rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Mondo Stati Uniti d'America

Clinton e Trump, a voi: trionfano a New York e puntano la Casa Bianca

Le primarie democratiche e repubblicane di New York hanno due trionfatori indiscussi: Hillary Clinton e Donald Trump. In difficoltà Bernie Sanders e Ted Cruz. A meno di scossoni e colpi di scena ormai davvero improbabili, saranno loro due a sfidarsi alle elezioni presidenziali del prossimo novembre.

Le primarie democratiche e repubblicane di New York hanno due trionfatori indiscussi: Hillary Clinton e Donald Trump. A meno di scossoni e colpi di scena ormai davvero improbabili, saranno loro due a sfidarsi alle elezioni presidenziali del prossimo novembre.

TRUMP - Donald Trump ha vinto in casa. Il candidato alla nomination repubblicana ha fatto il pieno alle primarie di New York, dove ha dimostrato la forza del suo messaggio populista. Non appena i seggi avevano chiuso alle ore 21, le tre di notte in Italia, è arrivata la notizia della vittoria del magnate dell'immobiliare newyorchese. Trump ha stracciato i rivali, raccogliendo il 60% circa dei voti, oltre il 50%+1 necessari per aggiudicarsi tutti i 95 delegati in palio. Come previsto, Ted Cruz è arrivato terzo. Il senatore del Texas autoproclamatosi l'unico capace di fermare l'inarrestabile ascesa del tycoon nato in Queens è stato seminato dal governatore dell'Ohio John Kasich con il 25%.

"E' incredibile, siamo vicino al 70% dei voti", ha detto Trump iniziando il suo discorso, quando ancora lo spoglio dei voti era appena cominciato. Con cravatta blu elettrico, camicia bianca e vestito blu con spilla al petto raffigurante la bandiera americana, Trump ha rilanciato il solito cavallo di battaglia ma ha colto l'occasione per attaccare il Gop: quello del partito repubblicano "è un sistema corrotto. Torneremo a quello vecchio chiamato tu voti, tu vinci". Parlando dalla lobby della Trump Tower a Manhattan fatta di pareti di marmo e cascate di acqua, le stesse da cui lo scorso giugno annunciò la sua discesa in campo accusando gli immigrati messicani di essere stupratori e spacciatori di droga, il candidato del Gop ha attaccato: "Nessuno dovrebbe prendersi i delegati e dichiarare vittoria a meno che ottenga quei delegati con gli elettori e con i voti. E questo è quello che sta per succedere". Alla convention "arriveremo forti, nessuno può rubarcela", ha promesso.

Trump non ha perso l'occasione di attaccare il suo acerrimo nemico: "Cruz è matematicamente eliminato". D'altra parte, per l'ultra-conservatore le vittorie contro il rivale newyorchese come quelle in Utah, Wisconsin e Wyoming sembrano un lontano ricordo. E di fatto, la sconfitta nell'Empire State gli impedisce di raggiungere i 1.237 delegati necessari per aggiudicarsi la nomination prima di arrivare alla convention di luglio a Cleveland, Ohio. Anche per questo la sua strategia resta una: rastrellare il più possibile delegati impedendo a Trump di raggiungere quella soglia fatidica. Ora il senatore del Texas deve affilare le armi in vista delle primarie di martedì prossimo che si terranno in cinque Stati lungo la costa orientale degli Stati Uniti (Pennsylvania, Connecticut, Delaware, Maryland e Rhode Island). 

Donald Trump © Infophoto

CLINTON - Tutti sapevano che alla fine sarebbe successo, che Hillary avrebbe vinto le primarie dello Stato di New York. Ma per settimane in molti hanno creduto in una possibile rimonta da parte di Bernie Sanders, vista la grande partecipazione dal basso, oltre le aspettative, con più di 30.000 persone in piazza solo nell'ultimo comizio di Brooklyn, a Prospect Park, la scorsa domenica. E invece New York non ha fatto saltare il banco. Ha premiato l'ex segretario di Stato, che giocava in casa e che già aveva vinto per due mandati consecutivi un seggio in Senato grazie all'Empire State. Così Clinton ha portato a casa il 57,3% dei voti contro il 42,7% di Sanders che già, forse annusando la disfatta, aveva deciso di guardare avanti, volando in Pennsylvania, dove si voterà il prossimo 26 aprile e dove sono in palio un buon numero di delegati, in tutto 189.

"Non c'è nessun posto come la propria casa. Grazie New York", ha detto dal suo quartier generale ieri sera poco dopo la chiusura dei seggi, circondata da migliaia di sostenitori. Un discorso molto progressista quello di Clinton che ha parlato di lavoro, di opportunità per tutti, di inclusione e di immigrazione. Ma subito Clinton ha voluto parlare al suo avversario. O meglio ai sostenitori del suo sfidante, Bernie Sanders. "Ci sono più cose che ci uniscono che cose che ci dividono", ha continuato la candidata.

"La nostra diversità è il nostro principale punto di forza", ha aggiunto Hillary parlando ai newyorchesi e continuando a ripetere il suo mantra: l'America è già un grande Paese e possiamo migliorarlo solo insieme, lavorando insieme. Intanto la folla intorno al politico ha iniziato a urlare "Hillary, Hillary, Hillary". Lei ha chiesto un attimo di silenzio. "Qui con noi c'è una persona speciale, c'è Erika Lafferty, la figlia della preside della scuola di Sandy Hook, morta per cercare di difendere gli alunni della scuola", ha detto Clinton commuovendosi e rallentando per un attimo un discorso che fino a quel momento era stato incalzante.

Sulle primarie democratiche pende anche la spada di Damocle di oltre 126.000 elettori, solo a Brooklyn, che non hanno potuto votare perché non iscritti nelle liste del partito democratico e che ora chiedono di poter esprimere la propria preferenza oggi. Intanto la matematica è molto chiara: anche se i dati non sono ancora definitivi, Hillary ha preso 104 delegati, contro gli 85 di Sanders. In tutto adesso Clinton ha 1.411 delegati, mentre il candidato socialista ne ha 1.179 (senza contare i superdelegati che fino all'ultimo possono cambiare la loro posizione).

Clinton © Infophoto

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Clinton e Trump, a voi: trionfano a New York e puntano la Casa Bianca

Today è in caricamento