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Giovedì, 25 Aprile 2024
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La toccante lettera di Chiambretti: "Il giorno dopo la morte di mia madre, io ho iniziato miracolosamente a stare bene. Grazie Felicita"

Ad un mese e mezzo dalla sua guarigione, il conduttore scrive una missiva per raccontare la sua battaglia contro il coronavirus: "Gli Infermieri come angeli: non avevano pillole magiche, ma sorrisi e dedizione"

"Il reparto 'Covid' era allestito nello stesso pronto soccorso del quale ben presto avrei conosciuto tutto o quasi. Lo smarrimento iniziale di tutti era l'incertezza. Gli occhi di quelli che arrivavano ad ogni ora, come in un ospedale militare da campo, erano spalancati, terrorizzati, in cerca di qualche segnale di conforto. E da subito quel segnale arrivò da un gruppo di infermieri e medici che, bardati al punto di non riconoscerli e scambiarli, si fecero partecipi del nostro dramma". Comincia così la lunga lettera che Piero Chiambretti, 63 anni, ha scritto al quotidiano 'La Repubblica' per omaggiare medici ed infermieri dell'ospedale Mauriziano di Torino che si sono presi cura di lui e della madre Felicita durante la battaglia contro il coronavirus. 

 "Gli Infermieri come angeli: non avevano pillole magiche, ma sorrisi e dedizione"

E' passato un mese e mezzo da quando Chiambretti ha sconfitto il Covid. Non ce l'ha fatta invece la mamma, scomparsa all'età di 83 anni. Ma enorme è la gratitudine del conduttore nei confronti del personale sanitario, che con enorme dedizione ha fatto il possibile per prendersi cura di madre e figlio. "La cosa che subito mi colpì di questi angeli fu l'età - scrive il timoniere di '#CR-4 La Repubblica delle Donne' - tutti giovanissimi con una energia che trasmettevano ogni volta che li chiamavi, sempre sorridenti e rassicuranti, anche laddove le condizioni di salute non erano buone. Non avevano ricette per una pronta guarigione, non avevano la pillola magica che fa tornare tutti a casa, ma la loro efficienza mischiata alla grande umanità erano una medicina molto più forte delle medicine sperimentali che somministravano. Sempre presenti, il giorno come la notte, sempre vestiti dalla testa ai piedi con le maschere protettive che lasciavano evidenti segni in faccia". 

"La mia storia è tristemente nota - si legge ancora - In pochi giorni nello stesso reparto ho perso mia mamma, ma anche con lei il personale medico è stato perfetto, hanno tentato di tutto per salvarla, dandomi un sostegno psicologico nelle ore più difficili. Qualcuno, non so dove, ha scritto che ho avuto un trattamento di favore. Nulla di più falso. Dentro quelle stanze eravamo tutti uguali con un obiettivo comune: salvare la pelle. Pensare che ci fossero dei favoritismi è un torto che si fa a persone che oltre a lavorare in condizioni difficili hanno perso la vita per tanti di noi". 

"Il giorno dopo la morte di mia mamma, ho iniziato miracolosamente a stare bene"

Infine un pensiero all'adorata mamma, scrittrice e donna di rara sensibilità, che già nelle scorse settimane Chiambretti ha omaggiato via social pubblicandone i libri di poesie, i pensieri più profondi. "La mattina successiva la morte di mia mamma, io miracolosamente ho cominciato a stare bene (grazie Felicita), tanto da essere dimesso dopo una settimana e due tamponi negativi. Era un lunedì pomeriggio, quando impreparato a lasciare l'ospedale sono tornato a casa in taxi in pigiama, considerato che portato via d'urgenza quindici giorni prima a sirene spiegate, non avevo neppure una borsa". 

Il congedo è un invito alla gratitudine nei confronti del personale sanitario. "Ricordo la soddisfazione negli occhi degli infermieri e dei medici nel consegnarmi una cartella clinica dall'happy end quasi come fosse guarito uno di loro. Oggi che sono a casa e leggo che 160 tra medici, infermieri e personale sanitario, hanno perso la vita per salvare quelle altrui che in molti casi neanche conoscevano, mi si stringe il cuore e penso come il nostro Paese ha in queste persone degli esempi da cui imparare tanto".

Piero Chiambretti ricorda la madre Felicita con il verso di una sua poesia

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