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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Acqua, è allarme per la salute: il Cnr boccia i depuratori

Scoperti alcuni nuovi microinquinanti che gli impianti, attualmente presenti in Italia, non sarebbero in grado di trattenere e che potrebbero causare lo sviluppo di nuovi batteri resistenti agli antibiotici. L'appello dell'istituto di ricerca: "Progettare sistemi validi"

Gli impianti di depurazione delle acque del Belpaese non sono messi benissimo. Lo affermano le analisi delle acque del mare, fatte dal laboratorio mobile Goletta Verde di Legambiente, che sta attraversando in lungo e in largo la Penisola: tantissime le coste inquinate e la causa è proprio il cattivo funzionamento degli impianti o l'assenza degli stessi. Adesso, l’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Ise-Cnr) di Verbania Pallanza lancia un nuovo allarme per la salute: nelle acque reflue vengono rilasciati in gran quantità una serie di nuovi microinquinanti, come i geni di resistenza agli antibiotici, che gli impianti di depurazione non riescono a rimuovere in quanto non dispongono di alcun trattamento specifico. 

"La diffusione dei geni di resistenza agli antibiotici nell'ambiente, attraverso i reflui trattati, può causare lo sviluppo di comunità batteriche resistenti in natura, e quindi la permanenza della resistenza per tempi lunghissimi, con il rischio, in aree antropizzate, di trasmissione della stessa a patogeni umani. I sistemi di depurazione delle acque sono progettati per eliminare efficacemente una serie di inquinanti di natura chimica e microbiologica (fosforo, metalli, batteri di origine fecale) ma per i nuovi microinquinanti, rilasciati nei reflui urbani, non ci sono ancora processi specifici di smaltimento”, spiega Gianluca Corno, coordinatore della ricerca e ricercatore Ise-Cnr.

Lo studio, continua Andrea Di Cesare ricercatore Ise-Cnr, “è il punto di partenza per la progettazione di sistemi validi per il trattamento dei diversi microinquinanti al fine di aumentare l’efficienza della loro rimozione”. L’immissione in ambiente di questi geni e batteri resistenti agli antibiotici attraverso i reflui urbani, industriali e di produzioni zootecniche non viene attualmente considerata dalla legislazione. “Molte nazioni e l’Ue stanno però lavorando alla definizione di limiti, che imporranno un diverso design dei sistemi di trattamento, che dovrà anche tener conto dei potenziali rischi di co-selezione dei geni stessi in impianto”, conclude Corno.

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