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Martedì, 23 Aprile 2024
Primarie

Primarie, il centrosinistra alla prova "X Factor"

In pieno stile "Sky" i cinque candidati alla guida del centrosinistra si sono sfidati sui temi caldi: lavoro, costi della politica, diritti di genere, europeismo, economia. Ecco tutte le risposte di ogni 'candidato leader'

 Un palco da 300 metri quadrati all’interno del Teatro della Luna, lo stesso che ospita il programma televisivo XFactor.

Un podio “personalizzato”, 90 secondi a risposta con tanto di countdown, tre controrepliche, domande dei comitati.

Questo il clima televisivo, in perfetto stile americano, che ha fatto da cornice al confronto tra i candidati delle primarie del centro sinistra.

In piedi da destra a sinistra si sono schierati Bruno Tabacci, Laura Puppato, Matteo Renzi (al centro), Nichi Vendola ed infine Pierluigi Bersani. Questa la posizione geografica, questo l’ordine delle risposte alle domande fatte da Gianluca Semprini, volto storico della piattaforma di Rupert Murdoch.

Un padrone che ha posto un’unica condizione: “Confronto, non scontro”. Tre parole e 13 regole concordate e sottoscritte dai 5 ‘duellanti’.

E ‘Fact checking’ cioè la verifica dei fatti in tempo reale: grazie alla collaborazione con l'Università di Tor Vergata. Insomma tutto pronto per il gran ‘concorso’ delle primarie. Un dibattito unico, nelle modalità e nella forma. L’attesa del popolo del centro sinistra, le occhiate del centro destra, e quella sensazione, ad oggi, che chi uscirà vincitore da questa partita guiderà in primavera il Paese, legge elettorale permettendo.

Primarie centrosinistra: le foto del confronto su Sky

TASSE – E così Semprini da il via alle danze, partendo da tasse e evasione. Tabacci è subito chiaro: “Il peso fiscale è davvero insopportabile per quelli che le pagano. La ricetta? Meno evasione più equità, senza metter mano all’Imu”. Ribatte la Puppato: “Il 10% possiede il 45% della ricchezza. Una riduzione si deve fare partendo da coloro che hanno sempre pagato molto, i bassi redditi. Ci vuole una patrimoniale”. È il turno di Renzi: “Noi le tasse a Firenze le abbiamo abbassate dallo 0,3 allo 0,2. Questo paese sta morendo di tasse. Noi possiamo ristrutturarle, non innalzare”. E l’Imu? “Resta così”. Vendola: “Chi ha di più dovrebbe dare di più. Io ho in mente Hollande, ovvero una tassazione al 75% dal milione in su. E l’Imu prima casa è una patrimoniale sui poveri”. Bersani in asse con Vendola: “Va alleggerito l'Imu prima casa. L’obbiettivo è quello di abbassarle la pressione fiscale sui redditi medio bassi, e su chi investe sul lavoro”. E il segretario del Pd apre anche alla patrimoniale “sui grandi patrimoni personali”.

EVASIONE – La Puppato si ispira ai modelli anglosassoni, “durezza, con le ganasce, alla grande evasione”. Risponde Renzi: “Vogliamo fare l’esatto contrario di quello fatto da Equitalia, che è stata forte con i deboli e debole con i forti”. Vendola invece si rifà “all’incrocio delle banche dati, dall’agenzia delle entrate per stanare la ricchezza nascoste. Inoltre va fissata a 300 euro la quota di tracciabilità del contante”. Bersani spalleggia con Vendola e sottolinea anche lui la necessità di fissare la rintracciabilità attorno ai “300 euro, anche se il processo deve essere organizzato in maniera progressiva”. Tabacci su questo fronte punta su un elemento psicologico: “Il contrasto di interessi è decisivo per pagare le tasse” e ricorda il modello gratta e vinci adottato dalla Cina.

