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Venerdì, 29 Marzo 2024
TAGLIO PROVINCE

Il Senato dice sì al taglio delle Province (e al governo)

Con 160 sì e 133 no Palazzo Madama vota la fiducia al governo Renzi e al ddl Delrio sul riassetto delle Province. Il testo, modificato al Senato, tornerà alla Camera in terza lettura. Poi, l'approvazione definitiva

ROMA - Mossa riuscita. Il Senato, messo alle strette dalla fiducia posta dal governo, ha votato sì al ddl Delrio sul riassetto delle Province. A favore hanno votato 160 senatori, contro 133 e nessuno si è astenuto. Il provvedimento, modificato a Palazzo Madama, tornerà ora alla Camera in terza lettura, dove era già stato licenziato in prima lettura a fine dicembre. Quello dei prossimi giorni, comunque, dovrebbe essere l'ultimo "rimbalzo" a Montecitorio prima dell'approvazione definitiva. Per la gioia, immaginabile del premier, Matteo Renzi, che in mattinata - prima di "ordinare" ai suoi di porre la fiducia sul ddl - aveva accelerato via Twitter: "Oggi giornata importante per le Province". 

Tra le novità contenute nel testo l'istituzione di dieci Città metropolitane, il trasferimento di alcune delle funzioni delle Province a Comuni e Regioni, la trasformazione degli organi provinciali in enti di secondo grado. Di fatto le Province già commissariate continueranno ad esserlo e quelle in scadenza saranno prorogate fino al 31 dicembre 2014, spostando al primo gennaio 2015 il momento in cui le nuove Città metropolitane entreranno a pieno regime. Tutto in attesa che il Parlamento approvi la riforma del Titolo V della Costituzione cancellando definitivamente la parola "Provincia" dalla Carta.

LE CITTA' METROPOLITANE - Il disegno di legge che si appresta a superare definitivamente l'esame del Parlamento istituisce dieci città metropolitane: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Si tratta di "enti territoriali di area vasta" coincidenti con il territorio provinciale che si occuperanno di "cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano, promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione, cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle a livello europeo". 

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Sparisce - rispetto al testo uscito dalla Camera - la possibilità di istituire Città metropolitane nei capoluoghi delle Regioni Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia e nelle grandi Province con più di un milione di abitanti. Il sindaco metropolitano sarà di diritto il sindaco del Comune capoluogo, mentre il consiglio metropolitano sarà formato dai sindaci o dai consiglieri dei Comuni della Città metropolitana eletti, in secondo grado, senza stipendi aggiuntivi rispetto a quelli già percepiti. Entro il 31 dicembre 2014 il consiglio metropolitano approva lo statuto e dal 1 gennaio le nuove Città metropolitane entreranno a pieno regime. Ai nuovi enti locali spetteranno "il personale e le risorse strumentali della provincia a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate provinciali, all'atto del subentro alla Provincia". Lo statuto della città metropolitana può prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale. Una modifica apportata dal Senato consente alle Città metropolitane, d'intesa con i Comuni interessati, di esercitare anche le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

LE PROVINCE - Gli organi delle future Province - almeno fino a che non verrà approvata la riforma costituzionale per abolirle definitivamente e Renzi spera di farlo prima della chiamata alle urne del 25 maggio - saranno il presidente, il consiglio provinciale e l'assemblea dei sindaci. Dopo gli accordi con l'opposizione i presidenti delle Provincie e i consigli provinciali in scadenza a primavera resteranno in carica fino al 31 dicembre 2014. Il presidente assumerà le funzioni di commissario. Le funzioni delle Province verranno trasferite gradualmente in parte ai Comuni e in parte alle Regioni, secondo "soluzioni gestionali e organizzative orientate all'efficienza e all'efficacia, ivi comprese, con intese o convenzioni, l'avvalimento e le deleghe di esercizio, valorizzando anche le autonomie funzionali". Tra le funzioni che rimarranno alle Province quella di pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e valorizzazione dell'ambiente; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale; autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, strade provinciali; programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell'edilizia scolastica. Anche le Province, d'intesa con i Comuni, potranno esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

I COMUNI - Il disegno di legge cerca di incentivare le unioni e le fusioni dei piccoli Comuni, oltre a prevedere la gratuità dell'incarico per gli organi derivanti da unioni. Per esempio, in caso di fusione di Comuni, il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili dai Comuni estinti al nuovo comune è esente da oneri fiscali. L'obbligo per l'esercizio associato delle funzioni fondamentali, da effettuarsi entro il 1 dicembre 2014, viene confermato per i Comuni con almeno 10mila abitanti, mentre viene abbassato a 3mila per i soli Comuni montani. Tra gli incentivi a favore della fusione dei Comuni quello che prevede l'utilizzo dei "margini di indebitamento consentiti dalle norme vincolistiche in materia a uno o più dei comuni originari e nei limiti degli stessi, anche nel caso in cui dall'unificazione dei bilanci non risultino ulteriori possibili spazi di indebitamento per il nuovo ente". Ulteriore novità la possibilità per i piccoli comuni dell'incorporazione ad un Comune contiguo. "In tal caso - si legge nel ddl - il Comune incorporante conserva la propria personalità, succede in tutti i rapporti giuridici al Comune incorporato e gli organi di quest'ultimo decadono alla data di entrata in vigore della legge regionale di incorporazione. Lo statuto del Comune incorporante prevede che alle comunità del Comune cessato siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi". Più in generale viene stabilito che per i Comuni con popolazione fino a 3mila abitanti il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dieci consiglieri e il numero massimo degli assessori è stabilito in due; per i Comuni con popolazione superiore a 3mila e fino a 10mila abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dodici consiglieri e il numero massimo di assessori è stabilito in quattro. Nelle giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3mila abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico. Ai sindaci dei Comuni con popolazione fino a 3mila è consentito un numero massimo di tre mandati.

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