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Martedì, 23 Aprile 2024
IL CASO

Porcellum bocciato: "Legge elettorale incostituzionale"

La Consulta ha bocciato la "norma-porcata" ideata dal leghista Calderoli: dichiarati illegittimi il premio di maggioranza e la mancanza delle preferenze nella scheda elettorale

ROMA - Il verdetto tanto atteso è arrivato: i giudici costituzionali hanno deciso per l'incostituzionalità della legge elettorale, la norma ideata dal leghista Roberto Calderoli e definita da lui stesso una "porcata". La Consulta ha infatti bocciato il Porcellum in tutti e due i punti sottoposti al vaglio di costituzionalità: ovvero il premio di maggioranza e la mancanza delle preferenze.

La decisione consiste nel cancellare il premio di maggioranza, considerato "abnorme", e nell'inserire una preferenza simbolica laddove la legge non le prevedeva. E' stato accolto, dunque, il ricorso presentato da alcuni cittadini.

ORA UNA NUOVA LEGGE - Le motivazioni vere e proprie del pronunciamento della Corte "saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici". "Resta fermo - afferma comunque la Consulta - che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali". "La Corte costituzionale - si legge ancora nella nota - ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l'assegnazione di un premio di maggioranza (sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica) alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione. La Corte ha altresì dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali 'bloccate', nella parte in cui non consentono all'elettore di esprimere una preferenza".

LA VICENDA GIUDIZIARIA - L’approdo in Consulta della legge elettorale – i quesiti per abrogarla erano stati bocciati nel 2012 – ha alle spalle una vicenda giudiziaria di ricorsi e bocciature, alla cui base c’è la testardaggine di un avvocato 79enne, Aldo Bozzi. Nel novembre 2009, in qualità di cittadino elettore, il legale aveva citato in giudizio la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno davanti al Tribunale di Milano, sostenendo che nelle elezioni politiche svoltesi dopo l’entrata in vigore della legge 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e nello specifico nelle elezioni del 2006 e del 2008, il suo diritto di voto era stato leso, perché non si era svolto secondo le modalità fissate alla Costituzione – ossia voto “personale ed eguale, libero e segreto (art. 48) e “a suffragio universale e diretto”.

GLI ASPETTI CONTESTATI - Liste bloccate, premio di maggioranza senza soglia minima, inserimento nella lista elettorale del nome del capo di ciascuna lista o coalizione, gli aspetti contestati. Il primo, per garantire l’espressione del voto personale e diretto deve essere data all’elettore, secondo Bozzi, la possibilità di esprimere la propria preferenza a singoli candidati. La seconda, perché attribuisce un premio di maggioranza senza agganciarlo a un numero minimo di voti, e in questo modo violerebbe il principio di uguaglianza del voto. La terza, perché l’indicazione sulla scheda del capo del partito o coalizione, possibile futuro premier, limiterebbe l’autonomia del Capo dello Stato nella scelta del presidente del Consiglio.

COSA SUCCEDE ORA - La sentenza avrà efficacia dopo la pubblicazione. Questa decisione allontana di fatto l’ipotesi di un ritorno alle urne in tempi brevi e costringe i partiti a riscrivere la legge elettorale. Il governo, ha annunciato il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, se il Parlamento non dovesse riuscire a varare la nuova legge elettorale "interverrà, non per decreto, ma in un altro modo. Lo deve fare perché questo governo tra i suoi punti programmatici aveva e ha la riforma delle istituzioni". Una riforma della legge elettorale è infatti tra i punti programmatici che Letta intende portare in aula mercoledì prossimo in sede di verifica e sulla quale sta cercando di giungere a un’intesa tra le forze di maggioranza. Ma non solo. Proprio ieri il premier ha rivolto un appello alle forze politiche non di maggioranza, ma soprattutto a Forza Italia perché distingua tra l’appoggio al governo e la partecipazione attiva al percorso riformatore: "Ci sono tutti gli spazi per discutere", ha detto Letta, "ma il danno del non fare le riforme non viene contro uno o a vantaggio di un altro".

LE REAZIONI - Le reazioni dei partiti sono immediate. "La Consulta boccia il Porcellum, mi auguro che ora a qualcuno non venga in mente di resuscitarlo sotto mentite spoglie", spiega il senatore dem Stefano Collina. Il Pd "ha una posizione chiara, il doppio turno. Il comitato ristretto, da questo punto di vista, non serve a nulla". Nel frattempo una nota di Palazzo Chigi smentisce le voci secondo cui ci sarebbe già un patto tra Enrico Letta e Matteo Renzi sulla legge elettorale: il premier "è stato sempre assolutamente rispettoso del percorso del Pd e del dibattito congressuale" e quindi fino al risultato delle primarie del partito "non farà patti né riservati né alla luce del sole con nessuno dei tre candidati". Il premier, sottolineano le stesse fonti, si tiene in contatto con i principali candidati ed ha già annunciato pubblicamente la sua intenzione di incontrare il nuovo segretario del Pd subito dopo la sua elezione. Netta la presa di posizione di Forza Italia. "In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza della Consulta, una considerazione si deve fare sul merito del suo contenuto", commenta Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario di Fi alla Camera. "Se il Porcellum è considerato incostituzionale sia per le liste bloccate sia per l'eccessivo premio di maggioranza, è allora vero - aggiunge - che una volta riformata la legge elettorale, e in permanenza di un Parlamento non più legittimato, l'unica decisione costituzionalmente valida che può essere presa dal capo dello Stato è lo scioglimento delle Camere e il voto anticipato".

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