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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Taranto

Taranto, Ilva sequestrata e dirigenti arrestati: disastro ambientale

La procura ha deciso per il sequestro della fabbrica. In risposta, oltre 7mila operai si sono riversati in strada per protestare contro il fermo della produzione. E a Roma decine di cittadini chiedono la chiusura del sito industriale: "Non vogliamo morire a norma di legge"

L'Ilva di Taranto è sotto sequestro.Il gip Patrizia Todisco ha firmato il provvedimento. L'area a caldo dello stabilimento è stata chiusa.

La procura ha inoltre deciso per l'arresto ai domiciliari del patron Emilia Riva, presidente Ilva Spa fino al maggio del 2010, del figlio Nicola Riva, che gli è succeduto nella carica, dell'ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, del dirigente capo dell'area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, del responsabile dell'area agglomerato, Angelo Cavallo.

In risposta, circa 7 mila operai sono usciti dalla fabbrica e hanno iniziato a manifestare il proprio disappunto sulle statali Appia e 106 mobilitati dai sindacati di categoria, Fim, Fiom e Uilm.

Operai Ilva in corteo


CITTADINI CONTRO OPERAI - Nella Taranto che, come denunciano i comitati ambientalisti, "sta morendo a causa dell'inquinamento dell'Ilva", accade anche questo. Che i cittadini siano tra Roma e Taranto in piazza per chiudere la fabbrica dei veleni mentri i lavoratori-cittadini dell'Ilva sono in quel limbo tra chi rischia di perdere il lavoro e chi vive respirando le polveri della fabbrica.

E' il ricatto del lavoro in tempo di crisi. "Un ricatto che stanno giocando benissimo i vertici dell'azienda in accordo con i sindacati" denunciano i comitati che sono in protesta a Roma fuori dal ministero dell'Ambiente.

Le immagini dell'Ilva di Taranto



CLINI - Il provvedimento di sequestro è quindi arrivato nonostante l'estremo appello del ministro all'Ambiente, Corrado Clini, che dalle pagine del Sole 24 Ore aveva spiegato come secondo il Governo "l'Ilva di Taranto non va fermata. Il giudizio sui rischi connessi ai processi industriali dello stabilimento va attualizzato. Oggi si può dire che l'Ilva è uno stabilimento in cui è in atto un processo di trasformazione della produzione per renderla adeguata agli obiettivi nazionali e alle direttive europee: il giudizio deve tenere conto del lavoro fatto fino ad oggi e perciò della possibilità concreta che esiste di completare il percorso iniziato per rendere l'impianto sostenibile".

Per questo, secondo Clini, "non dobbiamo incorrere nell'errore delle sovrapposizioni temporali. La situazione dell'Ilva di 10-15 anni fa era molto diversa da quella attuale, caratterizzata da processi industriali che per effetto delle normative ambientali e delle prescrizioni che l'azienda ha ricevuto sono stati modificati in modo significativo. Se il giudizio sull'Ilva fa riferimento a un arco di tempo di 10, 15 anni allora è una situazione diversa, ma io non ritengo che si debba bloccare lo stabilimento per effetto dei processi industriali di 10, 15 anni fa. Allora c'erano delle problematiche che adesso non ci sono più".

ACCORDO FIRMATO -  "Abbiamo firmato il protocollo di intesa per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto. Domani mattina raccoglieremo la firma del ministro dello Sviluppo economico e della coesione territoriale". Così il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, al termine della riunione con l'istituzioni e i sindacati che si è svolto oggi nella sede del dicastero a Roma. Il protocollo d'intesa "indentifica in maniera puntuale gli interventi che verranno realizzati e sono stati stanziati 336 milioni di euro".

L'attuazione, spiega Clini, "è affidata alla cabina di regia presso la regione Puglia e avrà il supporto dei ministeri dell'autorità locali". L'intenzione del governo e dei sottoscrittori" è di sostenere le attività produttive e portuali dello stabilimento e il protocollo è una garanzia di impegno comune in questa direzione".

