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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Fuori dalla crisi ma a che prezzo: l'Italia al voto sfiducia la politica

Sale il debito pubblico, crolla la fiducia nei partiti. Le ferite aperte di una legislatura che non ha saputo riformare il Belpaese nonostante tre governi e due presidenti della Repubblica

Tre governi, due presidenti della Repubblica, la diciassettesima legislatura va in archivio. In attesa del decreto che indirà le elezioni per convocare gli italiani alle urne, si apre il tempo di bilanci.

Dal 2013 l'Italia, complice la favorevole congiuntura internazionale, è timidamente uscita dalla crisi. Correva l'anno 2008 quando la recessione investiva il Belpaese, poi venne il tempo in cui gli italiani hanno dovuto imparare cosa fosse lo spread e i crediti deteriorati mentre la crisi delle banche tagliava l'ossigeno alle imprese. In tanti hanno chiuso ma ora l'economia tira un sospiro di solievo.

La crisi è costata però un debito pubblico stellare e il crollo della fiducia nella politica. Restano così le ferite aperte di una legislatura che si è dovuta confrontare con l'emergenza migranti che solo nell'ultimo anno ha trovato una seppur temporanea stabilizzazione.

Che cosa è stato fatto

Dalle elezioni del 2013 non emerge un vincitore netto: nel nuovo Parlamento regna l'instabilità ma come richiesto dall'allora presidente Napolitano, la legislatura ha come primo compito l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. La bocciatura delle candidature di Franco Marini e Romano Prodi, spingono alle dimissioni il segretario del Pd Pier Luigi Bersani: per la prima volta nella storia della Repubblica Napolitano viene riconfermato al Quirinale: il 'bis' durerà solo due anni e avviene a condizione di effettuare quelle riforme tanto attese ma che gli italiani bocceranno nel referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.

"Fatto il Presidente" la XVII legislatura inizia con il primo governo di coalizione: a palazzo Chigi arriva Enrico Letta ma ci rimarrà meno di un anno, dal 30 aprile 2013 al 21 febbraio 2014 quando dopo l'uscita di Forza Italia dalla maggioranza e il famoso tweet "Letta stai sereno" Matteo Renzi termina la fase di rottamazione del Partito Democratico per dar vita al suo Governo. Il resto è storia recente: la bocciatura del Referendum della Riforma approvata a colpi di fiducia dal Governo Renzi porta al passaggio di campanella del presidenza del consiglio dei ministri che passa nelle mani di Paolo Gentiloni. E' il 12 dicembre 2016, dopo 3 anni e mezzo di legislatura buttati per riformare la Repubblica il Senato è ancora in piedi e con esso tanti retaggi della Prima repubblica.

In Parlamento infatti riparte la girandola delle casacche: sarà un record in pieno stile "trasformismo". Cambiano gruppo ben 540 onorevoli, più di un terzo degli eletti: deputati e senatori sono stati in costante movimento per l'esplosione delle principali liste elettorali che hanno partecipato alle ultime elezioni politiche: Partito democratico, Movimento 5 stelle, Popolo delle libertà e Scelta civica per l'Italia. Di questi solo due simboli si ritroveranno nelle nuove schede elettorali ma anche per Pd e M5s la legislatura non è stata priva di rivoluzioni.

Infatti se la coalizione di centrodestra è frantumata in almeno sei liste capeggiate da Forza Italia e Lega, il Partito Democratico ha vissuto la scissione della sua ala più sinistra, con la nascita di Mdp ora confluita nella lista unitaria "Liberi e Uguali" con Sinistra italiana e Possibile.

Il Movimento 5 stelle, unico partito che non ha avuto delle vere e proprie scissioni interne, ha invece subito un costante flusso in uscita, con il risultato che si presenta a fine legislatura con 21 deputati e 19 senatori in meno rispetto agli eletti nel 2013.

... e cosa è mancato

Nel corso della legislatura è emerso sempre più il potere del Governo sul Parlamento: oltre alla conversione dei decreti legge del governo (il 21% delle leggi approvate), il 40% delle leggi approvate è costituito da ratifiche di trattati internazionali. All'iniziativa parlamentare si deve invece solo il 22,16% delle leggi approvate (78 testi).

Un atto di forza di un esecutivo che facendo ricorso sempre più spesso della "questione di fiducia" per approvare le leggi, è stato messo all'indice da alcuni costituzionalisti per il mancato rispetto dei dettami della carta costituzionale. Circa il 30% delle leggi approvate durante la diciassettesima legislatura ha richiesto almeno un voto di fiducia.

Una prassi resasi necessaria poiché i numeri a sostegno dei tre diversi governi non sono mai stati quelli di una maggioranza solida, specialmente al Senato.

Di fatto solamente Si-Sel-Pos, Fratelli d'Italia, Lega nord e Movimento 5 stelle hanno votato nella maggior parte delle occasioni contro le leggi proposte in aula, formando una vera e propria opposizione politica. Dal 2013 intanto l'Italia è cambiata: il lavoratori non sono più protetti dall'articolo 18 ma hanno una legge che dovrebbe stimolare le assunzioni. Tuttavia come certifica il Censis sono aumentati i posti di lavoro, ma in particolare quelli a tempo determinato, mentre in questi 5 anni sono calati gli occupati maschi laureati mentre aumentano le donne al lavoro.

Ma se vi sono sgravi fiscali per chi assume, poco si è fatto per ridurre il cuneo fiscale. La pressione fiscale è diminuita ma meno di un punto percentuale (dal 43,6% al 42,7%). Nel campo della sicurezza i delitti sono scesi di quasi mezzo milione in cinque anni mentre la percezione non è andata di pari passo complice l'emergenza migranti che ha caratterizzato gli ultimi anni, visto che il numero di quelli presenti nei centri di accoglienza è decuplicato.

Sul campo dei diritti civili il paese ha visto la legalizzazione delle coppie di fatto, ma non l'estensione della cittadinanza ai figli degli immigrati.

Mattarella, ora chiuderà una legislatura che è rimasta orfana del suo primo obiettivo, la riforma costituzionale, mentre gli italiani si troveranno alle urne con una legge elettorale riformata in corsa, che riporta il Paese all'epoca della prima repubblica: dopo anni di bipolarismo o tripartitismo si ritorna al lenzuolone elettorale, quello delle liste e delle coalizioni. "I partiti sono morti, lunga vita ai partiti" direbbe qualcheduno.

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