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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Kayla, tra i suoi assassini la vedova di un leader dell'Isis

Tra gli incriminati per l'omicidio della cooperante statunitense, rapita nel 2013 in Siria e uccisa un anno fa, c'è Nisreen Assad Ibrahim Bahar, nota come Umm Sayyaf, 25 anni

IRAQ - Kayla era una giovane cooperante. Era partita dall'Arizona alla volta della Turchia per occuparsi dei bambini siriani. Per aiutare chi scappava dalla guerra, chi per le bombe restava ferito, chi per gli spari rimaneva orfano. Il 3 agosto 2013 Kayla Mueller venne rapita mentre faceva ritorno dalla città siriana di Aleppo, dove si era recata nel locale ospedale a lavorare con un collega spagnolo di Medici Senza Frontiere. 

LA PRIGIONIA - Quel giorno è finita nelle mani dei miliziani dell'Isis. Una prigionia durata 18 mesi. Nel luglio 2014 una missione americana di soccorso organizzata per salvare lei e altri ostaggi nel nord della Siria fallì: l'Isis trasferì i prigionieri in un'altra località a poche ore dal blitz. 

LA MORTE - Il 6 febbraio 2015, l'Isis ha pubblicato la foto di un edificio danneggiato: Kyala, secondo i suoi carcerieri, era morta lì dentro durante un attacco aereo giordano. Una dichiarazione "ufficializzata" il 10 febbraio, quando la famiglia Mueller annunciò di aver ricevuto una mail con tre fotografie del cadavere della giovane cooperante.

LE INDAGINI - Oggi, le indagini per la sua morte sono a una svolta: la vedova di un ex leader dello Stato islamico è stata infatti ufficialmente incriminata per aver partecipato all'omicidio di Kayla Mueller. La donna incriminata, Nisreen Assad Ibrahim Bahar, nota come Umm Sayyaf, 25 anni, si trova ora in un carcere iracheno. Secondo l'accusa Umm Sayyaf tenne prigioniera Mueller, che durante la sua detenzione fu violentata più volte dal capo dell'Isis Abu Bakr al-Baghdadi.

LA "VEDOVA NERA" - Il marito della donna, Abu Sayyaf, era ministro del petrolio dell'Isis, alle dirette dipendenze di al-Baghdadi, ed è morto a maggio in un raid delle forze speciali Usa nel suo compound in Siria. La moglie è stata consegnata alle autorità irachene. Il Dipartimento di Giustizia Usa, in una nota firmata dall'assistente direttore dell'Fbi, Paul Abbate, ha affermato di sostenere l'indagine irachena, ma ha aggiunto:

Continueremo a cercare giustizia per Kayla. Non ci fermeremo nella ricerca dei responsabili dei rapimenti e degli assassinii di cittadini americani.

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