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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Paese per paese, i passeggeri diretti negli Stati Uniti bloccati da Trump

I divieti ordinati da Donald Trump stanno creando complicazioni e sofferenze per migliaia di persone, e ci sono manifestazioni e proteste in tutto il mondo. Ma lui non molla: "Confini solidi, no al caos europeo"

Il decreto del presidente americano Donald Trump che vieta l'ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana (Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria, Yemen) ha avuto ripercussioni in tutto il mondo, con numerosi casi di passeggeri a cui è stato impedito l'imbarco sul proprio volo.

Ecco i casi segnalati fino ad ora:

AUSTRIA - Ad almeno tre iraniani è stato impedito di imbarcarsi ieri su un volo diretto negli Stati Uniti all'aeroporto di Vienna, stando a quanto riferito da un portavoce della Austrian Airlines. I tre passeggeri, una coppia di anziani e una giovane donna, erano tutti in possesso di visto per gli Stati Uniti, ha detto Peter Thier all'agenzia di stampa austriaca. La coppia è ancora a Vienna, mentre la donna è tornata in Iran;

EGITTO - Al Cairo una coppia irachena con due figli che aveva comprato i biglietti su un volo della EgyptAir e aveva i visti per gli Stati Uniti non ha potuto imbarcarsi, hanno detto fonti aeroportuali alla France presse. Secondo un funzionario della EgyptAir, l'azienda non ha ancora ricevuto informazioni ufficiali riguardo alla nuova normativa e sul sito non ci sono dettagli sulle nuove regole per i viaggi negli Stati Uniti.

STATI UNITI - Decine di passeggeri - tra cento e duecento secondo il New York Times - sono stati bloccati al loro arrivo negli aeroporti americani e minacciati di espulsione. In particolare, due cittadini iracheni muniti di visto sono stati fermati all'aeroporto JFK di New York. Mentre attivisti per i diritti civili si mobilitavano per manifestare il proprio sostegno ai passeggeri bloccati, le associazioni per la difesa dei diritti umani hanno ottenuto da un giudice federale la sospensione della loro espulsione.

Proteste negli aeroporti contro il decreto di Trump sui rifugiati | Ansa

IRAN - Funzionari di due agenzie di viaggio hanno detto di aver ricevuto istruzioni dalle compagnie aeree Emirates, Turkish Airlines ed Etihad di non vendere biglietti agli iraniani muniti di visto perchè non saranno imbarcati. Maryam, iraniana di 44 anni che ha ottenuto la sua green card lo scorso ottobre, dopo 14 anni di attesa, ha detto alla France presse che ieri le è stato impedito di prendere un volo per gli Stati Uniti. La donna ha venduto la sua abitazione e voleva trasferirsi in via definitiva negli Usa. Una iraniana che studia in California e che doveva rientrare negli Usa il 4 febbraio ha detto alla France presse: "Avevo un biglietto sulla Turkish Airlines per il 4 febbraio, ma è stato annullato". Teheran ha denunciato la decisione degli Stati Uniti e ha annunciato che applicherà il principio di reciprocità per i viaggiatori americani.

OLANDA - La compagnia aerea olandese KLM non ha fatto imbarcare sette persone su un volo per gli Stati Uniti, perchè "l'ingresso nel Paese gli sarebbe stato negato", ha detto alla France presse un portavoce, senza però voler precisare la nazionalità dei viaggiatori;

SVIZZERA - La compagnia svizzera applica "ora" il decreto Trump , non avendo "scelta", ha detto il direttore generale. "Abbiamo un obbligo legale di applicare questo decreto", ha aggiunto Lorenzo Stoll, affermando tuttavia che sono "pochissimi" i cittadini dei sette Paesi che transitano per Zurigo e Ginevra sui voli della Swiss;

FRANCIA - Air France ha detto di aver vietato l'imbarco su voli per gli Stati Uniti a una quindicina di persone, cittadini dei sette paesi citati nel decreto "ma questo non significa necessariamente provenienti da questi paesi", ha detto un portavoce. "Nessuno è stato bloccato a Parigi, abbiamo preso le misure necessarie per rimandare le persone al punto di partenza", ha detto l'azienda.

TRUMP DIFENDE IL DECRETO - "Il nostro Paese ha bisogno di confini forti e controlli estremi, ADESSO. Guardate cosa sta succedendo in tutta Europa e, anche, nel mondo, un caos orribile!". Così il presidente Usa Donald Trump è tornato a difendere il decreto che vieta l'ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana e che ha avuto ripercussioni in tutto il mondo, con numerosi casi di passeggeri a cui è stato impedito l'imbarco sul proprio volo.

Diversi leader europei hanno criticato il provvedimento. Per la cancelliera tedesca Angela Merkel il decreto del presidente Trump è "ingiustificato". Lo ha detto oggi il suo portavoce. "Ritiene che persino nella battaglia necessariamente risoluta contro il terrorismo non sia giustificato sospettare di persone di determinate origini o convinzioni", ha detto Steffen Seibert, citato dall'agenzia di stampa tedesca DPA.

Anche il presidente francese, François Hollande, ha detto che l'Europa deve rispondere con "fermezza" a Trump. "Nel momento in cui vi sono delle dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti sull'Europa e sul modello del Brexit per altri Paesi, ritengo che occorra dare una risposta", ha spiegato Hollande parlando a margine del vertice dei Paesi Ue del Mediterraneo, in corso a Lisbona. "Dobbiamo affermare le nostre posizioni e avviare con fermezza un dialogo sui nostri valori: l'Europa deve darsi un'identità sulla base dei suoi valori, i suoi principi e i suoi interessi", ha continuato Hollande.

Il premier italiano, Paolo Gentiloni, ha detto a sua volta, parlando a margine del vertice di Lisbona, che con la nuova amministrazione Trump "troveremo il modo migliore per collaborare" ma per farlo noi "dobbiamo riaffermare i nostri valori come Europa: che siamo noi, ci sono e sono forti". La premier britannica, Theresa May, si è invece rifiutata di condannare il decreto anti-rifugiati di Trump, affermando che Washington è responsabile delle sue scelte politiche. "Gli Stati Uniti sono responsabili per la politica sui rifugiati degli Stati Uniti. Il Regno Unito è responsabile per la politica sui rifugiati del Regno Unito", ha detto May ad una conferenza stampa a Ankara, dopo essere stata ripetutamente sollecitata a dare una opinione sul decreto di Trump. 

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