EUROPA – Sulla zona Euro il dibattito si affievolisce. Il gran cattivo è la Germania. Tutto il resto si chiama patto di stabilità e moneta. E allora Renzi vorrebbe gli “Stati Uniti d’Europa con l’elezione del presidente e il servizio civile europeo obbligatorio. Vendola, in un continente “deflagrato” pensa alle ambizioni dei padri, oggi finite in un una sorta di “buco nero”. E poi: “L’Europa non c’è se non difende il suo welfare”. Bersani invece fa la voce grossa con la Germania: “Riguardiamo il patto, miglioriamolo, veniamo incontro alla Germania a patto che la Germania allenti la stretta sull’austerità. Siamo tutti su un treno. La Germania è su un vagone più agevole, qualcuno è su un carro, ma siamo tutti in direzione del segno meno”. Tabacci invece tira le orecchie a Grillo: “Non si può tornare alla lira come dice Grillo, non possiamo essere nostalgici di una moneta che si svaluta”. Per la Puppato, “l’Europa non si discute”.

GIOVANIVendola si esalta: “Ai giovani direi di ribellarsi ad un destino che rende precaria la vita”. Gli fa eco Bersani che porta come elemento di discussione quei 17mila studenti che non si sono iscritti all’università: “Rimetteremo mano e soldi al diritto allo studio. Qui sta tornando il classismo. Le aziende ’devono avere più interesse ad assumere a tempo indeterminato”. Tabacci diventa pratico: “Poche promesse, più ragionamenti: allargare la fase produttiva, mettere il condizione la produzione di creare occupazione. La Puppato: “In Italia non ci sono bamboccioni ma giovani che vivono con 600-800 euro al mese”. La ricetta per l’occupazione? “Tre punti sul Pil su innovazione e ricerca”. Chiude il giro Renzi che la butta su un suo vecchio tormentone: “Questo è un paese in cui sei premiato se conosci qualcuna e non qualcosa. Invito i giovani a giocarsela in un Paese semplificato nella burocrazia, nella giustizia civile, puntando all’occupazione femminile” .

MARCHIONNE – È il momento di guardare in faccia all’amministratore delegato Fiat, Sergio Marchione, non prima di aver bocciato la riforma del Lavoro del ministro Fornero (chi più,  chi meno). E allora cosa direste a Marchionne?  La Puppato, moderata, gli chiederebbe di “meno muscoli con i suoi operai”. Renzi invece, che a suo tempo si schierò con l’ad Fiat “senza se e senza ma”, attacca: “Io sono tra quelli che ha creduto in lei. Credevo in quel referendum, lei lo ha tradito. Se poi ogni 5-6 anni si vuol anche fare una bella macchina sappia che a noi italiani non dispiace”. Vendola, incalza Marchionne e Renzi: “Io invece non le ho mai creduto”. Applauso fortissimo. “Anche perché non si fa un atto di fede su un piano aziendale. E sulla vicenda Fiom: “Le sentenze dei tribunali bisogna rispettarle. L’accanimento sulla Fiom ricorda qualcosa di antico e insopportabile”. Bersani parte a voce bassa: “Guardi che lei non sta parlando con uno a cui si può parlar di tutto”. Poi alza i giri del motore e avverte secco: “Ci deve dire se la Fiat è in condizione o no andare avanti altrimenti dovremo guardarci intorno senza quegli impedimenti di fine anni ottanta”.

DIRITTI – I diritti, croce e delizia del centro sinistra, da sempre. La Puppato parte forte: “È pazzesco che se ne debba ancora parlare nel 2012. Si al matrimonio gay, si all’adozione. Sulla maternità sono disposta a parlarne”.  Renzi va di inglese e propone le “civil partnership” che farà approvare nei primi 100 giorni del suo governo. Sulle adozioni, non risponde, il nodo è ancora in discussione, anche se il no è di gran lunga più forte del sì. Arriva il turno di Vendola e il governatore della Puglia si rimette alla parole di Oscar Wilde: ‘L'omosessualità è l'amore che non osa pronunciare il proprio nome’. “Penso che la sinistra abbia spesso sbagliato tra il suo massimalismo e minimalismo. È arrivato il momento di esigere diritti interi”. Bersani si rifà ad un Parlamento che ancora non ha saputo adottare una legge contro l’omofobia e riprone “la legge tedesca, pari-pari”. Tabacci è il più polemico, per storia e tradizione: “L’estensione dei diritti è cosa scontata, ma sull’adozione sono assolutamente contrario: i bambini hanno diritto ad avere un padre e una madre”.

