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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Iran, il risiko del petrolio e il grande ricatto sui prezzi del carburante

A maggio Washington ha inasprito le sanzioni economiche contro Teheran. È l'inizio di una escalation che oggi ha portato gli Stati Uniti a schierare mille soldati sul territorio dell'Arabia Saudita. È la prima volta dalla fine della Guerra del Golfo

Dai droni abbattuti alle petroliere sequestrate: si moltiplicano gli incidenti nel Golfo Persico da quando ad Aprile l'amministrazione Usa ha inserito le Guardie rivoluzionarie iraniane nella lista nera delle "organizzazioni terroriste". Negli ultimi tre mesi la distanza tra la pace e un conflitto armato è rappresentato solo da una scintilla.

A maggio Washington ha inasprito le sanzioni economiche contro Teheran e annunciato lo schieramento nella regione di una portaerei e di bombardieri B52. Sempre a maggio l'Iran a cominciato ad affrancarsi gradatamente dagli impegni presi con l'accordo sul nucleare del 2015, accordo dal quale gli Stati Uniti si erano ritirati un anno prima. È l'inizio di una escalation che oggi ha portato gli Stati Uniti a schierare mille soldati sul territorio dell'Arabia Saudita. È la prima volta dal 2003, anno della fine della Guerra del Golfo.

Dietro alle dodici richieste che il dipartimento di Stato ha rivolto a Teheran - e che secondo Trump dovrebbero portare a un “cambiamento nel comportamento” iraniano - sembra esserci in realtà l’obiettivo di arrivare a un cambio di regime.

Contestualmente alle tensioni tra Iran e Usa crescono le quotazioni del petrolio. I contratti sul greggio Wti con scadenza ad agosto guadagnano 91 centesimi arrivando a 56,2 dollari al barile. Il Brent guadagna 1,26 dollari a 63,19 dollari.

Come spiega l'ISPI un aumento del prezzo del petrolio nei prossimi mesi appare un’ipotesi sempre più probabile. Ed è questa l'arma che l'Iran può giocare sul fronte internazionale. 

Iran Usa, tensioni crescenti

12 maggio - Due petroliere saudite, una nave emiratina e un tanker norvegese sono oggetto di atti di sabotaggio al largo dell'emirato di Fujairah, a un'estremità dello stretto di Hormuz, attraverso il quale passa un quinto della produzione mondiale di greggio. Gli incidenti non causano vittime ma ravvivano le tensioni nel Golfo.

Il 30 maggio, il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca John Bolton accusa l'Iran affermando che i sabotatori hanno usato "quasi certamente" mine antinave iraniane. "Chi altro avrebbe potuto farlo secondo voi? Un nepalese?" ironizza il noto falco anti-iraniano. Da parte sua Teheran nega.

Un mese dopo, il 3 giugno, una petroliera norvegese e una giapponese vengono attaccate nei pressi dello stretto di Hormuz. L'amministrazione di Donald Trump chiama subito in causa la Repubblica islamica e diffonde un video nel quale si assisterebbe all'avvicinamento a uno scafo da parte di una imbarcazione veloce delle Guardie rivoluzionarie per ritirare "una mina con ventosa inesplosa".

Il Pentagono preciserà l'accusa sei giorni dopo affermando di aver recuperato sullo scafo della nave giapponese Kokuka Courageous indizi materiali e impronte che confermano la pista iraniana. Ancora una volta Teheran nega vigorosamente.

Il 20 giugno la tensione sale ancora dopo chel'Iran abbatte un drone di sorveglianza della Marina Usa che avrebbe violato il suo spazio aereo. Washington e Teheran si dedicano per l'intera giornata a una battaglia di comunicazioni sulla localizzazione esatta del velivolo nel momento in cui è stato colpito. Trump approva una rappresaglia militare contro obiettivi iraniani per poi cambiare idea all'ultimo momento.

Il 4 luglio una nave iraniana sospettata di portare un carico di petrolio destinato alla Siria in violazione delle sanzioni contro Damasco, viene sequestrato al largo del territorio britannico di Gibilterra. L'Iran denuncia un atto di "pirateria" in alto mare e afferma che la destinazione della petroliera non è la Siria. Nei giorni successivi il presidente iraniano Hassan Rohani mette in guardia Londra dalle "conseguenze" del sequestro della nave. Un alto ufficiale delle Guardie rivoluzionarie dirà poi che Londra e Washingtonton "rimpiangeranno amaramente" la decisione. 

Il 10 luglio la marina militare iraniana tenta - secondo il Regno Unito - di impedire il passaggio di una nave petroliera britannica, la British Heritage, nello stretto di Hormuz. La HMS Montrose, accorsa in salvataggio, deve "lanciare avvertimenti verbali" alle vedette iraniane per costringerle alla ritirata. Le Guardie rivoluzionarie negano qualsiasi "confronto" con imbarcazioni straniere.

Nel frattempo la Royal Navy anticipa l'invio di una seconda nave da guerra nel Golfo e gli Stati uniti approfittano dell'incidente per rilanciare il loro progetto di costruire una coalizione internazionale per scortare le navi commerciali nella regione.

Il 18 luglio le Guardie rivoluzionarie annunciano di aver sequestrato nello stretto di Hormuz un "tanker straniero" con equipaggio, sospettato di dedicarsi al "contrabbando" di carburante, che avrebbe caricato da navi iraniane. Secondo alcuni potrebbe trattarsi di una petroliera battente bandiera panamense, la Riah, che fa la spola nello stretto e il cui sistema di identificazione Gps si è interrotto il 14 luglio.

All'annuncio iraniano fa seguito quello del Pentagono che spiega come una nave da guerra americana, la USS Boxer, avrebbe abbattuto un drone iraniano che si sarebbe avvicinato a meno di mille metri dall'imbarcazione. "Temo che per sbaglio la USS Boxer abbia abbattuto uno dei suoi" droni, twitta il giorno dopo il viceministro iraniano degli Esteri Abbas Araghchi. "Non abbiamo perduto alcun drone sullo stretto di Hormuz o altrove".

Così arriviamo alle ultime bollenti 24 ore. Il 19 luglio Londra denuncia il sequestro di altre due navi a opera dell'Iran nello stretto di Hormuz, una britannica, l'altra battente bandiera liberiana. Le Guardie rivoluzionarie confermano la "confisca" della petroliera britannica Stena Impero per "mancato rispetto del codice marittimo internazionale". Rilasciata invece la nave liberiana Mesdar.

Ora Londra consiglia alle navi britanniche di tenersi "al di fuori della zona" dello stretto di Hormuz per un "periodo provvisorio" .

Il presidente Usa Donald Trump "ha detto che siamo pronti a negoziare senza precondizioni, a sederci per parlare dell'attività terroristica, del programma missilistico e del programma nucleare. Spero che la leadership della Repubblica Islamica dell'Iran, in particolare gli ayatollah, colgano questa opportunità per risolvere la cosa in modo diplomatico".

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