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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Gli "stipendi di pietra" dei lavoratori italiani: tasse come un macigno per il ceto medio

Le retribuzioni dei lavoratori continuano ad essere ferme e mentre l'Europa corre, le enormi distanze settoriali, territoriali e di genere continuano a rendere l'Italia un Paese in piena crisi. Questo ed altro nel Salary Outlook 2018 di JobPricing

Li potremmo chiamare 'stipendi di pietra', quelli dei lavoratori italiani: praticamente immobili nel corso del tempo, distanti dalle medie degli altri Paesi europei e con una forbice sempre più ampia tra dipendenti e dirigenti, tra Nord e Sud, e tra uomini e donne. Le retribuzioni sembrano rimanere ferme mentre il tempo passa, mentre il resto del mondo va avanti e si evolve, confermando e accentuando ancora quelle differenze territoriali e di genere che contribuiscono a rendere l'Italia un Paese in fase di stallo (non solo politico), con una popolazione sempre più in difficoltà. Questi sono soltanto alcuni dei dati che emergono dal “Salary Outlook 2018”, l'analisi semestrale del mercato retributivo italiano realizzata dall'Osservatorio Job Pricing. Lo studio mostra non soltanto l'andamento dei trend sugli stipendi, ma anche quali sono le categorie che guadagnano di più, fino all'impatto che hanno istruzione, genere ed età sulle retribuzioni. 

Quanto pesano le tasse sul nostro stipendio

Stipendi fermi ma i 'capi' sono sempre più ricchi

La calma piatta delle retribuzioni italiane, attestata anche dai dati del Mef, per cui l'aumento medio negli ultimi nove anni è stato di 72 euro, viene confermata anche dallo studio di Job Pricing: tra il 2016 e il 2017 lo 'spostamento' medio è stato di un misero +0,2%. Considerando che la crescita del salario lordo è stata dello 0,1% (dati Ocse), l'Italia va a piazzarsi tra le peggiori a livello europeo, superata anche dalla Grecia, altro Paese che vive un momento di profonda crisi economica. Peggio di noi in questa speciale classifica soltanto la Finlandia, che ha fatto registrare un -01%. La lenta crescita delle retribuzioni, che avanza di pari passo con l'inflazione, ha prodotto un leggero miglioramento del potere d'acquisto degli italiani, ma soltanto sulla carta. Le tasse pesano come un macigno, soprattutto per chi guadagna meno di 35mila euro all'anno, ossia l'83,6% dei lavoratori. Praticamente otto su dieci. 

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Nel 2017, in Italia la retribuzione media lorda è di 29.380 euro (30.642 nel 2016), dato che posiziona l'Italia al nono posto in Europa, dietro i principali Paesi europei. Se non fosse chiaro di che tipo di gap stiamo parlando, basta pensare che i lavoratori del Lussemburgo (non la Germania o la Francia), percepiscono in media il doppio degli italiani. Ma quello con l'Europa non è l'unico distacco da colmare. Prima di fare i conti con i nostri cugini continentali sarebbe meglio sistemare le altre differenze che ci sono nel Belpaese, come quella abissale tra dirigenti e dipendenti.

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In Italia un dirigente guadagna in media 101.821 euro lordi all'anno, un quadro 54.021, un impiegato 30.814, un operaio 24.865. Salta subito all'occhio come un dirigente prenda mediamente il triplo di un operaio. Nonostante il trend degli ultimi anni sia a favore degli operai (+4,9 contro un -4,2% dei 'capi'), il divario resta abissale: l'amministratore delegato con la retribuzione annua lorda più alta prende 10 volte di più dell'operaio con la busta paga più 'povera'. Ma il problema non sta soltanto nella profonda differenza tra vertice e base delle aziende, ma anche nella concentrazione della ricchezza: come accennato ad inizio articolo, la maggior parte dei lavoratori italiani (83,6%) percepisce meno di 35mila euro lordi l'anno e il 42,8% non superano i 27mila. Soltanto il 4,5% supera i 55mila annui, mentre i veri ricchi, quelli che mettono in tasca più di 100mila euro all'anno, sono meno dell'1% della popolazione. Il risultato diventa ovvio: pochi ricchi e tanti poveri.