CASTA – Dai diritti ai costi della politica. Tema delicato, rabbioso, come l’umore degli italiani. Parte Renzi in quarta: “Dimezzamento dei parlamentari, no ai vitalizzi, e no al finanziamento pubblico ai partiti. Non ho paura di dirlo, sistema all’americana”. Apriti cielo, si apre l’unico momento di scontro vero. Prende la parola Vendola: “D’accordo sul taglio ai costi ma non sono per togliere il finanziamento pubblico perché ho paura che le politica sia finanziata e fatta solo dai ricchi”. Bersani ribatte: “Ricordo che il Pd ha già fatto approvare l’abolizione dei vitalizzi e il dimezzamento dei contributi pubblici”. E sul finanziamento? Contrario al disegno Renzi perché c’è il rischio di ricalcare il modello americano dove “le banche finanziano le campagne elettorali” e poi si disegnano una sorta di immunità. Anche Tabacci rivendica l’uso di denaro pubblico per la politica “ridotto però a un quarto dei costi attuali”. Renzi accerchiato replica: “Non si tratta di decidere se i  ricchi possano fare politica o meno. Anche perché – riferendosi a Berlusconi – i ricchi hanno fatto ampiamente politica”. E in tono polemico: “Forse perché nessuno ha avuto il coraggio di fare una legge sul conflitto di interessi”. Ribatte Tabacci: “Renzi su questo tema bisogna essere molto seri e precisi, la demagogia non aiuta”. Alla fine arriva la replica di Bersani che da buon padre di famiglia richiama tutti a una legge “seria sui che disciplini la vita dei partiti”.

COALIZIONE – Infine le alleanze di Governo. Il tema è Casini, si o no all’Udc? Il no più chiaro arriva da Renzi e da Vendola. Al sindaco di Firenze non piace chi “all’inizio dice di no e poi alla fine decide con chi stare”. Vendola è più categorico: “La ricetta di Casini è quella del liberismo, la stessa ricetta con cui si è ammalata l’Europa”. Bersani, al contrario non pone steccati: “Questa che avete di fronte è la coalizione. Detto questo non mi chiuderò certo in casa. Io dico che non riconsegnerò il Paese a un uomo solo al comando. Non riconsegnerò il Paese a Berlusconi o alla Lega”. Come dire, parliamone.

PANTHEON - Alla fine c’è il tempo per due sorprese: nel pantheon di Bersani compare Papa Giovanni, “cambiava le cose senza spaventare”, in quello di Vendola il Cardinal Martini. Due laici che si rifanno a due figure centrali del cattolicesimo. Insomma alla fine non ha vinto nessuno.

Renzi imbrigliato nelle regole, Tabacci preciso, Puppato poco incisiva, le suggestioni poetiche di Vendola e Bersani che, un po’ come chi è in testa ad una corsa automobilistica, è stato prudente, ha risparmiato la macchina. Cinque candidati imbrigliati in rispostine quiz, senza contraddittorio e poco pathos. Un po’ come in quelle partite chiave, le finalissime, quei match dal dentro o fuori, dall’attesa snervante.

Risultato? Troppa tattica, la psiche, le mosse degli avversari. Tutto si logora, si consuma e il gioco, il bel gioco, finisce per rimanere intrappolato nel batti e ribatti del centrocampo. Si inzuppa di paura e vince la noia. 

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