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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Chiesa e polemiche

Imu più 'leggera', ma solo per la Chiesa

Il governo Monti si prepara a modificare il regolamento sulla dichiarazione dei redditi per gli enti 'no profit' che consentirebbe alla Chiesa di pagare meno tasse. Il tutto semplicemente modificando lo statuto. Ue sul piede di guerra

Ci risiamo. Ma stavolta potrebbe essere l'ultima puntata della querelle Imu - Chiesa. Il governo Monti, secondo un'indiscrezione raccolta dal quotidiano Repubblica, sta lavorando a testa bassa per varare una modifica sul regolamento per la dichiarazione dei redditi.

Una modifica dedicata agli enti "no profit" - ma soprattutto alla Chiesa - che permetterà, con la semplice modifica del loro statuto, di avere un'imposta sugli immobili molto più bassa di quella che invece devono pagare i normali cittadini.

L'idea è a suo modo geniale: per tutto quello che non è attività "ad uso misto", parliamo ad esempio di cliniche, alberghi, ostelli, sarà sufficiente apportare una piccola modifica allo statuto dell'ente e, per magia, l'Imu sarà oltre che dimezzata, se non addirittura non dovuta.

In pratica basterà dichiarare che gli utili derivanti della attività "ad uso misto" non saranno distribuiti ma investiti per scopi sociali. E qualora l'ente 'no profit' dovesse sciogliersi, basterà passare il suo patrimonio ad un altro ente.

Ma la domanda centrale è la seguente: per le cliniche e gli ospedali 'del Vaticano' che fatturano milioni di euro l'anno? Non dovranno pagare nemmeno un euro: basterà farsi accreditare o diventare 'convenzionate' con gli enti pubblici e dichiarare che le loro attività si svolgono "in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico".

Per le scuole private, invece, sarà sufficiente dichiarare di svolgere attività "paritaria" rispetto a quelle pubbliche: così facendo, niente sarà dovuto per l'Imu.

Ora rimane solo un problema da arginare per il governo Monti: evitare che la Commissione europea multi l'Italia per "aiuti di stato illegali". Una multa che potrebbe equivalere alle somme non percepite. E i mancati introiti, dal 2006 ad oggi, 'condonati' al Vaticano ammontano a circa 3 miliardi di euro....

L'ITER. Quello che Palazzo Chigi ha tentato di fare è stato dribblare le obiezioni del Consiglio di Stato. Facendo passare una definizione ad hoc di ciò che non è attività commerciale, definizione che vale per gli enti no profit, ma non per il resto degli italiani. Una sorta di alleggerimento che solleverebbe queste istituzioni, e quindi anche le realtà ecclesiastiche, dal versamento dell'imposta sulle porzioni di immobili ad uso "misto" da cui ottengono profitti, con una semplice modifica del loro statuto da fare entro dicembre.

Il travagliato iter sull'Imu è iniziato il 4 ottobre scorso, quando il Consiglio di Stato ha bocciato il regolamento del ministero dell'Economia, che prevedeva degli "sconti" agli enti no profit. Per bypassare le obiezioni dei giudici amministrativi, è quindi stata inserita nel decreto Enti locali ( che si occupa dei costi della politica) una nuova norma che riguarda, appunto, la definizione di ente no profit. Il decreto è poi passato alla Camera e il governo è riuscito così a confermare quegli "sconti" prima bocciati dal Consiglio di Stato.

IL GOVERNO SMENTISCE. "In merito ad un articolo di stampa oggi pubblicato, che imputa al governo un 'blitz alla Camera' per alleggerire l'Imu a carico degli enti non commerciali, si precisa che la ricostruzione dei fatti è del tutto errata e destituita di ogni fondamento. Non c'è stato infatti alcun arretramento rispetto a quanto più volte affermato da parte del governo". E' quanto precisa l'ufficio stampa di palazo Chigi, rispondendo ad un articolo di 'Repubblica'.

La nota di palazzo Chigi precisa che "la norma in questione, come può facilmente essere riscontrato, è contenuta nel comma 6 dell'articolo 9 del decreto sugli enti locali, su cui domani la Camera darà il voto finale, dopo aver votato la fiducia lo scorso 8 novembre".

Si chiarisce pertanto che "la disposizione, in linea con gli orientamenti più volte espressi dal governo e con le richieste dell'Unione europea, non è stata modificata in alcuna parte dall'esecutivo durante l'esame alla Camera. Il testo approvato coincide esattamente con quello già deliberato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 4 ottobre. Tale intervento si era reso necessario a seguito del primo parere del Consiglio di Stato, che individuava un possibile profilo di debolezza nell'assenza di una delega espressa per il regolamento governativo, che risponde in dettaglio e puntualmente ai criteri comunitari".

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