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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Turchia al voto, referendum sul presidenzialismo: è l'ora della verità per Erdogan

Nove mesi dopo il fallito golpe 55 milioni di turchi sono chiamati alle urne per votare la riforma voluta da Erdoğan. Se venisse approvata il presidente della repubblica in Turchia diventerebbe il Capo dello Stato e contemporaneamente il Capo del Governo

ISTANBUL - Domenica 16 aprile la Turchia si pronuncerà sul rafforzamento dei poteri del presidente Recep Tayyip Erdoğan nel corso di un referendum per decidere se approvare o respingere una riforma della Costituzione che allarga i poteri del presidente.

Turchia, le foto simbolo del fallito golpe

Organizzato nove mesi dopo il fallito Colpo di Stato, 55,3 milioni di elettori sono chiamati alle urne per decidere l'abolizione della carica di primo ministro a favore di un superpresidente che concentrerà nelle sue mani ampie prerogative. La riforma sarà trasformata in legge se il 50 per cento più uno dei votanti si esprimerà per il Sì.

La riforma presidenziale - Se venisse approvata la riforma, il presidente della repubblica in Turchia diventerebbe il Capo dello Stato e contemporaneamente il Capo del Governo: avrebbe il potere di nominare e rimuovere uno o più vice-presidenti e i ministri del governo, e far approvare un certo numero di leggi per decreto, oltre a nominare direttamente la maggioranza dei giudici che siedono nella Corte suprema.

Il governo guidato dalla formazione islamista e conservatrice di Erdoğan, il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp), presenta questa riforma come necessaria per dotare lo stato di un esecutivo stabile e per lasciarsi definitivamente alle spalle i fragili governi di coalizione degli anni ottanta e novanta. I suoi critici considerano la riforma una nuova deriva autoritaria di un uomo che accusano di mettere a tacere qualsiasi voce dissidente

Turchia, la repressione di Erdogan dopo il fallito golpe

Recep Tayyip Erdoğan, 63 anni, è stato primo ministro tra il 2003 e il 2014, prima di essere eletto presidente, una carica considerata perlopiù di rappresentanza. Ai sensi della riforma costituzionale potrebbe restare al potere fino al 2029.

Nella sua ricerca di voti, Erdoğan ha ripetuto che il no favorirebbe i separatisti curdi o il predicatore Fethullah Gülen, il predicatore trasferitosi negli Stati Uniti e che Ankara accusa di aver fomentato il fallito colpo di stato.

Le principali incertezze, per Erdoğan, riguardano il voto dei curdi, un quinto della popolazione, dei laici e quello della destra nazionalista. Erdoğan, inoltre, per solleticare i sentimenti nazionalisti, ha lanciato invettive contro i paesi europei, in particolare la Germania e i Paesi Bassi, spingendosi al punto di accusarli di “nazismo” e “fascismo” dopo la cancellazioni di alcuni meeting dei suoi sostenitori sul loro territorio.

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Le elezioni avvengono in un perdurante "Stato di Emergenza" dopo il fallito colpo di stato del luglio scorso: circa 47mila persone sono state arrestate e più di centomila licenziate o sospese. Decine di testate giornalistiche e associazioni sono state chiuse e decine di giornalisti licenziati o imprigionati.

Le autorità hanno anche condotto una serie di arresti negli ambienti curdi, incarcerando in particolare il capo del Partito democratico dei popoli (Hdp), la principale formazione filocurda del paese.

I sostenitori del No sono stati spesso ostacolati dalla polizia o dai sostenitori di Erdoğan e vi sono stati numerosi casi di violenze e intimidazioni. I sostenitori del Sì, invece, hanno avuto ampio accesso alle risorse dello Stato, alle televisioni e ai giornali.

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