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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Migranti, così cambia il meccanismo dell'accoglienza: i quattro punti critici

Eliminato il principio per cui l'accoglienza e la gestione delle domande d'asilo spettano al Paese di primo ingresso. Ma il testo andrebbe migliorato: ecco come e perché

Il trattato di Dublino regola le norme che stabiliscono quale Stato membro debba gestire la domanda di asilo avanzata da un migrante arrivato in territorio europeo. La norma principale dell'intero regolamento, dimostratasi inadeguata rispetto all’esplosione migratoria degli ultimi anni, è quella secondo cui la domanda di asilo politico debba essere accolta dallo Stato in cui il richiedente mette piede per la prima volta. Ciò ha penalizzato i Paesi con frontiere esterne come il nostro. Questo criterio è stato cancellato dalla riforma del Regolamento di Dublino, approvata la scorsa settimana dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo, con 43 voti a favore e 16 contrari.

Cosa cambia? Il primo Paese di arrivo non sarà più automaticamente responsabile per i richiedenti asilo. La novità principale è senza dubbio una vittoria per l'Italia. Si tratta infatti dell'abolizione del principio per cui l'accoglienza e la gestione delle domande d'asilo spettano al Paese di primo ingresso e dell'introduzione di un sistema automatico e permanente di ricollocamenti in tutti gli Stati Ue. Al nuovo meccanismo di ricollocamento dei migranti, dunque, sono chiamati a partecipare obbligatoriamente tutti gli Stati membri, a pena di conseguenze sui fondi strutturali.

I Paesi dell'Est Europa non vogliono accogliere i rifugiati

L'eurodeputata di "Possibile" Elly Schlein (qui l'intervista), relatrice della riforma di Dublino per il gruppo dei Socialisti e Democratici, ha definito la riforma stessa come una "rivoluzione copernicana del sistema dell’asilo". L’eurodeputata non ha nascosto la soddisfazione, ma ha anche parlato di "un negoziato lungo e complesso, con ventuno riunioni dei relatori ombra e svariate riunioni tecniche, in cui siamo riusciti a raggiungere un compromesso di alto livello, votato da una maggioranza ampia e trasversale che va dai Socialisti e Democratici, ai Verdi e la Gue, per arrivare ai Popolari e ai Liberali". Ora la parola passa al Consiglio, dove peserà il veto di alcuni Paesi, in particolare quelli dell’Est Europa (il cosiddetto "gruppo di Visegrad") apertamente contrari ad accogliere rifugiati.

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Equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati Ue

L'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) esprime soddisfazione per l’avvenuta approvazione. Nello specifico, secondo l'associazione, "nella riforma approvata dalla Commissione viene eliminato il legame tra il Paese nel quale il richiedente ha fatto ingresso irregolare ed esame della sua domanda di protezione, sostituendo questo anacronistico approccio (che penalizzava grandemente i Paesi con frontiere esterne, tra cui l’Italia) con una nuova concezione in base alla quale il richiedente fa ingresso nell’Unione, considerata nel suo complesso. La competenza all’esame della domanda di protezione verrebbe, pertanto, definita sulla base di quote che riguardano tutti i Paesi dell’Unione definite sulla base di criteri oggettivi, dando finalmente attuazione al principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità, rimasto finora di fatto disatteso".

I quattro punti critici della riforma

Non solo aspetti positivi, però. Per Asgi il testo approvato andrebbe migliorato, perché "anche nella nuova impostazione permangono alcuni aspetti critici". Riguardano le condizioni per cui uno straniero può chiedere di essere accolto in un Paese diverso da quello di arrivo, lo spostamento dei minori stranieri in altre nazioni anche contro la loro volontà, la possibilità per le autorità di applicare misure di detenzione per i migranti e, infine, la facoltà dei Paesi di arrivo di stabilire subito che una persona non ha diritto di chiedere asilo. L'associazione spiega tutto nei dettagli:

1. I "fattori di collegamento" tra il richiedente e il Paese dell’Unione nel quale lo stesso chiede di recarsi andrebbero ulteriormente rafforzati. In particolare appare irragionevole che la sponsorizzazione possa essere realizzata solo da enti e non anche da privati (tra i quali parenti del richiedente);

2. La procedura di assegnazione per quote-paese applicata anche ai minori non accompagnati, seppure temperata dalla valutazione del suo superiore interesse operata da una equipe multidisciplinare, apre la strada alla possibilità di un trasferimento coattivo del minore, evento indubbiamente fonte di trauma per il minore stesso, mentre, come affermato dalla Corte di Giustizia, in generale risponde al superiore interesse del minore restare nello Stato dove questi si trova;

3. Seppure fortemente ridimensionato rispetto al quadro normativo attuale si continua a prevedere la possibilità di applicare misure di detenzione del richiedente protezione ai fini dell’esecuzione del trasferimento nel Paese competente all’esame della domanda;

4. L’introduzione di un filtro che attribuisce la competenza all’esame della domanda di protezione al paese in cui la stessa è stata formulata nel caso di domanda “manifestly unlikely” ovvero di domanda che appare priva di alcun contenuto in relazione alla nozione di protezione internazionale inserisce una procedura che si presta facilmente a serie distorsioni.

Cosa fare, dunque? Asgi invita il Parlamento Europeo a rivedere questi aspetti e comunque a procedere senza indugio sulla strada di rinnovamento intrapresa. L'associazione fa appello al governo italiano e alle associazioni di tutela dei rifugiati affinché sostengano con forza il processo di riforma avviato dal Parlamento Europeo in vista del dialogo con il Consiglio Europeo e in particolare con gli Stati che si oppongono ad una effettiva riforma del Regolamento Dublino III, cercando di evitare la doverosa assunzione di nuove e maggiori responsabilità nella gestione dell’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.

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