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Venerdì, 19 Aprile 2024
Decadenza

Decadenza Berlusconi: il voto al Senato slitta a fine Novembre

Caos in Giunta. Nitto Palma: “La corte d’Appello di Milano ha appena detto che l’incandidabilità è una sanzione amministrativa, e pertanto non è retroattiva". E così tutto slitta a data da destinarsi

Una cosa è il penale, un’altra è l’amministrativo. La Corte d’Appello di Milano, sull’interdizione ai pubblici uffici di Silvio Berlusconi, è chiamata ad applicare il codice penale. “L’autorità amministrativa” competente, e cioè “la Camera di appartenenza” del condannato – il Senato – è chiamata ad “irrorare la sanzione della decadenza e dell’incadidabilità sulla base della legge Severino”. Così hanno messo nero su bianco i giudici di Milano, che questa mattina hanno depositato la sentenza di secondo grado che prevede l’allontanamento del Cav dalla cosa pubblica per due anni. Una precisazione a corredo del respingimento dell’eccezione di costituzionalità formulata dalla difesa di Berlusconi, in cui si chiarisce che l’interdizione dai pubblici uffici, sanzione “penale”, è ben distinta dalla “sanzione” della legge Severino.

Da qui il caos, prima alla Giunta per il regolamento al Senato, impegnata, dalle 15 di questo pomeriggio, a stabilire se sul voto di decadenza in aulo i senatori dovranno esprimersi con voto palese o segrete. Poi a Palazzo Madama. Due fronti di dibattito, stesso caso. Con ordine, partendo dalla Giunta.

La Giunta è alle prese con un affare spinoso: voto pubblico e trasparente, in cui ognuno dice a chiare lettere se ‘Silvio’ deve essere cacciato dal Parlamento, oppure se ci sarà bisogno di una croce nel segreto dell’urna. Nel primo caso, vedi Prodi in primavera, la paura fa il giro attorno ad una prassi italiota, i franchi tiratori. Nel secondo la speranza ha lo stesso nome, i franchi tiratori, che dalle parti del Pdl si chiama libertà di coscienza. Prima dell’inizio dei lavori, le parole della sentenza: “Berlusconi è stato ritenuto ideatore, organizzatore del sistema e fruitore dei vantaggi relativi”; e tuttavia, e si ritorna in cima, una cosa è la logica penale, un’altra quella amministrativa. Tradotto, la giustizia, per ora, non farà da supplente alla politica.

E che è successo? Il Pdl si è esibito in un doppio salto mortale. La magistratura è contro di noi: si tratta del solito piano per eliminare il capo del centrodestra dalla scena politica. La magistratura ci da ragione: “La corte d’Appello di Milano ha appena detto che l’incandidabilità è una sanzione amministrativa, e pertanto non è retroattiva. Quindi da ragione a noi e non c’è motivo di andare avanti”. Così Nitto Palma, falco Pdl ed ex ministro della Giustizia dell’ultimo governo Berlusconi. Un po' bravi e po' cattivi, a comodo. E nell’incertezza, tra retroattività e applicazione immediata, il lavoro della Giunta si è arenato. Come dire: se non capiamo il senso della norma Severino che senso ha andare avanti sui regolamenti.

Sta di fatto che lo stallo in Giunta ha provocato quello al Senato. Il problema sta nell’ordine dei lavori dell’aula. Questa mattina, infatti, la riunione dei capigruppo ha stilato il calendario dei lavori ma del voto sulla decadenza del Cav, almeno fino al 22 novembre, non c’è traccia. Apriti cielo: il M5S ha denunciato l’accaduto, Grasso, il presidente del Senato, ha fatto sapere di aspettare quel che succederà in Giunta prima della calendarizzazione del caso Berlusconi (visto che l’ordine del giorno può essere sempre aggiornato in itinere).

E qui la cosa è cominciata ad essere tecnica. Il regolamento del Senato, infatti, prevede che se le scelte dei capigruppo non sono approvate all’unanimità i gruppi possano richiedere un voto all’aula che ne confermi la validità. Cosa che hanno fatto i grillini che hanno deciso di mettere in votazione il loro calendario con la decadenza di Berlusconi fissata per 5 novembre. Proposta che Palazzo Madama ha respinto, vista la contrarietà delle larghe intese, Pd-Pdl, e la Lega Nord, e con il M5S che ha potuto contare solo dell’appoggio di Sel. Risultato? Il voto in aula sulla decadenza di Berlusconi slitterà almeno fino al 25 novembre.

SCHIFANI – Finito qui? No, affatto. La giornata è stata lunghissima. Con Grasso che ha invitato la Giunta per il regolamento a far presto e con Schifani che, respinto l’idea dei grillini e con la boccata d’ossigeno in cassaforte, ha attaccato. Prima la seconda carica dello Stato: “Vorrei chiedere al presidente Grasso per quale motivo ha convocato stasera la Giunta per il regolamento, forse per lavori notturni, per accelerare un voto. Noi non accetteremo minimamente che vengano calpestati i diritti del senatore Berlusconi”. Poi, sulla scia della sentenza di milano e sulla dicotomia penale-amministrativo ha avanzato la proposta del Pdl: “Chiedo a Grasso di sottoporre nuovamente alla Giunta per le elezioni la novità emersa dalla sentenza della Corte d’Appello”.

BERLUSCONI: SI’ O NO – Ora la questione è sul tempo: i giudici non vogliono supplire alla politica ma la sensazione è che solo la Cassazione metterà un punto definitivo ad un tormentone a tratti grottesco. A meno che Letta non dia retta a Berlusconi: “Segnalo che il governo, se volesse, avrebbe un’autostrada per risolvere il problema: è tuttora aperta la ‘legge delega’ sulla giustizia, e basterebbe approvare una norma interpretativa di una riga, che chiarisca la irretroattività, la non applicabilità al passato della Legge Severino. Letta dica sì o no”. Appunto, sì o no.

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