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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Tassa di soggiorno, un 'tesoro' da 600 milioni: ma dove va a finire?

Federalberghi pubblica i dati sull'imposta che viene applicata in 1.020 i comuni italiani e denuncia: ''La tassa viene introdotta quasi sempre senza concertare la destinazione del gettito e senza rendere conto del suo effettivo utilizzo'' 

A quasi 10 anni dalla reintroduzione dell'imposta di soggiorno sono 1.020 i comuni italiani che la applicano, con un gettito complessivo che, secondo le stime, dovrebbe raggiungere i 600 milioni di euro nel 2019. A confermarlo sono i dati resi noti da Federalberghi, nel corso della relazione di apertura della 69a assemblea generale che si apre oggi a Capri, e che proseguirà domani con la partecipazione del ministro del Turismo, Gian Marco Centinaio. Ma quali sono le città e le regioni più visitate? Dove vanno a finire questi soldi? Prima di rispondere a queste domande vediamo cos'è la cosiddetta tassa di soggiorno.

Cos'è la tassa di soggiorno

L'imposta di soggiorno è una tassa di carattere locale applicata a carico delle persone che alloggiano nelle strutture ricettive di territori classificati come località turistica o città d'arte. Istituita per la prima volta in Italia nel lontano 1910, è stata soppressa poi negli anni '90, in concomitanza con l'organizzazione dei Mondiali di calcio. Una 'mossa' che avrebbe dovuto consentire prezzi più bassi agli alberghi e agli esercizi ricettivi durante l'evento. Dopo circa 20 anni di oblio, la tassa di soggiorno è stata poi reintrodotta nel 2009 con la legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale. Il regolamento che disciplina il pagamento della tassa di soggiorno varia a seconda delle località d’interesse artistico, culturale o turistico: alcuni Comuni hanno introdotto una tassa fissa, mentre altri hanno preferito costi variabili in base alla categoria dell'alloggio e ai servizi offerti durante il soggiorno. In media, ai turisti che pernottano nelle principali città turistiche italiane vengono addebitati da 1 a 5 euro a persona per ogni notte trascorsa in una struttura ricettiva.

Tassa di soggiorno, i soldi dove vanno a finire?

Come accennato ad inizio articolo, sono 1.020 i comuni italiani che applicano la tassa di soggiorno. Nonostante questi costituiscano 13% dei 7.915 municipi italiani, ospitano il 75% dei pernottamenti registrati ogni anno in Italia. Nello sciolinare questi dati, il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, pone l'accento su una semplice ma altrettanto importante questione: dove vanno a finire i soldi di questa imposta? 

"A quasi dieci anni dalla reintroduzione del tributo - afferma Bocca - dobbiamo purtroppo constatare di essere stati facili profeti. La tassa viene introdotta quasi sempre senza concertare la destinazione del gettito e senza rendere conto del suo effettivo utilizzo. Qualcuno racconta la storiella dell’imposta di scopo, destinata a finanziare azioni in favore del turismo. In realtà è una tassa sul turismo, il cui unico fine sembra essere quello di tappare i buchi dei bilanci comunali".

"Negli ultimi tempi - denuncia Bocca - il quadro si è aggravato per effetto di un apparato sanzionatorio paradossale, che noi chiediamo di modificare, che tratta allo stesso modo chi si appropria indebitamente delle risorse e chi sbaglia i conti per pochi euro. Chi paga con qualche giorno di ritardo e chi non ha mai versato quanto riscosso".

L'appello del Codacons: "Sia pubblicato online l'utilizzo dei fondi"

A chiedersi dove vada a finire questo denaro è anche il Codacons che, commentando i dati di Federalberghi, ha chiesto la pubblicazione online delle modalità in cui vengono spesi questi fondi: ''I turisti che soggiornano presso 1.020 Comuni italiani sono tenuti al pagamento di tale tassa i cui proventi, in base al D.L. 23/2011, devono essere destinati “a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali – spiega il presidente Carlo Rienzi – Tuttavia regna il mistero più fitto su come realmente siano utilizzati i fondi raccolti attraverso l’imposta di soggiorno, e i cittadini pagano questo balzello a fondo perduto, senza conoscere gli interventi attuati dalle amministrazioni comunali grazie alla tassa in questione''. Proprio per questo motivo il Codacons ha deciso di lanciare un appello al Ministro del Turismo, Gian Marco Centinaio, affinché sia garantita una maggiore trasparenza a cittadini e turisti, obbligando i Comuni a pubblicare online l’esatta destinazione della tassa di soggiorno e gli interventi realizzati grazie ai proventi raccolti attraverso l’imposta.

