rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Crisi economica / Grecia

Grecia fuori dall'euro? Ecco cosa accadrebbe

L'Istituto internazionale di finanza (IIF) ha stimato costi e conseguenze di un'eventuale uscita di Atene dall'Eurozona. Mille miliardi il costo per i paesi europei, 11.550 euro nel primo anno per ogni cittadino greco

Grecia fuori dall'euro. In queste ore quella che era prima del voto soltanto una possibilità remota sta diventando uno scenario da considerare. Ma cosa accadrebbe in questa ipotesi?

L'Istituto internazionale della finanza (IIF) ha stimato in mille miliardi di euro il costo a carico di tutto il sistema europeo qualora la Grecia abbandonasse la moneta unica. Il prezzo sulla testa di ogni cittadino greco sarebbe, solo nel primo anno, di circa 11.550 euro. A complicare il tutto, l'iter normativo da seguire. Un iter da improvvisare in quanto non previsto nemmeno dai trattati.

Russia e Argentina, due esempi non validi - Tutto ciò che si può prevedere, stando a quanto stimato dagli analisti, è che il ritorno alla dracma sarebbe, come costi, molto peggiore di una bancarotta dello Stato. Inoltre la Grecia non trarrebbe giovamento da un eventuale default: a differenza di Russia e Argentina, i due paesi presi come parametri in questa eventualità visto che si sono dichiaranti insolventi per poi registrare una notevole ripresa dell'economia, la Grecia non è un paese 'esportatore'. Difficilmente, quindi, potrebbe registrare una rapida crescita come avvenuto nei due casi di cui sopra. Infine - e questo è praticamente un dato certo - la Grecia non trarrebbe giovamento dalla 'svalutazione competitiva' della dracma: solo il turismo, infatti, non garantirebbe un adeguato afflusso di denaro estero nel paese mancando la voce primaria in questi casi, l'esportazione, appunto.

Le cifre del default - l costo del ritorno della dracma (la conversione con l'euro al primo gennaio 2001 era a quota 340,75 ma non è detto che da lì si ripartirebbe) per tutto il sistema europeo sarebbe di circa 1.000 miliardi di euro, secondo una nota confidenziale dell'Institute of International Finance (Iif) trapelata sulla stampa nel febbraio scorso. Ma a pagare sarebbero soprattuto i greci: secondo uno studio Ubs, dovrebbero sborsare fra i 9.500 e gli 11.500 euro a testa nel primo anno, e poi 3-4.000 euro ancora negli anni successivi. I greci si ritroverebbero quasi immediatamente con una moneta svalutata del 50%, una caduta del Pil nel primo anno di almeno il 12% e, in più, un'inflazione al 35%, secondo un'analisi dell'Fmi. Altri osservatori prevedono una contrazione dell'attività economica ancora maggiore, del 35-50%. Le importazioni (in particolare di energia) verrebbero ridotte drasticamente, e il bilancio dello Stato dovrebbe essere tagliato altrettanto nettamente, per azzerare il deficit (4,8 miliardi di euro nel 2012), per far corrispondere le entrate alle uscite, vista l'impossibilità di emettere nuovo debito.

Le conseguenze del default - Diversamente da quanto sarebbe accaduto all'inizio della crisi, nel 2010, quando sarebbero state soprattutto le banche private del Nord Europa a subire lo shock della bancarotta, oggi i costi sarebbero in larghissima parte scaricati sul settore pubblico, cioè sui cittadini, attraverso l'esposizione della Bce, che ha acquistato bond greci sul mercato per circa 50 miliardi di euro, e dei fondi di salvataggio finanziati da Ue ed Fmi, che non si vedrebbero più rimborsare i propri prestiti ad Atene e dovrebbero attivare (cioè pagare ai creditori) le garanzie fornite dagli Stati membri.

Inoltre, le banche (soprattutto greche) con la pancia ancora piena di titoli di Atene non più esigibili non sarebbero in grado di restituire i prestiti per circa 100 miliardi di euro concessi dalla Bce con i suoi programmi 'non convenzionali' di iniezione di liquidità (Ltro), che l'inverno scorso avevano evitato una più che probabile stretta del credito in tutta l'Eurozona. In totale, le perdite per la Bce sarebbero di 160 miliardi di euro. Inoltre, diverse banche dovrebbero essere salvate dagli Stati o fallire.

Il cambio dracma-euro-dracma - Gennaio 2001. Nel passaggio all'euro, la dracma venne convertita al tasso fisso di 340,75. Qualora si dovesse tornare indietro, l'ipotesi più gettonata tra gli analisti è che si riparta proprio da quel valore. Ovviamente, il passaggio avverrebbe un bel sabato mattina, a mercati chiusi. Ma al primo minuto d'apertura delle borse il lunedì successivo, il crollo è certo. Pochi istanti, e la moneta greca si svaluterebbe tra il 40 e il 50%, addirittura c'è chi ipotizza fino al 70% solo nel primo giorno. Tradotto, per comprare un euro il lunedì sera non ci vorrebbero più 340,75 dracme ma una cifra compresa tra 500 e 600 dracme. Questo fu un vantaggio per Russia e Argentina, come detto paesi esportatori. Ma la Grecia non è un paese esportatore. Ergo, dall'acquisto del petrolio all'approvvigionamento del gas, il carico sui contribuenti sarebbe pesantissimo.

Mutui - Chi ha una casa di proprietà o chi è in affitto non dovrebbe temere più di tanto il ritorno alla dracma. Il vero problema del ritorno alla moneta unica, infatti, sarebbe chi sta pagando un mutuo e non ha un contratto con clausole di salvaguardia valutaria. Il Corriere della Sera si getta in un ipotetico conto nelle tasche di chi ha un mutuo residuo di 100mila euro per 20 anni. Ipotizzando una svalutazione della dracma del 25% rispetto al tasso di 340,75 , un tasso per la rata del mutuo del 5% e uno stipendio di 2000 euro mensili, oggi la rata sarebbe di circa 660 euro, un terzo dello stipendio. Prima rata dal ritorno alla dracma, stipendio di 681.550 dracme, mutuo ricalcolato sul tasso di cambio (con svalutazione ipotizzata del 25%), la rata passerebbe a 279,43 dracme. Tradotto, circa 820 euro. Immaginiamo quale dramma di troverebbero a vivere molte famiglie se anziché del 25% come ipotizzato, la dracma arrivasse veramente a una svalutazione compresa tra il 40 e il 70%…

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Grecia fuori dall'euro? Ecco cosa accadrebbe

Today è in caricamento