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Giovedì, 28 Marzo 2024
VERSO LE ELEZIONI

Troppi morti sul lavoro: "Portare in campagna elettorale il tema della sicurezza"

I numeri sono quelli di una strage: nel 2012 sono morte 622 persone e si sono registrati 750mila infortuni. Per questo in una nota l'Anmil chiede ai candidati "impegni chiari nella lotta per difendere la salute dei lavoratori.

E' un vero e proprio appello al futuro premier quello che Franco Bettoni, presidente dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro che conta oltre 450 mila iscritti, ha rivolto sul tema della sicurezza sui luoghi del lavoro.

Perché anche i numeri del 2012 sono quelli di una vera e propria strage: stando ai dati forniti dall'Osservatorio indipendente Morti sul Lavoro sono infatti 622 i lavoratori che hanno perso la vita tra il 1° gennaio e il 31 dicembre dello scorso anno.

"Un vero e proprio bollettino di guerra" le cui vittime salgono addirittura a 1180 unità se si considerano i morti "in itinere", ovvero coloro che sono deceduti a seguito di incidenti verificatisi mentre si recavano a lavoro.

E anche se l'Inail, nel suo bilancio annuale, ha parlato di una diminuzione del 4% di morti rispetto al 2011, si può affermare che "l'escalation di morte non si ferma" visto che quella percentuale "è irrisoria se si pensa a quante persone, rispetto a un anno fa, sono in mobilità o in cassa integrazione".

L'APPELLO DI BETTONI. "Rivolgiamo ai candidati premier un forte appello affinché nei rispettivi programmi di governo prevedano impegni chiari e determinati nelle politiche sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e per la tutela delle vittime di infortuni, rispetto ai gravi problemi ancora sul tappeto".

Bettoni snocciola poi alcuni esempi di cosa non funziona nel sistema normativo italiano:  "A quattro anni dalla entrata in vigore del Testo Unico per la sicurezza sul lavoro non è stata ancora completata l’emanazione dei provvedimenti di secondo livello di attuazione; resta assolutamente insoddisfacente il coordinamento delle attività ispettive e di vigilanza sul territorio nazionale per la carenza di personale e per l’applicazione disomogenea della normativa di riferimento; restano ancora da prevedere norme di tutela specifiche per alcuni settori molto importanti, come ad esempio i trasporti, per i quali rimangono in vigore discipline ormai troppo vecchie a fronte di un tasso di infortuni molto alto; restano ancora elevati il lavoro nero, gli infortuni e le malattie professionali nell’agricoltura; mentre l’inadeguatezza della normativa sull’assicurazione delle vittime del lavoro, regolata ancora da Testo Unico infortuni del 1965 ormai è obsoleta in quanto non tiene conto dei cambiamenti sociali intervenuti in quasi cinquant’anni”.

E' proprio “su questi temi – conclude Bettoni – che misureremo, e con noi i 450mila iscritti all'Associazione, le forze politiche che concorreranno per il governo del Paese, pronti come sempre a collaborare con coloro che vogliono condividere il nostro impegno ma fermi e ostinati a lottare per vedere più garantiti i nostri diritti”.

EMERGENZA ITALIA. Con questi dati l’Italia rimane il primo paese in Europa per numero di morti sul lavoro: “È intollerabile – si legge in una nota stampa dell’Osservatorio indipendente bolognese – che un paese come il nostro che ha 60 milioni di abitanti conti il triplo dei morti sui luoghi di lavoro della Germania che ha venti milioni di abitanti in più ed è una nazione più industrializzata della nostra”.

INCIDENTI PER REGIONE. Nella classifica delle regioni italiane dove si muore di più vi è la Lombardia, con 80 decessi nel 2012. A seguire l’Emilia Romagna conta 64 morti, poi  è la volta della Sicilia con 44 lavoratori, subito dopo il Piemonte e la Campania rispettivamente con 43 e 42 decessi. E poi ancora Veneto (41), Toscana (38 morti), Lazio e Puglia (28), Abruzzo (27), Calabria (24), Trentino Alto Adige (21), Liguria (20), Sardegna (15), Friuli Venezia Giulia (14), Marche e Umbria (13), Basilicata (7), Molise (4), Valle D’Aosta (2).

INCIDENTI PER COMPARTO. Il 33,3% delle vittime sul totale sono nel comparto agricolo, il 29% nel settore edilizio e l'11,4% nell'industria.

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