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Sabato, 20 Aprile 2024
Legge elettorale

Italicum, l'ultima chance di Silvio per prendersi l'Italia

Ha vinto Matteo Renzi. Ha vinto Silvio Berlusconi. E, udite udite, ha vinto la Lega Nord. Nell'Italicum c'è tutto questo ... e molto di più: il tentativo finale del Cavaliere di poter fare ancora la voce grossa nell'agenda politica del Paese

‘Chiama che ti richiama’ alla fine Renzi e Berlusconi hanno trovato al telefono un secondo accordo sull’Italicum. Quello che dovrebbe spegnere parte delle polemiche, o almeno quelle più ‘fastidiose’. Nel giro di una decina di giorni l’Italicum ha fatto il salto di qualità, è passato alla versione 2.0. Si è ringiovanito con una velocità sconosciuta anche all’industria tecnologica giapponese.

Una mutazione in cifre e numeri, non nella filosofia dell’impianto (che resta un sistema proporzionale, con soglie di sbarramento, premio di maggioranza, doppio turno, circoscrizioni provinciali, liste corte e bloccate).

Come in ogni contrattazione serrata che si rispetti si è andati per concessioni e paletti. Ad ognuno il rospo da ingollare. Così Renzi ha spinto per innalzare la soglia di accesso al premio di maggioranza: dal 35% della prima stesura al 37%. La ‘mozione’ Bindi parlava del 38%, il segretario ha portato a casa due punti su tre. E forse, abbassando il premio di maggioranza al 15%, con il vincolo massimo del 55% dei seggi (da 327 al 52% a 340 eletti al 55% su un totale di 617 seggi), si salverà dai dubbi di incostituzionalità. Su questo punto, forte anche delle pressioni di Alfano, Renzi ha portato a casa il risultato pieno, non pienissimo.

Il sindaco ha annunciato la lieta notizia su Twitter: “Bene così. Adesso sotto con il Senato, le Province, il titolo V. E soprattutto con il Jobs act. Dai che questa è la volta buona”. Poi, su Facebook: “Mai più larghe intese grazie al ballottaggio, mai più potere di ricatto dei piccoli partiti, mai più inciuci alle spalle degli elettori, mai più mega circoscrizioni”. Mai più un sacco di cose per via di una legge, come se la legge venisse prima degli uomini e della cultura delle larghe intese, o dei ribaltoni. Come se ci fossimo scordati dei numeri della maggioranza dell’ultimo governo Berlusconi, talmente ampia da sembrare due. E alla fine si è spezzata in due.

Tuttavia qui, sul premio al 37%, Silvio ha ingollato il suo di rospo. Dall’altra parte, c’è da dire, che il Cav non avrebbe cominciato a masticare senza la contropartita: il decreto ‘ salva Lega’. I partiti che ottengono il 9% in almeno tre regioni, a patto che le loro liste non siano presenti in più di sette regioni, rientrano comunque in Parlamento anche senza il 4,5% a livello nazionale. La norma, come è stato nel ‘porcellum’, calza a pennello del Carroccio che beneficerà della logica da riserva indiana. Una logica abbastanza illogica visto i trascorsi: qui non stiamo parlando del Südtiroler Volkspartei ma di una formazione politica che dal ’94 in poi è stata tre volte (più i rimpasti) al governo con Berlusconi.

IL PIANO DI SILVIO – Il premio di maggioranza a te, la Lega Nord a me. Sì perché Silvio ha in testa un piano e ha bisogno di tutte le truppe arruolabili. Il progetto ancora non ha un nome. Anche perché c’è un governo in carica e la legislatura potrebbe ‘tirare il collo’ non prima di un anno e mezzo (a patto che si mettano in moto le riforme, altrimenti il voto in primavera sarà inevitabile: abolizione del Senato, quindi repubblica monocamerale; rivisitazione del titolo V della Costituzione). Detto questo la strategia oramai appare all’insegna di un comodo imbuto. Comodo per Berlusconi.

Si tratta di una nuova arca del centro-destra, in stile Casa della Libertà, in cui ci sarebbe un faro, quello di Forza Italia, contornato da una serie di satelliti. Più grandi e più piccoli: Ncd di Alfano (che con Scelta Civica ha ottenuto la riduzione della soglia di sbarramento e i collegi plurinominali), la Lega, Fratelli d’Italia che si è ripreso lo scettro di An e forse l’esperimento di Storace. Oddio, non è detto che tutti saliranno sul treno parlamentare, per alcuni il 4,5% rimane lontano. Ma quelle crocette, senza volti e seggi, secondo l’impianto dell’Italicum rimarranno nei numeri, visto che concorreranno al raggiungimento del premio redistribuendo voti agli altri partiti della coalizione (e pace se il ministro per le Riforme, Quagliariello, ha parlato di ‘Vampirellum’ “con i partiti più forti che succhiano i voti di quelli più piccoli”).

Una coalizione targata Berlusconi, bella larga. Non vincente, visto che alla squadra mancherebbe comunque un finalizzatore. Con le inchieste che continueranno a bussare alla porta del Cav (l’ultimo, il Ruby Ter), Berlusconi, nei fatti, rimarrà interdetto ad esercitare la pratica istituzionale.

E tuttavia non la politica. Da qui, la speranza di un ultimo colpo di coda in grande stile. L’accordo con Renzi, Renzi stesso, e prima ancora l’esperienza Grillo, hanno dimostrato che per star nelle stanze dei bottoni si può anche restare fuori dal Parlamento. Gli italiani poi dovranno misurarsi con la forza straripante di ‘Silvio’ intento a fare del bene ai servizi sociali (ad aprile la sentenza). Immagine, perché non mancheranno retorica e telecamere, da affiancare ad un altro cambio d’abito: quella del Sunday Times da “nonno della Patria”, in prima linea contro il taglio delle pensioni, con il volto stanco, le rughe. L’ultima evoluzione, lo stadio finale senza cerone: il mostrarsi.

Ci sarebbe la coalizione e l’azione caritatevole del Capo fatto vecchio. Cosa manca? Un candidato. Un bel problema visto l’aria da ‘deserto dei tartari’ che si respira da quelle parti. Ecco, da qui in poi, Berlusconi sarà costretto a fare i conti con la sua stessa anomalia: quel partito persona che ha seccato l’area moderata italiana. Preso parte del capitale della Dc e dei socialisti ha messo in piedi un’era geologica della politica, e nessuno si ricorderà un provvedimento, una legge, un ddl (fatto salvo per le norme ad personam). Ci ricorderemo di Berlusconi, non di quel che ha fatto Berlusconi. Questa è la magia, questo è il grande ‘inganno’.

Una mangiatoia ricchissima, dove tutti si sono sfamati, senza però metter su radici. O eredi. A meno che, a proposito di eredi, il piano conquista Italia non si completerà con la più ciliegina sulla torta più chiacchierata: la scesa in campo di Marina Berlusconi. Notizia da effetto sismografo, più volte smentita, anche con decisione, dalla diretta interessata. Che semmai alla fine non farà il grande salto ma che, nella logica della politica leaderistica che ha soppiantato le dinamiche partitiche, rappresenta l’unica carta spendibile per l’ultima vittoria del padre sull’Italia.

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