Tassa di soggiorno, un tesoro da 600 milioni nel 2019

La maggior parte dei comuni che applicano la tassa di soggiorno sono montani, seguono le località marine e quelle collinari. Le città d’arte sono 'solo' 104, ma comprendono le cosiddette capitali del turismo italiano, che muovono grandi numeri. Ultime le destinazioni lacuali e termali. Geograficamente sono distribuiti, per la gran parte, nel nord est, seguiti dal nord ovest. Fanalino di coda il centro che distacca il Mezzogiorno di qualche punto percentuale.

L'altra Italia che non ha mai sofferto: qui dove il lusso non conosce crisi

Nel 2017, i comuni italiani hanno incassato circa 470 milioni di euro a titolo di imposta di soggiorno e imposta di sbarco. Il dato è in progressivo aumento: il gettito nazionale accertato era di a circa 162 milioni di euro nel 2012 e 403 milioni nel 2015. Per il 2019, si può stimare un introito di oltre 600 milioni di euro. Il trend è generato sia dalla costante crescita del numero di comuni che applicano l’imposta sia dai cospicui aumenti delle tariffe.

Tassa di soggiorno, la classifica delle città

E' Roma la città che ha incassato il maggior gettito derivante dall'imposta di soggiorno, con un incasso pari a 130 milioni. L’incasso delle prime quattro città, ovvero Roma, Milano, Venezia e Firenze, è superiore a 240 milioni, oltre il 58% del totale nazionale. Nella top ten, a seguire, al quinto posto figura Rimini, seguita da Napoli, Torino, Bologna, Riccione e Verona.

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Tassa di soggiorno, la classifica regionale

Il peso delle grandi città si fa sentire anche sulla classifica regionale, guidata dal Lazio con quasi 135 milioni di euro. Seguono il Veneto con 63,7, la Lombardia con 59,5 e la Toscana con 57,4. In queste quattro regioni viene raccolto il 67,1% del gettito complessivo. Non appaiono in graduatoria il Friuli-Venezia-Giulia, dove l’imposta è stata introdotta nel 2018, e il Molise, in cui l’imposta era stata istituita dal comune di Termoli, ma poi è stata soppressa in seguito ad una sentenza del Tar.

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Tassa di soggiorno, le differenze tra le città

 Il governo non ha mai adottato il regolamento quadro che avrebbe dovuto fissare i principi generali per l’imposta di soggiorno, evidenziano gli albergatori - e in assenza di una regola, i comuni si sono mossi in ordine sparso, generando un quadro confuso. Per esempio, una famiglia di tre persone che soggiorna in un albergo a tre stelle per due giorni a Roma paga 24 euro per l'imposta di soggiorno, a Venezia 17,40 euro, a Rimini 12 euro, a Catanzaro 7,80 euro e a Bibione 6,30 euro.

"Non è tollerabile il far west che si registra nel settore delle locazioni brevi - sottolinea Bernabò Bocca - La legge ha stabilito che i portali devono riscuotere l’imposta di soggiorno dovuta dai turisti che prenotano e pagano attraverso le piattaforme, ma Airbnb assolve a tale obbligo solo in 18 comuni su 997".

"Per di più, queste amministrazioni, allettate dalla prospettiva di nuovi introiti, - connclude il presidente di Federalberghi- si sono rese disponibili a sottoscrivere un accordo capestro, accettando un sistema di rendicontazione sostanzialmente forfettario, che non consente un controllo analitico e induce a domandarsi se non si configurino gli estremi di un danno erariale".

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