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Martedì, 16 Aprile 2024
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2019, l'anno degli incendi: dall'Amazzonia al Notre Dame, fino alle "piazze"

Il 2019 va in archivio portando con sé non solo la morte del capo dell'Isis al-Baghdadi, ma anche una serie di eventi che dal Venezuela ad Hong Kong hanno visto nascere e crescere rivolte di piazza

Da Hong Kong al Sudan, dal Libano all'Iraq, i manifestanti sono scesi in piazza in tutto il mondo nel 2019 per chiedere un cambio di leadership. Ma l'anno che si sta concludendo passerà alla storia anche per l'impeachment del presidente Donald Trump e per alcuni gravi fatti come i disastrosi incendi in Amazzonia. Di seguito i 10 eventi principali che secondo il noto think tank americano Council on Foreign Relations hanno caratterizzato quest'anno. Degli sviluppi di alcuni inevitabilmente sentiremo parlare anche nel 2020.

Proteste e rivolte

'L'anno delle proteste' potrebbe essere il titolo che meglio riassume il 2019 secondo il Council on Foreign Relations. A catalizzare l'interesse dei media internazionali sono state le manifestazioni a Hong Kong. L'innesco è stato un disegno di legge sull'estradizione, poi ritirato nel tentativo di arginare le proteste. Al contrario le tensioni non si sono placate. Le elezioni municipali di novembre sono state vinte dai candidati pro-democrazia.

In Algeria i manifestanti hanno costretto il presidente Abdelaziz Bouteflika a dimettersi dopo 20 anni al potere. Nelle scorse settimane si sono svolte le elezioni presidenziali, boicottate dalla maggior parte dell'elettorato. I manifestanti continuano a protestare chiedendo un vero cambiamento ai vertici dello Stato. Negli stessi giorni del passo indietro di Bouteflika, un altro dittatore doveva lasciare la sua poltrona.

In Sudan l'11 aprile è finita ufficialmente l'era di Omar al-Bashir. Nel Paese è iniziata una fase di transizione che vede al potere civili e militari.

Anche il Medio Oriente non è stato risparmiato dalle sollevazioni popolari. La decisione di far pagare i servizi di WhatsApp ha scatenato un'ondata di proteste in Libano che ha convinto il premier Saad Hariri a dimettersi. Ora si cerca faticosamente di trovare un'intesa per un nuovo governo. Lo stesso in Iraq, dove le proteste contro corruzione e disoccupazione sono state represse nel sangue, con oltre 400 morti da ottobre.

È stato l'aumento dei prezzi dei biglietti dei trasporti pubblici, invece, a spingere i cileni in strada. A novembre è stato il turno degli iraniani, infuriati per la revoca dei sussidi sul prezzo della benzina. Anche in questo caso la repressione ha provocato centinaia di morti, secondo i gruppi che si battono per i diritti umani. Ma proteste non sono mancate anche Bolivia, India, Nicaragua e Russia.

Impeachment per Trump

Il 2019 sarà ricordato come l'anno della richiesta di impeachment del presidente Donald Trump. Dopo il via libera della Camera dei rappresentanti, a maggioranza democratica, la parola passerà al Senato, dominato dai repubblicani. Qui, a gennaio, inizierà un processo al termine del quale verrà deciso se condannare e rimuovere Trump. Se i due terzi dei senatori lo giudicheranno colpevole, il presidente verrà rimosso e il suo incarico verrà assunto dal vice presidente.

I capi di accusa, gli articoli della risoluzione di impeachment, contro Trump sono due. Il primo è quello di abuso di potere per aver bloccato gli aiuti militari e negato l'incontro alla Casa Bianca al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in modo da fare pressioni per avviare un'inchiesta contro Joe Biden, possibile avversario alle prossime presidenziali. Il secondo capo d'accusa, ostruzione al Congresso, si riferisce al rifiuto di Trump di cooperare con l'inchiesta.

