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Martedì, 23 Aprile 2024
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La fiction italiana è la bella addormentata nel bosco delle serie tv

Mentre il mercato si riempie di prodotti sempre più interessanti e innovativi, come mostrato in questi giorni al Roma Fiction Fest, la nostra produzione stenta a uscire dai tracciati conosciuti e rassicuranti

Paese che vai, fiction che trovi. Mentre Sky e i canali a pagamento del digitale terrestre si preparano a inondare i nostri palinsesti con il meglio della nuova serialità americana, qui siamo ancora alle prese con “I Cesaroni 6” e compagnia cantante.

In questi giorni è di scena il Roma Fiction Fest, nel cui programma si sfidano fianco a fianco le anteprime, tra le altre, di “True Detective”, “Fargo”, la seconda stagione di “House of Cards”: tutti prodotti che dimostrano ancora una volta come ormai il piccolo schermo sia diventato la valvola di sfogo per i migliori talenti americani in fuga da un cinema sempre più asfittico e poco coraggioso, trainato da supereroi e film d’azione iperspettacolari.

È lì che negli ultimi anni si sono ritrovati registi come Martin Scorsese (prima con “Boardwalk Empire” e ora con un progetto che coinvolte anche Mick Jagger), Joel e Ethan Cohen (e la serie tratta da “Fargo” diretta da Noah Hawley), Alfonso Cuaron, Guillermo del Toro. I nomi di questi registi sono nel programma del Roma Fiction Fest, che presenta in anteprima molte di queste serie che vedremo e che non possono non far sorgere il confronto con quelle italiane.

Mentre negli Usa si sperimenta e si lascia andare la fantasia, qui siamo ancora fermi alla biografia o più spesso agiografia di personaggi della storia patria e soprattuto di papi e santi, alle storie di ambiente famigliare, il più delle volte ambientate in piccoli e ridenti paesini di provincia (che da noi è quasi sempre rassicurante, anche quando è teatro di misteri e delitti: che differenza con la Louisiana sporca e cattiva di "True Detective" con Woody Harrelson e il premio Oscar Matthew McConaughey), rivisitazioni del passato che sono inevitabilmente malate di nostalgia e non riescono ad andare oltre la mera rievocazione storica, investigatori per caso al lavoro con carabinieri e polizia, a loro volta ormai sempre più spesso al centro di fiction "all'americana" come quelle della Taodue di Valsecchi. In molti casi non siamo ancora riusciti ad affrancarci dalle vestigia dei vecchi sceneggiati. 

Certo, negli anni il panorama della fiction nostrana è stato scosso da piccoli miracoli innovativi, che si sono ispirati all’estero per guardare poi nel nostro orticello e realizzare prodotti di successo vivi e intelligenti, spaziando tra un “Boris” e “Tutti pazzi per amore” fino a “Romanzo Criminale”, prima dell’exploit di “Gomorra - La Serie”, appena tornata dalla conquista vittoriosa del Regno Unito che già si era appassionato al Commissario Montalbano. Ma Rai e Mediaset, tranne alcune eccezioni, stentano a lasciarsi andare puntando sull'usato sicuro, mentre il nuovo avanza più veloce su Sky, che però non può certi dirsi mainstream. 

Sempre dal festival romano, guidato quest’anno da un malato di serialità americana come Carlo Freccero, arrivano novità interessanti anche da paesi non anglosassoni, per un mercato che si delinea sempre più aperto alla concorrenza.

Eppure, mentre all’estero sperimentare equivale a respirare, qui ancora si tratta di casi isolati, che fanno scalpore e chiamano a raccolta un pubblico nuovo che non guarda le solite fiction, che quindi continuano a tenersi cari il proprio zoccolo d’uro di spettatori per  “Don Matteo” o l’ennesimo digest di argomento letterario.

Il pubblico nuovo è quello che ha sostituito la televisione con internet e ha già visto in rete molte di queste serie che oggi vengono presentate al Roma Fiction Fest e che faranno parte dei palinsesti di domani.

La nostra fiction stenta a trovare il proprio posto, stretta com’è tra una rigida gabbia di generi e il timore di perdere un pubblico abitudinario che ha bisogno di ritrovare gli stessi attori (quasi sempre volti noti del piccolo schermo e non grandi attori cinematografici) e le stesse trame e che si ha paura di svegliare e stimolare, come invece stanno facendo “gli altri”.

Quando si sveglierà la fiction italiana?

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