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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica Italia

"Più intercettazioni contro la corruzione, la privacy non vale per chi ruba"

Il Magistrato Raffele Cantone, presidente dell'autorità anticorruzione tratteggia il dipinto di un paese che non sa indignarsi davanti alla corruzione, un fenomeno che viene visto come "normale"

"E' normale, lo fanno tutti", la corruzione in Italia è ancora oggi un fenomeno percepito come una illegalità con cui convivere. "Un comodo alibi che abbiamo constatato anche ad Expo dove era considerato normale lavorare per chi aveve condanne passate in giudicato".
Il grido di rabbia è quello di Raffaele Cantone, presidente dell'autorità anticorruzione, che Today ha incontrato nel corso della presentazione del libro del commissario dell'Anac Michele Corradino in cui vengono riportati ampi stralci di intercettazioni riportate in inchieste giudiziari che rivelano giornalmente il livello di assuefazione alla corruzione del Bel Paese dove si assiste anche al dialogo surreale in cui una madre consola il figlio che non riesce ad essere corrotto quanto il padre. Un chiaro intento: "Provocare la rabbia contro chi si arrende".

"Devo essere chiaro - spiega Cantone - non bastano le norme ma occorre un cambio di cultura: è necessario ribaltare l'assunto che senza corruzione non si possa vivere. Non deve essere un alibi. Lo stesso Papa Francesco ha parlato di corruzione come peccato mortale ricordando come un corrotto non ha bisogno di chiedere perdono perchè nasce come un patto che porta benefici anche al corruttore".
"Dobbiamo ribaltare il pensiero comune, l'informazione è essenziale mentre non si contano gli attacchi contro i giornalisti che vengono accusati di sporcare l'immagine del paese. L'informazione è essenziale, e la privacy non vale per chi ruba. La corruzione è legata alla salute di un paese e alla sua economia: più alta è la corruzione meno ricerca si fa e più le persone capaci fuggono all'estero". 

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"Anche in Mafia Capitale la corruzione diventa un reato secondario per gli imputati che invece impostano la loro difesa solo per smarcarsi dal reato di associazione mafiosa. Deve esserci certezza della pena per i corrotti che devono essere esclusi dal sistema. La corruzione va equiparata alla mafia poichè usa strumenti di omertà molto simili. Sarebbe bene il sequestro dei beni frutto da illeciti".

Come nel caso Balducci...
"Il suo il primo caso di sequestro, ma non sempre percorribile secondo la norma. E' il caso dei tre vigili infedeli di Napoli, il cui reato è stato prescritto e sono rimasti al lavoro nonostante le gravi accuse di corruzione. Ancora nelle scuole si assiste all'idea della corruzione come un normale scambio di favori. Dai dati che abbiamo emerge con chiarezza l'importanza di un istituto come quello delle intercettazioni telefoniche: nel 90% dei casi è proprio tramite dei dialoghi intercettati che vengono alla luce episodi di corrutele. E' quanto mai indispensabile ampliare le modalità di accertamento tramite intercettazioni, prevedendo l'uso di questo strumento non per gravi ma anche per sufficenti indizi".

Quali gli strumenti?
"Si è molto parlato dell'istituto della Vedetta Civica sul modello della whistle-blowing anglosassone. La Camera ha approvato le norme che introducono tutele per chi denuncia i colleghi corrotti sperando che servano a superare la reticenza italica a segnalare illeciti, ma il disegno di legge che aumenta della metà i tempi della prescrizione per la corruzione, approvato nel marzo 2015 alla Camera, è impantanato al Senato. C'è anche un problema di cultura come si evince anche dall'uso delle parole: in italiano la traduzione dell'inglese whistleblowing finisce con il ricadere in termini con significato negativo come delatore, spia, pentito, collaboratore di giustizia. Inoltre il Parlamento deve adoperarsi per estendere la tutela anche ai dipenti privati e non come ora ai soli dipendenti pubblici. Senza arrivare al concetto angolosassone della "taglia" e della ricompensa, il concetto che deve passare è quello che chi gira la testa è complice". 

I DATI: ITALIA ULTIMA IN UE PER CORRUZIONE

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In Italia si finisce dietro le sbarre per lo più per fatti legati alla droga. Nel 2014 solo 228 sui 54.252 detenuti era in carcere per sentenze definitive per riciclaggio, insider trading, falso in bilancio, aggiotaggio, fondi neri e corruzione. In Germania il dato è dell’11%, in Spagna del 3,1. I detenuti con alle spalle una sentenza definitiva per corruzione sono 126, per peculato 26, per concussione appena 11. Succede perché, spesso, chi commette un illecito di questo tipo si salva con la prescrizione, una nobile garanzia per l’imputato divenuta una scappatoia che garantisce una sorta di impunità per tutta una serie di reati.  

Detenuti in Italia, 7 mila detenuti per reati contro le P.A.

La classifica annuale di Transparency International sulla percezione dei reati commessi nella pubblica amministrazione pone l'Itlia al 61° posto in compagnia di Senegal e Sud Africa, in Europa solo la Bulgaria fa peggio. Nel 2015 per la prima volta nella storia repubblicana un leader politico è stato riconosciuto colpevole di essersi comprato un senatore per far cadere il governo avversario.


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