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Nord e Sud, sempre più lontani

Un altro divario che 'pesa' sull'economia italiana è quello ormai storico tra Nord e Sud. Secondo il Salary Outlook 2018 di Job Pricing, nel 2017 la forbice si è fatta ancora più ampia: rispetto al 2016 nel settentrione le retribuzioni sono aumentate dello 0,3%, mentre nel Mezzogiorno sono scese dello 0,3%. Distanza sottolineata anche dalla classifica delle Regioni, che vede la Lombardia al primo posto con uno stipendio medio di € 31.718 lordi annui, con la Calabria fanalino di coda con  24.453 euro lordi all'anno. Le differenze tra riguardano tutti gli aspetti e le categorie: i dirigenti al Nord hanno uno stipendio superiore ai parigrado del Sud del 6,8%, che diventa +11% per i quadri, +12,8% per gli impiegati e +9,7% per gli operai.

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Anche sul fronte degli aumenti, le regioni che hanno fatto registrare un consistente 'più' sono al Nord: Liguria (+2,5%), Piemonte (+2,2%), Trentino-Alto Adige (+1,8%), Valle d’Aosta (+1,4%) e Emilia-Romagna (+0,5%). Numeri importanti, se confrontati con il +0,2% della media nazionale. 

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Quanto impattano genere, età e istruzione

Un altro 'scalino' che non fa certo onore all'Italia è quello degli stipendi tra uomini e donne. Nonostante le tante battaglie per la parità dei sessi e un delta in diminuzione (la differenza è passata dal -12,7% del 2016 al -10,4% del 2017), il gentil sesso ha sempre una busta paga più leggera.

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La differenza media annua è di 3mila euro, un po' come se una donna cominciasse a prendere lo stipendio alla seconda settimana di febbraio invece che alla prima di gennaio. A scarseggiare sono anche le donne ai vertici delle aziende: sono soltanto il 15% e prendono comunque meno dei maschietti. La loro Ral (retribuzione annua lorda) media è inferiore di circa 9mila euro. 

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Un dato importante, soprattutto per i giovani, che fanno sempre più fatica a trovare lavoro e a individuare la loro 'strada' viene dall'impatto dell'istruzione sulle retribuzioni. Per quanto richieda un grande impegno, studiare paga. Il gap retributivo fra chi ha la laurea e chi no è del 42,7%: la retribuzione annua lorda  di un non laureato è in media di 27.849 euro, quella di un laureato di 39.730. Poi se si ha anche un Master di secondo livello, la busta paga può arrivare anche a 46.762 euro. Una differenza, quella tra laureati e non, che si conferma anche nelle diverse categorie lavorative: dirigenti: +4,0%; quadri: +0,2%; impiegati: +3,5%; operai: +1,4%. Ovviamente, va ricordato che per ricoprire alcune posizioni o determinati ruoli di responsabilità all'interno di un'azienda, spesso sono fondamentali dei titoli di studio. Motivo per cui il 99% di chi ha frequentato soltanto la scuola dell'obbligo fa l'impiegato o l'operaio, mentre il 40% di chi ha un Master di 2° livello è dirigente o quadro. 

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Stipendi, dove si guadagna di più

Neanche a dirlo, il mondo della Finanza rimane il settore dove si guadagna di più. La retribuzione media è di  40.801 euro lordi, ben più alta della media nazionale che è di poco superiore ai 29mila euro. Gli stipendi più poveri sono ancora quelli dell'agricoltura (23.778 euro lordi), mentre il settore che ha fatto registrare un maggiore incremento è quello dell'edilizia con un +1,5%. Debacle invece per il Commercio, con un trend in calo del 2,2% e per le retribuzioni nelle banche. Male anche il Made in Italy: arte, cultura, cibo, moda, design e turismo sono tutti sotto la media nazionale. 

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Un quadro, quello disegnato dal Salary Outlook 2018, che mostra ancora un'Italia in piena crisi, fatta di discrepanze enormi e di distanze retributive trasversali, che contribuiscono a rendere difficile la vita dei lavoratori italiani. Soltanto quando questi 'canyon' salariali verranno colmati il nostro Paese potrà veramente iniziare quella strada, difficile e necessaria, chiamata ripresa. 

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