Il tradimento degli Usa ai Curdi

Gli Stati Uniti hanno ritirato il loro sostegno alle forze curde in Siria dopo cinque anni. La svolta è maturata il 7 ottobre nel corso di una telefonata tra Trump e Recep Tayyip Erdogan. Due giorni dopo ha inizio l'invasione turca della Siria settentrionale che mette fine al 'sogno' di un Rojava indipendente.

Abbandonati da Trump, i curdi - decisivi nella guerra all'Isis alla quale hanno sacrificato 11mila uomini e forse non è un caso che nella notte tra il 26 ed il 27 ottobre, dopo una caccia durata anni, resta ucciso a seguito di un raid americano in Siria il 'califfo' Abu Barkr al Baghdadi - hanno girato lo sguardo verso il loro ex nemico Bashar al-Assad. 

L'India nazionalista

L'India abbraccia il nazionalismo indù. Forte del successo elettorale alle parlamentari di maggio, Narendra Modi ha annullato l'autonomia di cui il Kashmir aveva goduto fin dall'indipendenza e che era sancita dalla Costituzione indiana. La mossa è stata accompagnata dal coprifuoco e dall'arresto di oltre 5mila persone nella regione a maggioranza musulmana.

A dicembre il Parlamento ha approvato una contestata legge per concedere la cittadinanza a migranti non musulmani provenienti da Bangladesh, Afghanistan e Pakistan. Le politiche di Modi hanno acceso il dibattito nel gigante asiatico sulla potenziale trasformazione da Stato secolare a indù.

Gli incendi in Amazzonia

Il 2019 sarà ricordato come l'anno in cui è bruciato il polmone verde del mondo, l'Amazzonia. Negli ultimi 12 mesi sono scoppiati 80mila incendi, il dato più alto del decennio, che hanno bruciato un'area delle dimensioni del New Jersey. Le opposizioni e gli ambientalisti hanno puntato il dito contro il presidente Jair Bolsonaro che, a loro parere, avrebbe consentito, se non incoraggiato, la distruzione della foresta pluviale.

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Alcuni leader mondiali come il presidente francese Emmanuel Macron hanno criticato Bolsonaro, che ha reagito accusandoli di aver violato la sovranità del Brasile e respingendo le offerte di aiuti. All'inizio di settembre, Bolsonaro ha firmato un patto con altri Paesi sudamericani per istituire un monitoraggio satellitare della foresta pluviale.

Venti di guerra sull'Iran

Tensione alle stelle nel Golfo Persico. Nel 2019 venti di guerra hanno iniziato a soffiare con insistenza nello Stretto di Hormuz, braccio di mare strategico per le rotte petrolifere mondiali. A maggio quattro navi, tra cui due petroliere saudite, sono state oggetto di misteriosi attacchi. Gli Stati Uniti hanno accusato l'Iran di essere "direttamente responsabile", accuse che Teheran ha rispedito al mittente. Il mese successivo l'Iran ha abbattuto un drone Usa che, secondo Teheran, ha violato il suo spazio aereo.

Il 18 luglio una nave da guerra americana a sua volta ha abbattuto un drone iraniano che le si era pericolosamente avvicinato. Il 14 settembre due importanti siti petroliferi sauditi sono stati colpiti in un attacco con droni rivendicato dagli Houthi. Per gli Usa ed i suoi alleati nel Golfo ed in Europa dietro l'operazione c'è l'Iran. In questi giorni si parla del possibile invio di altri 14mila soldati statunitensi in Arabia Saudita.

I nuovi migranti

La crescita delle migrazioni verso gli Stati Uniti. La foto di un padre con la figlia salvadoregni annegati nel tentativo di attraversare il Rio Grande è il simbolo della crisi. L'ondata di richiedenti asilo al confine meridionale degli Stati Uniti ha travolto il sistema. Molte persone fuggono dalla violenza e dalla povertà di El Salvador, Guatemala e Honduras.

