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Giovedì, 28 Marzo 2024
POLITICA

Monti si è dimesso, Napolitano scioglie le Camere

Il Professore ci scherza su: "Mesi affascinanti e difficili, ma la fine del governo non è colpa dei Maya". Inizia il percorso verso le elezioni del 24 febbraio: la parola passa a Napolitano

ROMA - L'aveva preannunciato lo scorso 8 dicembre. Ieri ha mantenuto la promessa. Mario Monti si è dimesso. Il presidente del Consiglio è salito al Colle ieri sera, pochi minuti dopo l'approvazione definitiva della legge di stabilità, ultimo atto del governo tecnico, e ha rassegnato le dimissioni formali nelle mani di Napolitano. 

VERSO LE ELEZIONI: LE TAPPE - Oggi il Presidente della Repubblica ha aperto le consultazioni con i presidenti delle Camere e i gruppi parlamentari. Napolitano, su indicazione del ministro dell'Interno, ha già individuato nel 24 febbraio la data più idonea per aprire le urne. Il presidente della Repubblica, dopo aver sentito Renato Schifani e Gianfranco Fini, ai sensi dell'articolo 88 della Costituzione, ha firmato il decreto di scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

"Non esisteva - ha detto Napolitano - alcuno spazio per sviluppi in sede parlamentare" della legislatura, dopo l'annuncio di dimissioni irrevocabili di Monti "il percorso è stato ben presto rigidamente prefissato e non ho avuto ombra da chiarire". "Spero - ha aggiunto - che la campagna elettorale sia condotta con il massimo della misura e con lo spirito competitivo e costruttivo che la situazione esige".

LE REAZIONI - Il Pdl chiede a Monti di rimanere neutrale, auspicando che il governo dei tecnici mantenga, in questo periodo che porterà alle elezioni, il "profilo di terzietà con il quale è nato". Lo hanno detto i capigruppo del Pdl di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, al termine del colloquio con il capo dello Stato nell'ambito delle consultazioni al Quirinale. Durante questa fase di gestione degli affari correnti, il premier, hanno sottolineato, "dovrà mantenere una collocazione al di sopra delle parti". Dal canto suo, il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, ha dichiarato: il Pd ha sostenuto "lealmente e fino all'ultimo giorno della legislatura" il governo del professor Monti che va ringraziato "per aver messo la sua personale credibilità al servizio del Paese" ma ora la parola torna "alla sovranità del popolo" che merita una "seconda fase progressista e riformista".​ E il leader Udc, Pierferdinando Casini, ha detto: "E' chiaro che Monti darebbe una grande autorevolezza alla nostra proposta politica, ma noi rispettiamo le scelte del presidente del Consiglio, qualunque esse siano".

IL PUNTO - MONTI RINUNCIA ALLA CANDIDATURA?

NAPOLITANO FRUSTRATO - La "brusca" accelerazione impressa dalla decisione di Monti, tuttavia, sembra aver frustrato l'auspicio del capo dello Stato per "una costruttiva conclusione della legislatura" che permettesse di "portare avanti la concreta attuazione degli indirizzi e dei provvedimenti definiti dal governo e sottoposti al Parlamento". Difatti nello sprint finale dei lavori è stato sacrificato anche quel disegno di legge sulle pene alternative al carcere che Napolitano aveva sollecitato. Il Presidente ha manifestato tutto il suo "rammarico" e la sua preoccupazione per questa "interruzione in extremis della legislatura", nel discorso di auguri alle alte cariche dello Stato. Un discorso nel quale il capo dello Stato ha anche ammonito le forze politiche a non "bruciare" quel patrimonio di credibilità recuperata a livello internazionale e del quale si è sempre fatto garante in questi mesi.

RESTA QUESTA LEGGE ELETTORALE - Al Quirinale resterà anche l'amarezza per la mancata riforma della legge elettorale per la quale l'inquilino del Colle si è speso con grande energia e sul quale ha lanciato invano ripetuti messaggi ai partiti mettendoli in guardia dal rischio dell'antipolitica alimentata anche da meccanismi elettorali poco rappresentativi. Pur sottolineando la "fecondità" dell'esperienza del governo Monti, quel governo tecnico o 'del presidente' che ha seguito in ogni suo passo, tanti sono rimasti i fronti sui quali, secondo il capo dello Stato, il Parlamento ha mancato e sul quale dovrà impegnarsi nei prossimi cinque anni.

IL RUOLO CHIAVE DI NAPOLITANO - Lo scioglimento anticipato, anche se di poche settimane, ha anche rimesso in gioco Napolitano per la formazione del nuovo governo. Il suo mandato scadrà soltanto a maggio, perciò spetterà a lui, a metà marzo, quando le Camere saranno formate, avviare le consultazioni e nominare il presidente del Consiglio. Il Presidente ha ribadito a questo proposito che l'esperienza del governo tecnico è superata: "Si sta per tornare a una naturale riassunzione da parte delle forze politiche del proprio ruolo", perciò il prossimo esecutivo sarà scelto in base al consenso elettorale che i partiti riceveranno.

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