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Giovedì, 25 Aprile 2024
Mercato Lavoro

Mercato del Lavoro, tra gli under 34 bruciati 1 milione di posti di lavoro in 4 anni

E' stato presentato oggi il 'Rapporto sul mercato del lavoro in Italia 2011/2012' dal Cnel

Precariato, disoccupazione giovanile, perdita di competitività da parte del tessuto produttivo italiano, sono tutte cose note e se al problema non sembra associarsi soluzione, l'instabilità regna sovrana. Dal 'Rapporto sul mercato del lavoro' del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) emerge il fatto che le potenzialità dei giovani formati e laureati non vengano sfruttate come si dovrebbe e la macchina Italia sbanda ancora lungo la strada verso la ripresa. Insomma i giovani stentano a trovare lavoro e chi ci riesce è slegato dal suo livello d'istruzione.

"Lo scollamento tra i risultati del sistema formativo e la domanda di lavoro, che va ad incrementare il fenomeno noto come over-education (lavoro a bassa specializzazione svolto da lavoratori con un livello di istruzione medio-alta), finisce spesso per dar luogo ad uno scarso livello di valorizzazione del capitale umano. La tendenza appare evidente per le classi di età giovanile e assume una maggiore intensità tra le giovani laureate le quali, nel 50% dei casi, risultano sotto-inquadrate."

Per i ricercatori del Cnel la questione giovanile è di vitale importanza ed è un tema "estremamente delicato" da cui dipende il futuro del paese. In tutte le statistiche sul mercato del lavoro giovanile siamo indietro rispetto a quasi tutti i paesi europei, tra quelli più grandi solo la Spagna è messa peggio. Inoltre negli ultimi quattro anni sono stati bruciati 1 milione di posti di lavoro per under 34.

Se un lavoratore su quattro fa un lavoro per cui non è qualificato, il dato cardine riguarda quel 35,2% dei lavoratori sotto i 35 anni  impiegati in lavori che richiedono una qualifica più bassa rispetto a quella posseduta, nonostante tra i paesi europei siamo agli ultimi posti per i livelli di laureati e diplomati. Il rischio aumenta se si parla di Sud, dove per i laureati sembra quasi impossibile trovare un lavoro pari al grado d'istruzione.

Poi c'è il dato che allarma più di tutti, il fatidico 'Neet', cioè il capitolo dolente che riguarda quei ragazzi che non hanno un’occupazione e al tempo stesso non sono a scuola o in formazione (“not in employment, education or training”). "La popolazione giovanile italiana si caratterizza, infatti, per una quota dei Neet sensibilmente superiore (24 per cento tra i 15-29enni nel 2011) alla media europea (15.6 per cento). L’incidenza è significativamente più alta rispetto agli altri grandi paesi europei quali la Germania (11 per cento circa), il Regno Unito e la Francia (14.6 per cento entrambi), ed è simile a quella della Spagna, che con il 20.4 per cento si colloca al quint’ultimo posto dell’Unione europea. In Italia si tratta di oltre 2 milioni di persone e il divario con gli altri paesi riflette il minore inserimento dei giovani italiani nell’occupazione e la loro maggiore presenza nella condizione di inattività (piuttosto che di disoccupazione)".

Infine c'è la doppia faccia della cosiddetta 'fuga di cervelli', il brain drain  è citato da un lato come causa, e dall’altro come effetto della perdita di competitività dell’Italia. Anche se i dati sono ritenuti dai ricercatori del Cnel non esaurienti perché molti nel breve termine non dichiarano il cambio di residenza, l'immagine più lucida è un emorragia che si fatica a fermare, sono circa 200.000 all'anno gli italiani che emigrano quasi tutti sotto i 40 anni, laureati e qualificati.

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