rotate-mobile
Martedì, 16 Aprile 2024
Migranti

Cadaveri nelle reti e migranti da salvare: la vita dei pescatori del Mediterraneo

A volte riescono a salvare la vita di chi si trova in difficoltà, altre volte invece riportano a terra i cadaveri trovati in mare. Sono i pescatori tunisini, che a largo delle coste incontrano la disperazione di chi fugge dalla guerra

C'è Slah che fa il pescatore subacqueo e riesce ad andare tra i 20 e i 50 metri di profondità. Poi c'è Nourdir, che ogni giorno parte con il suo peschereccio e prende il largo. Sono in tanti ma tutti accomunati dall'essere testimoni di stragi: con le loro reti spesso hanno recuperato i cadaveri di coloro che provano ad attraversare il Mediterraneo per arrivare in Europa. Ma spesso hanno salvato loro le vite e in quei casi non hanno avuto momenti di esitazione: "Spesso sono stato costretto a tuffarmi in acqua per salvare delle persone, lasciandomi la barca alle spalle. Lo so che così facendo metto la mia vita in pericolo, ma non posso permettere che qualcuno anneghi davanti ai miei occhi senza fare nulla" racconta Abdelassem.

Loro sono tutti pescatori di Zarzis, una piccola città sulle coste tunisine. Da anni si imbattono in imbarcazioni in difficoltà e salvano le vite dei migranti mettendoli al sicuro sulle proprie barche. Per aumentare la loro capacità di effettuare salvataggi in mare, Medici senza frontiere (MSF) ha organizzato una formazione di 6 giorni. Msf sta effettuando corsi di formazione anche per la Mezzaluna Rossa tunisina e libica, per la Protezione Civile e per la Guardia Nazionale tunisina, su come gestire i cadaveri delle vittime e come accogliere le persone soccorse in mare e portate sulle coste.

Dove si trova Zarzis

Soccorrere chi è in pericolo di vita non è certo facile: "I corpi degli sfortunati che sono morti in mare devono essere trattati con dignità, senza mettere a rischio la salute delle comunità. Attraverso lo scambio di esperienze tra MSF e i diversi attori, libici o tunisini, coinvolti nelle operazioni, stiamo aumentando la capacità di assistere le persone in difficoltà e di gestire le conseguenze spesso drammatiche del viaggio in mare. Sono rimasto molto colpito dalla motivazione dei pescatori e dalle difficili situazioni che devono affrontare" spiega Ahmad Al Rousan, mediatore culturale di Msf che partecipa alla formazione.

La maggior parte di loro utilizzano piccole imbarcazioni con poche persone a bordo, ma c'è anche chi lavora su barche da 40 metri e resta in mare aperto per diversi giorni. Il corso di Msf li ha introdotti alle diverse fasi di un salvataggio e hanno ricevuto equipaggiamenti per la sicurezza e il soccorso, come materiali protettivi, vestiti e giubbotti di salvataggio. Con l'aumento dei flussi migratori di questi mesi i pescatori incontrano imbarcazioni in condizioni sempre peggiori: "Troviamo sempre più rifugiati e cadaveri in mare - ha detto Nourdin Achourmeten, uno dei pescatori - Circa cinque anni fa, il mare portò a riva i primi dodici cadaveri di persone annegate e abbiamo dovuto seppellirli. Abbiamo trovato dei corpi anche nelle nostre reti. Facciamo il nostro meglio per seppellirli tutti nel modo più degno".

I pescatori tunisini che salvano i migranti | Foto da Medici Senza Frontiere

"Una volta ci siamo imbattuti in una piccola imbarcazione piena di persone che stava affondando - racconta Yanes Bechiryanes, meccanico a bordo di un peschereccio - Non potevamo lasciarli in quella situazione, così abbiamo chiamato in aiuto altri due pescherecci con cui spesso collaboriamo. Li abbiamo soccorsi, distribuendoli fra le tre imbarcazioni. Erano molto spaventati, abbiamo dovuto calmarli".

Slah è un sub e di cadaveri nel fondo del Mediterraneo ne ha visti tanti: "Già da molto tempo ho iniziato a trovare persone morte in fondo al mare. Quando una barca di rifugiati affonda, i pescatori mi avvertono, e così vado ad aiutarli per cercare di recuperare i corpi. Li portiamo nel porto e lì diciamo alla polizia e ai vigili del fuoco di occuparsene. Negli ultimi 4-5 anni tutti i giorni ci sono sempre più persone che abbandonano la Libia e decidono di attraversare il mare".

Slah ha ragione: i barconi che cercano di arrivare sulle coste europee non hanno mai smesso di partire. Ora l'Europa sta cercando di gestire l'emergenza e in questi giorni si sono susseguiti summit, incontri e riunioni per trovare un accordo. Mentre i grandi del mondo decidono che fare, a Zarzis c'è qualcuno che non ha esistato neppure un attimo ad agire: "Anche se stiamo perdendo soldi e lavoro, dobbiamo farlo" conclude Abdelassem. Un'altra cosa accomuna tutte queste persone: hanno deciso di "restare umani" nonostante tutto.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Cadaveri nelle reti e migranti da salvare: la vita dei pescatori del Mediterraneo

Today è in caricamento