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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Brexit al via, May firma la lettera di notifica all'Ue: è il "B day"

La storica lettera, consegnata oggi al presidente Tusk, dà così il via al processo di divorzio della Gran Bretagna dall’Ue, anche se i negoziati veri e propri dovrebbero cominciare solo a giugno; la bozza finale potrebbe essere pronta già entro la fine del 2018

Il primo ministro britannico Theresa May ha firmato ieri sera la storica lettera che lancerà la Brexit, che sarà inviata oggi al presidente dell’Unione europea Donald Tusk. Questo atto sarà la notifica formale dell’intenzione britannica di lasciare l’Ue dopo 44 anni di partecipazione. In Parlamento, oggi, May ammetterà che il voto di giugno scorso sulla Brexit è stato divisivo, ma esprimerà la speranza “che non saremo più definiti dal voto che abbiamo espresso, ma dalla nostra determinazione di fare del risultato un successo”. Ha poi detto: “Noi siamo una grande unione di popolo e nazioni con una storia orgogliosa e un luminoso futuro. E, ora, che è stata presa la decisione di lasciare l’Ue, è tempo di unirci”. May ha lanciato quindi un appello all'unità della Gran Bretagna di fronte a una Scozia che potrebbe votare per un nuovo referendum sull'indipendenza. "Non è il momento" per la Scozia di tenere un secondo referendum, ha detto May, ma i parlamentari scozzesi hanno ignorato il suo appello, votando a favore del referendum 69 a 59.  Il premier scozzese Nicola Sturgeon ora dovrà presentare una formale richiesta per un referendum, che avrà luogo nella primavera del 2019, prima che la Brexit sia completata. L'obiettivo è di mantenere la Scozia nell'Ue. Ha bisogno dell'approvazione del governo britannico, che ieri ha ripetutto di ritenere "inappropriato" il calendario, sebbene non abbia escluso la prospettiva di un nuovo referendum.

Brexit ai blocchi di partenza, quindi: entra infatti nel vivo il procedimento per il distacco della Gran Bretagna dall’Ue. .L'ora "B", il primo colpo di cannone, arriverà alle 3.30, quando la versione cartacea della missiva, con la firma originale, è stata personalmente consegnata dall’ambasciatore del Regno Unito presso l’Ue, Sir Tim Barrow, al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Scatta così l’avvio della Brexit, il processo di divorzio della Gran Bretagna dall’Ue, anche se i negoziati veri e propri dovrebbero cominciare solo a giugno. 

Brexit, il trionfo degli euroscettici

COSA SUCCEDE ADESSO - Tusk dopo aver ricevuto la notifica, farà probabilmente una breve dichiarazione, e comunque è atteso un suo comunicato congiunto firmato anche dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, con le prime reazioni di circostanza dei vertici dell’Ue: rincrescimento per la decisione dei britannici, assicurazioni sul fatto che il negoziato per il divorzio si svolgeranno in buona fede, e sulle intenzioni non punitive dell’Ue nei riguardi di Londra, con l’obiettivo di restare comunque in buoni rapporti. Nel frattempo, a Londra, la May affronterà le domande dei parlamentari sul contenuto della lettera. Tusk ha promesso che la sua prima risposta dell’Ue si avrà entro 48 ore, con l’invio nelle capitali dei Ventisette della bozza delle linee guida dei negoziati con Londra. Le linee guida saranno poi approvate per consenso (cioè all’unanimità) dai Ventisette al vertice convocato da Tusk a Bruxelles il 29 aprile. Pochi giorni dopo, il 3 maggio, la Commissione approverà, sulla base delle linee guida, la sua proposta di mandato negoziale, che i ministri degli Affari europei dei Ventisette dovrebbero adottare, a maggioranza qualificata, entro al fine di maggio. Il mandato sarà quindi affidato alla Commissione stessa, e in particolare al capo della squadra negoziale, il francese Michel Barnier, ex ministro ed ex commissario Ue. I negoziati veri e propri cominceranno quindi in giugno, e comunque all’inizio dell’estate. Dovrebbero durare al massimo due anni, secondo il Trattato, ma la bozza di accordo finale dovrebbe essere pronta già entro la fine del 2018, per permettere le ratifiche ai parlamenti del Regno Unito, dei Ventisette e al Parlamento europeo. Nel frattempo, il Regno Unito resterà membro dell’Ue, fino alla scadenza dei due anni se i negoziati e l’accordo finale non saranno conclusi prima. C’è anche la possibilità che i negoziati siano più difficili del previsto, e che i Ventisette decidano, all’unanimità, di prorogare il termine di due anni (che cadrebbe il 28 marzo 2019). Ma l’ipotesi più probabile è che le parti decidano di negoziare un accordo provvisorio, a partire dalla scadenza dei due anni, riguardante almeno i settori più problematici, con periodi temporanei e “phasing out” che potrebbero essere lunghi anche diversi anni, in cui comunque il Regno Unito non sarebbe più pienamente membro dell’Unione.

La Brexit spaventa la Ue

SI NEGOZIERA' A LUNGO - Proprio oggi, Theresa May ha ricordato che non ci sono da negoziare solo le questioni commerciali, l’accesso ai mercati o la libera circolazione delle persone, ma anche, ad esempio, gli accordi di cooperazione riguardo alla sicurezza e agli affari interni e di giustizia (come il mandato d’arresto europeo, o l’accesso a Europol). Le posizioni negoziali iniziali sono abbastanza dure, con la prevalenza a Londra, per ora, della linea degli “hard brexiter”, che immaginano una uscita del Regno Unito non solo dall’Ue ma anche dal suo mercato unico (escludendo, quindi, accordi come quelli esistenti tra l’Ue e la Norvegia o l’Islanda). Gli europei, da parte loro, giurano che non accetteranno mai un accordo che mantenga la libera circolazione di merci, servizi e capitali, ma non delle persone. Se nessuno recederà da queste posizioni, vi sarà il ritorno delle tariffe e delle dogane ai confini fra il Regno Unito e l’Ue, compresa la frontiera fra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord, oltre che la fine della libera circolazione delle persone. Bruxelles, inoltre, ha fatto circolare la cifra di 60 miliardi di euro che Londra dovrebbe pagare per onorare tutti i contratti sottoscritti da Stato membro dell’Ue, per finanziare il bilancio comunitario (la programmazione in corso copre i sette anni dal 2014 al 2020), compresi i programmi di coesione e le spese amministrative (anche, ad esempio, per le pensioni dei funzionari europei di nazionalità britannica). Si tratta di una cifra su cui, con tutta probabilità, si negozierà a lungo. Come su tutto il resto.

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