Data l'enorme rilevanza sotto il profilo occupazionale dello stabilimento "chiederò che il riesame del provvedimento avvenga con la massima priorità e che avvenga entro giorni - aggiunge il ministro dell'Ambiente- perchè può avere effetti sociali e di incertezza economica molto pericolosi. Noi auspichiamo che l'azienda continui a stare a Taranto e che si possa proseguire con il risanamento e la riqualificazione che è già in corso. Il protocollo e la firma non sono una risposta alla magistratura alla quale chiediamo tempi rapidissimi in modo che non interferisca con i lavori di riqualificazione", conclude Clini.

MAGISTRATURA - Vivono praticamente sotto scorta da alcuni giorni i magistrati che da anni si occupano di veleni dell'Ilva. E fonti a loro vicine raccontano del loro disappunto nel passare come coloro che stanno chiudendo la principale fonte di reddito della città: "Sono ben cinque le lettere che abbiamo scritto negli ultimi anni senza mai avere risposta" lo sfogo del procuratore di Taranto, Franco Sebastio. L'ultima lettera, in ordine di tempo, è stata inviata alla Regione Puglia e, come riporta Repubblica, diceva così: "Dal contenuto della relazione tecnica depositata si desumono elementi conoscitivi tali da destare particolare allarme. Gli elementi fin qui accertati possono e debbono essere valutati dagli enti diretti destinatari di questa comunicazione, i quali sono titolari di specifici 'poteri-doveri' di intervento in materia di intervento (...) c'è da tutelare il diritto alla salute e quindi alla vita, unico di tali diritti che, oltre ad essere assoluto e valido erga omnes, non tollera alcun contemperamento ".

CITTADINI CONTRO L'ILVA - 'Taranto vuole giustizia', 'Taranto ribellati', 'Moriremo a norma di legge'. Sono alcuni degli striscioni di protesta presenti fuori dal ministero dell'Ambiente, a Roma, mentre è in corso la riunione tra governo, imprese ed enti locali per decidere le sorti dell'Ilva di Taranto. Al centro del tavolo la bonifica della più grande acciaieria d'Europa, che ha una ricaduta occupazionale di circa 12.000 unità, per salvarla dal sequestro giudiziario.

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Gli impianti dell'Ilva "sono obsoleti di 50 anni e ci chiediamo perchè in uno stabilimento privatizzato intervenga lo Stato" denunciano i cittadini. Intanto, "l'impianto Urea che dovrebbe fermare la diossina è fermo da 8 mesi e hanno dovuto mettere in funzione degli elettrofiltri, con il risultato che la diossina non è stata abbattuta" spiegano, anche perché "gli altoforni sono aumentati da 3 a 5 e a questo punto c'è la chiara volontà di bruciare rottami, forse radioattivi e carbone coke", altrimenti "non si spiegherebbe perché un imprenditore continua a stare su questo territorio". E la domanda ultima che si pone l'esponente del comitato "Mille per Taranto" é la seguente: "L'Ilva è un inceneritore o una fabbrica?".

PD CONTRO RIVA - "La chiusura dell'Ilva di Taranto è un fatto che non può non suscitare grande preoccupazione e allarme. La responsabilità di quanto accade oggi ha nome e cognome, ricade interamente sulla famiglia Riva che ha guidato la società negli ultimi anni, costringendo la città di Taranto a dibattersi tra dramma ambientale e dramma sociale. Sarebbe inammissibile ora vanificare il percorso per mettere a norma gli impianti e produrre nel rispetto di ambiente e salute, pur partito in ritardo, e nel contempo gettare Taranto in una crisi pesantissima". Lo dichiarano i senatori ecodem del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che continuano: "La lettura della vicenda Ilva è stata per troppo tempo distorta dall'operato in malafede di Riva: scegliere tra la salute e la disoccupazione, per continuare a fare profitti sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini". "Chiudere l'Ilva ora che il risanamento è cominciato sarebbe un errore imperdonabile, e porterebbe la città in un tunnel senza uscita. Si lavori dunque a creare in tempi rapidi le condizioni per il dissequestro della fabbrica, e si perseguano i responsabili di un inquinamento ambientale che rappresenta una delle pagine piu' vergognose della storia dell'industria italiana", concludono i senatori del Pd.

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