ROMA - Matteo Renzi spinge, o almeno ci prova. Narendra Modi frena. E' di nuovo scontro, ormai anche politico, fra Italia e India per i marò, i due fucilieri italiani trattenuti a Delhi da più di due anni con l'accusa di omicidio per la morte di due pescatori durante un'operazione anti pirateria del febbraio 2012. L'ultimo episodio di una saga senza fine è andato in scena lunedì quando i due premier si sono sentiti al telefono. Senza evidenti segnali di riavvicinamento. 

Renzi ha espresso al collega indiano il proprio auspicio di una soluzione "rapida e positiva". Modi, da parte sua, ha replicato incoraggiando la "parte italiana a permettere un proseguimento del cammino del processo indiano", sottolineando che "la giustizia indiana è libera, giusta, indipendente e considererà tutti gli aspetti". Come dire: "I due marò non si muovono da qui e saranno giudicati con le nostre leggi". 

A inizio mese Renzi si era detto "molto fiducioso nel nuovo governo indiano" e aveva espresso la speranza che l’esecutivo Modi "nelle prossime settimane" avesse "la possibilità di affrontare" la vicenda dei due marò e di "recuperarla in una dimensione di collaborazione" sulla base "del diritto internazionale". Una speranza che, alla luce della telefonata di ieri, potrebbe essere disattesa. 

Colpa, anche, dei tempi lunghissimi della giustizia indiana. Il caso in questi giorni vive infatti una fase di stallo. Le due udienze di fine luglio nel tribunale speciale e nella Corte Suprema di New Delhi per il rinnovo delle garanzie bancarie a sostegno della libertà dietro cauzione dei marò si sono rivelate pura routine e non hanno modificato la situazione. Che da due anni a questa parte è praticamente la stessa. 

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