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Venerdì, 29 Marzo 2024
POLONIA / Polonia

Polonia, senza Fiat gli operai della Slesia hanno paura del futuro

o stabilimento di Tychy era il principale impianto della Fiat in tutta la Polonia. Poi la decisione di riportare in Italia la produzione della Panda. Gli operai temono per il loro futuro

La prospettiva è una sola: disoccupazione. Lo stabilimento di Tychy era il più grande impianto della Fiat in tutta la Polonia. Poi la decisione di riportare in Italia la produzione della Panda. Per tutta la regione della Slesia è stata una batosta.

"All'epoca d'oro della Fiat Auto Poland Sa, nel 2009, sei treni merci e 350 camion lasciavano ogni giorno la fabbrica per trasportare macchine in tutto il mondo" scrive il settimanale polacco Tygodnik Powszechny. "Fino a poco tempo fa lo stabilimento produceva ogni giorni 2.300 veicoli, cioè un veicolo nuovo lasciava la linea d'assemblaggio ogni 37 secondi. Nel 2012 questa cifra è scesa a 1.600 e nel 2013 sarà portata a mille. Questo significa che una catena di montaggio dovrà essere soppressa: 1.450 dei 4.900 lavoratori perderanno il loro posto di lavoro".

La "mazzata" per gli operai è stata ancora più pesante perché i dipendenti sentivano spesso ripetere che Tychy era lo stabilimento modello del gruppo, il meglio organizzato e il più produttivo in tutta Europa. Il lavoro era distribuito su tre turni e facendo gli straordinari si guadagnava parecchio denaro. La fabbrica impiegava circa seimila persone e nell'indotto lavoravano in 30-40mila.

Dopo la decisione di trasferire in Italia la produzione della Panda, l'atmosfera nello stabilimento ha cominciato a deteriorarsi. Un saldatore che ha voluto mantenere l'anonimato dice che due anni fa qualcuno aveva danneggiato diversi veicoli: la carrozzeria rigata, i paraurti strappati. A quanto pare qualcuno avrebbe addirittura defecato in una macchina lasciando il seguente messaggio: "Ci pagate come delle merde, in cambio avete della merda". Nel 2012 la società ha licenziato gli operai a gruppi di 29 persone allo scopo di evitare un piano di licenziamenti, obbligatorio a partire da 30 licenziamenti.

"Negli ultimi tre anni abbiamo fatto tutto il possibile", dice un sindacalista. "E siamo riusciti a ottenere parecchie concessioni. Abbiamo evitato cinquanta licenziamenti. Chi andrà via a fine gennaio riceverà, in funzione dell'anzianità, da 9 a 18 mesi di stipendio. Gli operai in età di prepensionamento e i dipendenti da soli con figli a carico non potranno essere licenziati, così come le persone che vivono insieme e che lavorano entrambe nello stabilimento. Ci sono dei licenziamenti, ma la fabbrica continua a funzionare".

Il futuro è un grande punto di domanda, e lo sciopero generale annunciato per il mese prossimo rischia di paralizzare l'intera Slesia.

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