Decreto lavoro, sì della Camera alla fiducia
Il Jobs Act spacca la maggioranza, ma c'è la fiducia alla Camera. Ncd non molla: "Sì a Montecitorio, battaglia al Senato". Brunetta chiude l'esperienza Renzi: "Corre solo per andare a sbattere. Il suo governo non ha più la maggioranza
ROMA - La Camera ha votato la fiducia al governo sul decreto lavoro con 344 sì. I no sono stati 184. Il testo passa ora al Senato dove il Nuovo Centrodestra ha promesso battaglia sulle modifiche al provvedimento introdotte in Commissione. Il dl deve essere convertito in legge dal Parlamento entro il 20 maggio.
Il vertice di ieri sera tra i partiti che sostengono l'esecutivo si era chiuso con un nulla di fatto: nessun accordo tra Pd e Nuovo Centrodestra sul dl. Anche se alla Ncd e Scelta Civica alla fine hanno votato sì. Il voto di fiducia, tuttavia, è il segnale evidente che la maggioranza non è più coesa e unita come agli inizi. Gli alfaniani hanno annunciato battaglia in Senato. Lo stesso faranno i montiani. I forzisti, invece, hanno già emesso la loro sentenza per bocca del capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta: "Questo governo non ha più la maggioranza e i numeri per governare. Altro che treno veloce, corre solo per andare a sbattere".
Il premier, al netto delle fibrillazioni, prova a guardare avanti. Le polemiche dentro la maggioranza sono "tipiche di un momento in cui si fa campagna elettorale, ma con rispetto della campagna elettorale noi vogliamo governare. Sui dettagli - ha avvisato Renzi - discutiamo ma alla fine si chiuda l'accordo perché non è accettabile non affrontare il dramma della disoccupazione".
A mettere in crisi i rapporti interni alla maggioranza sono la riduzione delle proroghe consentite per i contratti a tempo in 36 mesi, che passano da 8 a 5, e l’obbligo per le imprese con oltre 30 dipendenti di assumere il 20% degli apprendisti. Gli altri emendamenti nel mirino del Nuovo Centrodestra riguardano la conferma e l’ampliamento del diritto di precedenza per i lavoratori e lavoratrici in maternità con contratto a termine nelle future assunzioni a tempo indeterminato con la stessa mansione. Per quanto riguarda l’apprendistato, viene ripristinata una quota di formazione pubblica.
Sullo stesso terreno di Renzi ha provato a giocare il "padre" della riforma, Giuliano Poletti. "I punti di discussione sono noti ed Ncd ha dichiarato le proprie posizioni. Penso - ha ammonito il ministro del Lavoro - che nessuno possa prendersi la responsabilità di mettere a rischio la conversione del decreto lavoro, che è troppo importante per le imprese". "Anche la discussione di oggi ha evidenziato come le distanze sul merito ci sono, ma sono limitate" ha chiarito Poletti. Che poi si è detto "convinto dell'assoluta necessità di un'approvazione urgente del provvedimento di conversione del decreto lavoro".