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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Le sconfitte di Livorno e Perugia sono la vittoria di Renzi

La ciliegina sulla torta delle elezioni 2014 per il centrosinistra arriva con una sconfitta: la débâcle delle rossa Livorno. Sommata alla sconfitta di Perugia e alla vittoria di Pavia, è il segno della rottamazione che si è compiuta

Perdere la città in cui nacque il Partito comunista italiano e poter gridare alla vittoria. Possibile? Sì, se si è Matteo Renzi. Sì, se si è il partito di Matteo Renzi. Perché nel giorno della sconfitta nella città più rossa d'Italia e del crollo nella quasi altrettanto rossa Perugia, si è vinto in quel di Pavia. Quella Pavia dove sindaco uscente era Alessandro Cattaneo, con Fitto "il Renzi" del centrodestra, quel volto nuovo che è stato più volte accostato al post Berlusconi. E poco importa se si è perso nella Padova di Zanonato. Queste sono e resteranno in ogni caso le elezioni di Matteo Renzi.

La rottamazione, in fondo, passa anche da qui: dal dimenticarsi chi si era per raggiungere l'obiettivo di diventare ciò che si spera. Una forza politica europea ed europeista, in fondo, non ha bisogno dei nostalgici di falce e martello. Piuttosto, ha bisogno dei voti di chi metteva la croce sullo scudo, crociato. 

Queste elezioni, per chi si appassiona alla scienza politica, passeranno alla storia come quelle del principio per cui, in Italia, vince la sinistra che si dice meno a sinistra. Tradotto: non si possono conquistare Pavia e Bergamo senza perdersi per la strada Livorno e Perugia. La gente di sinistra è così: dura, convinta dei propri ideali, restia alla trattativa politica. Ebbene, chi negli anni ha provato a rappresentare questi sentimenti è sempre stato, più o meno, minoritario. Ma alla fine arriva Renzi e la storia cambia.

Prima la scalata dei media nazionali da "semplice" sindaco. Poi la presa del Pd. Infine la salita a Palazzo Chigi. Il tutto, con sempre maggior consenso di quegli elettori moderati che si sono lasciati alle spalle Berlusconi, non si sono fatti convincere da Grillo, volevano un partito di sinistra inteso in maniera europea o, più semplicemente, volevano finalmente poter governare. Renzi ha incarnato tutti questi sentimenti in un candidato solo. Da qui, l'esito elettorale di questa primavera sempre più calda.

E no, non è esagerato parlare di trionfo renziano: il rottamatore ha vinto laddove ha provato a rottamare. E ci è riuscito. Laddove non c'era niente da rottamare perché la gente non chiedeva rottamazione ma conferma dei propri ideali, ha perso. E, a Renzi, siamo certi che questi risultati importino poco o niente. Troppo forte il "gusto", per dirla alla toscana, di poter contare su oltre 11 milioni di voti che nemmeno insieme Berlusconi e Grillo riescono a raggiungere. Troppo buono il sapore di una serie di ciliegine quali il doppio plebiscito in Piemonte e Abruzzo e le stra-vittorie di Firenze e Prato, culla della rottamazione. Renzi ha vinto dove ha puntato tutto. E ha vinto quasi tutto. Piaccia o non piaccia, è la nuova sinistra italiana.

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