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Venerdì, 29 Marzo 2024
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‘Report’ accusa Gucci: “Sfrutta manodopera cinese che lavora in nero”

Operai asiatici assunti part-time ma costretti a lavorare il triplo delle ore e artigiani sottopagati per produrre borse poi vendute a 850 euro sarebbero solo alcuni dei meccanismi aziendali della maison fiorentina, messa sotto inchiesta dal programma di Milena Gabanelli. E se la rete s'indigna, l'azienda replica: "Servizio falso e diffamatorio"

Il programma di Rai Tre ‘Report’ continua a mietere ‘vittime’ nel mondo della moda e dei marchi di lusso e dopo aver svelato i retroscena riguardanti Moncler e il suo modo di servirsi delle oche per produrre i celebri piumini, adesso è un’altra griffe del made in Italy a dover fare i conti con le inchieste di Milena Gabanelli. 

Stavolta è toccato a Gucci finire nel mirino dell’ultima puntata intitolata ‘Va di lusso’, lo storica azienda fiorentina che di recente ha rimosso il direttore creativo Frida Giannini e che da diversi anni è sotto il controllo della holding francese Kering.

La colpa imputata dal reportage è quella di non rispettare appieno i principi etici a cui sostiene di attenersi: la giornalista Sabrina Giannini, già autrice del servizio su Moncler, ha analizzato dall’interno i meccanismi aziendali intervistando l’artigiano Aroldo Guidotti e lasciando emergere così un’enorme diffusione della manovalanza cinese da parte dei laboratori italiani. Gucci avrebbe deciso di sostituire operai italiani con lavoratori asiatici, ufficialmente assunti con contratti part-time ma in realtà impegnati anche 14 ore al giorno. Stando al servizio di Report, inoltre, si tratterebbe di 150 ore di evasione contributiva e previdenziale, mentre per la produzione di una borsa tipica della maison venduta nei negozi a 830 euro, l’artigiano pellettiere verrebbe pagato soltanto 24 euro. 

Tutt’altro che una filiera controllata, dunque, sarebbe quella seguita dal marchio italiano, che non rispetterebbe affatto le regole e la certificazione SA8000 prodotta com’è in Toscana, regione definita "una zona franca al servizio di marchi del lusso che hanno trovato come produrre al ribasso in Italia”.

Come sospettabile, immediate sono state le reazioni del popolo della rete che, se da un lato ha reagito al servizio manifestando la propria indignazione con tweet molto duri nei confronti della maison, dall’altra ha applaudito alla scelta di un artigiano della maison, Aroldo Guidotti, di parlare senza remore ai microfoni di RaiTre.

La risposta di Gucci, tuttavia, non si è fatta attendere e con un comunicato stampa ufficiale, l’azienda ha così replicato: 

“Gucci si dissocia nel modo più assoluto dai contenuti e dalla forma del servizio mandato in onda domenica 21 dicembre nell’ambito della trasmissione Report. La signora Gabanelli non ha mai posto a Gucci alcuna domanda pertinente su quanto da cinque mesi stava girando. Telecamere nascoste o utilizzate in maniera inappropriata, solo in aziende selezionate ad arte da Report (3 laboratori su 576), non sono testimonianza della realtà Gucci. (…) Il servizio ha accusato Gucci di consigliare l’utilizzo di “forza lavoro cinese a basso costo”. Tutto ciò è falso e destituito di ogni fondamento e fortemente diffamatorio.

Ed è intervenuto anche il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che su Twitter si è scagliato contro la presunta “parzialità” dell’inchiesta di Report affidando il suo disappunto a due post molto duri: 

“Report non sa di cosa parla. La Regione Toscana controlla a Prato 10 aziende cinesi al giorno. @gucci è un'azienda seria. Facile con un servizio parziale mandare all'aria il lavoro di anni. Questo non è giornalismo ma pirateria!”

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