore dell'Osservatorio credito e risparmio del Movimento consumatori risulta che "almeno 700 milioni di euro di obbligazioni strutturate non sono state risolte e che non verranno rimborsate, e queste sono in buona parte nelle mani di piccoli risparmiatori". 

Ma anche altre banche sembra che saranno vittime del salvataggio: a rimetterci sarà la finanza etica e lo sviluppo sostenibile. A denunciarlo è proprio Banca Etica, perché quel fondo creato ad hoc per le "fantastiche quattro" verrà costituito con il contributo di tutte le altre banche: "A fronte di questa scelta del governo - si legge in un comunicato di Banca Etica - si richiede al sistema bancario, inclusa la finanza etica, un contributo per costituire il fondo di risoluzione di molto superiore a quanto previsto. A Banca Etica era stato preventivato e comunicato un contributo di 130mila euro per il 2015 e identica cifra per il 2016. Dopo il salva-banche ne sarà richiesto uno molto più oneroso che potrebbe superare i 500 mila euro nel 2015 e sfiorare i 400 mila nel 2016". 

Come spiega il comunicato fino a poco tempo fa il salvataggio di queste banche avrebbe comportato un intervento con fondi pubblici, come è avvenuto in molti paesi europei a ridosso della crisi del 2007. In alternativa c'erano anche operazioni di fusione con soggetti in buona salute, sulla scia della politica per lungo tempo adottata da Banca d'Italia. Invece non si utilizzano più risorse pubbliche per il mantenimento "forzoso" sul mercato di soggetti in crisi: "Il governo ha deciso di fare una corsa contro il tempo per derogare alla direttiva sul bail in, che implicherebbe (per le banche non sistemiche come le 4 in questione) il pagamento tutto a carico di clienti e creditori della stessa banca. E ha deciso che il conto debba essere pagato da tutte le banche italiane. Anche quelle virtuose, anche quelle nonprofit, anche quelle che lottano per restare coerenti con la mission di sostenere l’economia reale e sostenibile mantenendo in equilibrio i propri bilanci senza alcun aiuto pubblico". 

"In questo modo lo Stato costringe le piccole banche (che in questi anni hanno lavorato bene sul territorio nonostante la crisi) a pagare per i grandi gruppi bancari. Quando in realtà i soldi per il risanamento dovrebbero arrivare da un fondo pubblico. I piccoli istituti bancari non verranno salvati a loro volta in caso di crisi: a pagare in quel caso saranno i risparmiatori con il meccanismo del prelievo forzoso - ci spiega al telefono Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica - Per comprendere è come se pagassi un'assicurazione alle auto pur avendo un motorino: se facessi un incidente per me non ci sarebbe alcun tipo di tutela. Non si tratta di un "fondo di solidarietà": quei soldi che le piccole banche mettono ora per salvare i quattro istituti di credito in questione, non torneranno mai indietro".

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