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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Perchè l'attacco a In Amenas fa discutere la Norvegia

I lavoratori norvegesi che portano le loro competenze dalle piattaforme petrolifere nel Mare del Nord a nuovi progetti in paesi instabili si espongono a grossi rischi: nel paese si è aperto un grande dibattito

AUSTRHEIM, Norvegia - Petrolio e gas hanno fatto della Norvegia uno dei paesi più avanzati e ricchi del mondo in pochi decenni. Oggi l'assedio mortale in Algeria ha aperto un dibattito su fino a che punto le compagnie petrolifere norvegesi e i loro lavoratori qualificati debbano andare "in giro per il mondo" a caccia di risorse e profitti.

Il gruppo petrolifero norvegese Statoil ha confermato la morte di quattro suoi dipendenti presso il sito di gas algerino di In Amenas, teatro di un sanguinoso attacco da parte di un commando islamista che il 16 gennaio aveva preso in ostaggio un centinaio di persone.

Alla raffineria di petrolio di Mongstad, le bandiere sventolano a mezz'asta per i lavoratori morti in quel deserto al di là del Mediterraneo. Questo paese scarsamente popolato sulla costa del Mare del Nord, dove in inverno i bambini pattinano sui laghetti ghiacciati sembrerebbe avere poco in comune con il Sahara. Ma il bagliore del gas che brucia in lontananza alla raffineria di Mongstad, lo stabilimento più grande della Norvegia, serve a ricordare perché quattro persone della zona si sono trovate tra i 17 dipendenti Statoil dell'impianto algerino.

Da quando la Phillips Petroleum scoprì nel 1969 petrolio nella piattaforma di Ekofisk nel Mare del Nord, sempre più norvegesi di questa regione costiera hanno abbandonato posti di lavoro tradizionali, come pescatore e marinaio, per diventare i tecnici e gli ingegneri che alimentano l'industria petrolifera - non solo in Norvegia, ma anche nel Golfo del Messico e in Nigeria. Il sindaco di Austrheim, Per Leroy, 55 anni, spiega fino a che punto l'industria petrolifera ha cambiato la regione e il paese. Fino a 100 anni fa la zona a nord di Bergen era una delle più povere in Europa", dice Leroy. "Ora è una delle più ricche."

Statoil è stata fondata nel 1972 per decisione del Parlamento. E' gestita da una società a scopo di lucro, anche se il governo mantiene circa due terzi delle quote. Mentre molti paesi europei stanno lottando sotto il peso del debito publioc crescente, la Norvegia, grazie alle sue riserve di petrolio, ha un fondo sovrano di circa 700 miliardi per proteggere il suo futuro.

I norvegesi godono di assistenza sanitaria universale, agevolazioni nelle università pubbliche e un generoso sistema di sicurezza sociale. I norvegesi hanno un'aspettativa di vita altissima rispetto alla media europea, respirano aria più pulita e sono più soddisfatti della propria vita rispetto agli abitanti della maggior parte dei paesi industrializzati, secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Dati della Banca Mondiale mostrano che il prodotto pro capite della Norvegia è di 98.102 $, più del doppio dei 48.112 $ degli Stati Uniti.

I lavoratori norvegesi che portano le loro competenze dalle piattaforme petrolifere nel Mare del Nord a nuovi progetti in paesi instabili si espongono a grossi rischi, come dimostra quello che è successo a In Amenas. "Non sei solo un viaggiatore nel business del petrolio, a volte sei un viaggiatore in guerre invisibili", dice Tom Hella, 35 anni, operatore del settore petrolifero che dalla vicina città di Radoy ha viaggiao fino all'Angola e all'Azerbaigian. Ma dopo quello che è successo in Algeria, racconta: "Mia moglie ha detto basta. Dopo quello che è successo non mi permetterà più di viaggiare."

E' un storia simbolo del dibattito publico che è in corso in Norvegia. Helge Ryggvik, uno storico e ricercatore, ha detto al quotidiano Dagsavisen che le compagnie petrolifere norvegesi dovrebbero ritirarsi dai paesi a rischio. Inoltre i costi della sicurezza nei paesi a rischio sono in aumento. Henrik Thune, un ricercatore senior presso l'Istituto norvegese per gli affari internazionali a Oslo, specializzato nel settore dell'energia e del Medio Oriente, però avverte: "Se le società occidentali si tireranno fuori saranno sostituite da imprese di altri paesi: cinesi, indiani e russi non si faranno sfuggire l'occasione".

Nel mese di aprile del 2010, i leader russi e norvegesi hanno posto fine a 40 anni di disputa su come dividere il Mare di Barents e parte del Mar Glaciale Artico, aprendo un'altra frontiera per l'estrazione di petrolio e gas naturale. La produzione locale rimarrà forte per decenni.  Statoil aveva già annunciato l'anno scorso che avrebbe venduto la sua partecipazione in un campo petrolifero in Iraq alla società russa Lukoil.

L'episodio algerino non è stato così scioccante per la società norvegese come il massacro di 69 persone a Utoya nel 2011, un trauma da cui la nazione si sta ancora riprendendo. Ma la strage di Utoya, nella sua crudeltà, non aveva sollevato il tipo di domande politiche come invece i fatti d'Algeria.

"Se abbiamo abbastanza petrolio, non ci dovrebbe essere alcun motivo di mandare la gente laggiù", dice Kim Vagenes, 22 anni, che lavora in un negozio di ferramenta ad Austrheim. Proprio in questo comune, che ha una popolazione di 2.850, erano nati due dei lavoratori morti nel d serto. Da giovane il signor Leroy, il sindaco di Austrheim, pensava che avrebbe lavorato nella navigazione, ma la costruzione della raffineria di Mongstad iniziò subito dopo che lui aveva finito il liceo. "L'ottimismo tornò tra gente", racconta. "Sono tornati in tanti, sono state costurite nuove case."

Grazie all'industria petrolifera, il tasso di disoccupazione a Austrheim è sotto al 2 per cento. Lo sviluppo ha letteralmente collegato questa parte della regione di Hordaland al resto del mondo. Ci volevano tre ore di barca per raggiungere il centro regionale di Bergen. Ora ci vuole un'ora di macchina, utilizzando ponti costruiti con i soldi del petrolio. All'aeroporto di Bergen. Politici e imprenditori hanno finora preso una posizione forte, dicendo che non si faranno intimidire da atti di violenza. Helge Kristoffersen, amministratore delegato  di una azienda di selezione del personale, crede che i lavori ben pagati nel settore petrolifero continuerano ad attrarre molti giovani norvegesi: "Dimenticheremo in fretta quello che è successo in Algeria". Fonte: New York Times

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