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Venerdì, 29 Marzo 2024
Incidenti in montagna

Nanga Parbat, il racconto di Elisabeth Revol: in vetta alle 18, poi il dramma

L'alpinista francese è la prima donna della storia ad arrivare in cima alla "montagna assassina" in inverno. La spedizione è costata la vita al suo compagno di cordata Tomek Mackiewicz: "In vetta mi ha detto che non ci vedeva più"

In vetta al Nanga Parbat alle 18. Un azzardo. Poi la disperata discesa dagli 8126 metri della "montagna assassina", the killer mountain com’è stata ribattezzata la nona vetta più alta del mondo, una delle più difficili da scalare. Una discesa costata la vita al suo compagno di scalata, il polacco Tomek Mackiewicz, che dal Nanga non è mai più tornato. Elisabeth Revol, alpinista francese classe 1980, è la prima donna della storia ad essere arrivata in cima al Nanga Parbat in inverno.

Nanga Parbat, il racconto di Elisabeth Revol

All’agenzia France Press Revol racconta per la prima volta i dettagli della sua impresa, tanto eroica quanto tragica. "Un’avventura sacra", la definisce lei. I due alpinisti, stando quanto riferito dalla Revol che adesso è ricoverata in ospedale per curare i gravi congelamenti a mani e piedi, hanno lanciato la loro sfida al Nanga sabato 20 gennaio. Qualche giorno più tardi, si trovano a più di settemila metri ai piedi della piramide sommitale della "Grande Montagna".

L'arrivo in cima alle 18

I due hanno qualche difficoltà a ritrovare la via per la vetta e perdono minuti preziosi. Alle 17.15 sono sul punto di tornare indietro. Esitano qualche istante. Poi decidono che vale la pena tentare e 45 minuti più tardi raggiungono la cima. Sono le 18 e forse è già troppo tardi per tornare indietro da un ottomila. Proprio in vetta si materializza il dramma: "Là Tomek mi dice di non vedere più nulla. Non aveva usato la maschera perché aveva un leggero velo durante la giornata e al calar della notte aveva un'oftalmia".

Nanga Parbat, la discesa dalla vetta

Inizia la disperata fuga verso il basso, resa ancora più difficile dal buio e dalle condizioni di Mackiewicz. Tomek si aggrappa alla sua spalla ed entrambi iniziano a scendere. "A un certo punto [Mackiewicz] non riusciva più a respirare, ha rimosso la protezione che aveva sulla bocca e ha iniziato a soffrire di congelamenti. Il suo naso è diventato bianco". Poi è toccato alle mani e ai piedi. A 7200 metri i due trovano rifugio in un crepaccio. Ma Tomek non ha più la forza di andare avanti.  

Tomek Mackiewicz disperso a 7200 metri

All’alba la situazione diventa drammatica. "Tomek ha iniziato a perdere sangue dalla bocca", segno inequivocabile di edema cerebrale. La Revol chiede l’aiuto dei soccorsi. Ma a 7200 metri, in cima alla montagna assassina, non è facile neppure per gli elicotteri. "Mi è stato detto: se tu scendi a 6.000 metri puoi essere recuperata e si può recuperare Tomek a 7.200 m (con l’elicottero, ndr). È successo in quel modo. Non è una decisione mia, ma mi è stata imposta". Revol è costretta a prendere una decisione drammatica: lasciare sulla montagna, in preda alla cecità e a gravi congelamenti, il suo compagno di cordata.

Nanga Parbat, le allucinazioni e la salvezza

La Revol inizia a scendere da sola ma soffre di allucinazioni dovute all’alta quota: immagina che i soccorritori vengano a portarle del "tè caldo" e che per ringraziare avrebbe dovuto dare loro uno scarpone che si toglie restando col piede scoperto per 5 ore. Passa una seconda notte all’addiaccio, senza nessun equipaggiamento, il mattino dopo quando capisce che gli elicotteri non arriveranno decide di iniziare a scendere.

Il resto è storia nota: Elisabeth viene salvata anche grazie all’eroismo di due alpinisti polacchi, Adam Bielecki e Denis Urubko, che portati ai piedi della montagna da un elicottero, in meno di dieci ore (e in parte di notte) hanno scalato i 1.300 metri che li separavano dal campo 2 dove si sono ricongiunti con Elisabeth a 6200 metri di quota. A causa dei gravi congelamenti alle dita dei piedi, la Revol rischia l'amputazione di alcune dita: "Stiamo cercando di limitare il più possibile i danni", ha detto Frédéric Champly, capo dell’emergenza degli ospedali Mont Blanc.

Tomek Mackiewicz dichiarato morto

Nessun tentativo di soccorso è stato tentato per Tomek Mackiewicz che è stato ormai dichiarato morto. Un'eventuale operazione con gli elicotteri avrebbe messo in pericolo la vita stessa dei soccorritori. È la seconda volta che il Nanga Parbat viene scalato d’inverno. Prima di Tomek ed Elisabeth l’impresa era riuscita ad una cordata di tre alpinisti, tra cui l’italiano Simone Moro.

"Nessuno ha mai fatto tanto su un ottomila"

Daniele Nardi, uno dei più forti alpinisti italiani, ha commentato così su facebook l'impresa di Tomek ed Elisabeth. 

"Ho un sogno adesso - ha scritto su facebook - che si abbia il ricordo di Tomeck come uno dei più grandi alpinisti ma esistiti.  Si, è vero che era pieno di difetti, come lo sono io e come probabilmente siete voi.  Ma ha salito in stile alpino, con le proprie forze una via indicata da Heisendle e Messner e completata da Tomek ed Elisabeth". 

"Ditemi, chi ha fatto così tanto prima di loro in inverno su una montagna di 8000m?"

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