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Venerdì, 29 Marzo 2024
SALUTE

Condannata azienda del tabacco: deve 17 miliardi alla vedova di un fumatore

Il maxi risarcimento stabilito da una giuria della Florida. Il signor Johnson morì di cancro ai polmoni nel 1996 a 36 anni. Fumava tre pacchetti di sigarette al giorno: "Colpa delle pubblicità aggressive"

Tutta colpa del marketing "aggressivo" che fomenterebbe il fumo di sigarette. Fumo che, troppo spesso, uccide. E' il caso di Michael Johnson, autista di bus morto a 36 anni nel 1996 a causa di un cancro ai polmoni. Il signor Johnson, una moglie e due figli - oggi - di 23 e 29 anni era un fumatore incallito: consumava fino a tre pacchetti di sigarette al giorno.

Dopo la sua morte la moglie, Cynthia Robinson, ha deciso di citare in giudizio la Rj Reynolds, ditta produttrice di sigarette come Camel, Winston e Pall Mall. Per tutti era una causa impossibile da vincere. Ma non è andata così.

Venerdì la giuria dello stato della Florida ha condannato la Rj Rynolds a un maxi risarcimento nei confronti della vedova: 23 miliardi di dollari. Proprio così: miliardi! Al cambio, circa 17,1 miliardi di euro.

Il vicepresidente della multinazionale, J. Jeffery Raborn, ha annunciato al New York Times che RJ Reynolds farà appello in quanto la decisione della giuria "è andata parecchio oltre il concetto di ragionevolezza e giustizia".

Secondo le accuse della donna la RJ Reynolds non informava con sufficiente chiarezza i fumatori dei pericoli del vizio "e questa negligenza avrebbe avuto come estrema conseguenza il cancro ai polmoni che uccise il marito". 

Secondo gli avvocati della donna - come riporta il Corriere della Sera che cita il New York Times, "la giuria è rimasta turbata dalle prove che la società utilizzasse tecniche di marketing molto aggressive, dirette in particolare ai giovani, e dalla tesi della difesa secondo la quale la scelta di fumare era stata fatta dallo stesso Johnson". 

A far pendere l'ago della bilancia della giustizia verso la vedova l'analisi di alcuni filmati dell'epoca in cui si vedevano i dirigenti dell'azienda affermare che il fumo non provoca cancro e non crea dipendenza. Eppure l'azienda sapeva benissimo visto che nel corso del processo sono stati portati documenti interni con dati incontrovertibili sulla pericolosità del fumo. 

Speriamo che questo messaggio faccia arrivare alla RJ Reynolds e agli altri colossi del tabacco un messaggio forte e chiaro e li costringa a non mettere più a rischio la vita di gente innocente con pubblicità e tecniche di marketing aggressive.

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