I protocolli statunitensi sulla migrazione, in vigore dallo scorso gennaio, impongono a queste persone di restare in Messico durante l'elaborazione delle loro richieste, costringendole di fatto a vivere in campi improvvisati dove sono esposti alla violenza dei gruppi criminali.

La guerra dei dazi Usa-Cina

Lo scontro commerciale è continuato durante tutto l'anno tra improvvise schiarite e dichiarazioni bellicose. A maggio Trump ha imposto nuovi dazi sui beni cinesi. Il mese successivo insieme al presidente cinese Xi Jinping hanno concordato al vertice del G-20 di portare avanti i negoziati. Ad agosto, tuttavia, Trump ha annunciato che avrebbe applicato tariffe su beni cinesi per un valore di 300 miliardi di dollari a partire dal primo settembre. Dodici giorni dopo, ha parzialmente invertito la rotta. La Cina non ha ceduto, anzi ad agosto ha annunciato tariffe sui beni statunitensi per un valore di 75 miliardi di dollari.

A fine anno sono arrivati segnali di schiarita. Il 15 dicembre la Cina ha sospeso le tariffe aggiuntive pianificate su alcune merci statunitensi dopo che la 'prima fase' di un accordo commerciale è stato raggiunto tra i due Paesi. Alla vigilia di Natale Trump ha annunciato la firma di un accordo in tempi rapidi. Malgrado ciò sono in molti a scommettere che anche il 2020 potrebbe essere turbolento sul fronte commerciale.

La Brexit ribalta la politica britannica

L'uscita del Regno Unito dall'Unione europea ha quasi monopolizzato le pagine di politica estera dei quotidiani internazionali. La prima parte dell'anno è ricordata per le drammatiche votazioni ai Comuni sull'accordo negoziato tra Londra e Bruxelles e respinto in tre occasioni a causa delle divergenze sul cosiddetto 'backstop'. Il primo ministro conservatore Theresa May, messa all'angolo dal suo stesso partito, è stata costretta a rinviare la Brexit al 31 ottobre per poi rassegnare le dimissioni.

La prima vera svolta è avvenuta il 24 luglio quando Boris Johnson è diventato primo ministro. Naufragati anche i suoi tentativi di far passare una nuova intesa ai Comuni, l'ex sindaco di Londra è stato costretto a un nuovo rinvio della Brexit al 31 gennaio 2020, convocando elezioni anticipate. Gli elettori britannici lo hanno premiato dando ai conservatori una storica vittoria. Il 20 dicembre il Parlamento ha votato in modo schiacciante per uscire dall'Ue entro il 31 gennaio.

Nuove tensioni tra Usa e Corea del Nord

Lo scorso 30 giugno Trump ha fatto la storia diventando il primo presidente degli Stati Uniti a mettere piede in Corea del Nord. L'incontro nella zona smilitarizzata si è tenuto quattro mesi dopo il faccia a faccia tra Trump ed il presidente Kim Jong Un a Hanoi. Ma nessuna di queste riunioni ha prodotto risultati tangibili. Un nuovo incontro tra i negoziatori si è tenuto lo scorso 5 ottobre, anche in questo senza passi avanti. All'inizio di dicembre il regime nordcoreano ha sostenuto che se entro la fine dell'anno Washington non ridurrà le sanzioni avrà un temibile "regalo di Natale". L'Amministrazione Usa ha respinto l'ultimatum, ribadendo comunque la disponibilità al dialogo con i nordcoreani.?Le prospettive per il 2020 non sono certo incoraggianti.

La crisi in Venezuela

A gennaio Juan Guiadó si è autoproclamato presidente del VenezuelaMaduro ora accusa gli Usa di complotto.

Vanno in archivio altri fatti, come l'attentato di marzo in Nuova Zelanda dove un suprematista bianco, Brenton Tarrant, ha fatto strage in una moschea di Christchurch.

Ad aprile un incendio ha devastato la cattedrale di Notre Dame.

A ottobre le forze speciali Usa hanno ucciso in Siria il leader dell'Isis, Abu Bakr al-Baghdadi.

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