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Venerdì, 19 Aprile 2024
Referendum

Referendum 4 dicembre: come si vota

Si tratta di un referendum confermativo e come tale non prevede quorum. Chi andrà a votare dovrà esprimere il suo voto barrando il Sì (se è favorevole alla riforma costituzionale), o No (se intende bocciare il ddl Boschi). E' possibile optare per la scheda bianca

E' il giorno del referendum sulla costituzione. Seggi aperti in tutta Italia dalle 7 alle 23. Sono quasi 47 milioni gli italiani chiamati alle urne per decidere se approvare il ddl Boschi.

Si vota nella sola giornata di domenica 4 dicembre dalle ore 7 alle 23. Per conoscere il risultato del referendum bisognerà attendere la fine dello spoglio, che dovrebbe cominciare subito dopo la chiusura del seggio elettorale. Chi andrà a votare dovrà esprimere il suo voto barrando il Sì (se è favorevole alla riforma costituzionale), o No (se intende bocciare il ddl Boschi). A differenza di quanto accaduto al referendum sulle trivelle e per gli altri referendum abrogativi, per questo tipo di referendum non è necessario il quorum. Di conseguenza, vincerà l'opzione che otterrà la maggioranza dei voti. E' possibile optare per la scheda bianca.

Per votare bisogna presentare un documento di riconoscimento e la tessera elettorale. Nel caso in cui la tessera elettorale sia scaduta o smarrita è necessario procurarsene una nuova recandosi presso gli uffici elettorali o di anagrafe del Comune di residenza, che per l'occasione sono aperti anche domenica 4 dicembre. 

La riforma costituzionale sottoposta a referendum modifica 49 articoli della Costituzione e riforma completamente il Senato e l'organizzazione del Parlamento, riforma il Titolo V relativo alla disciplina delle Regioni, abolisce le Province e abolisce il Cnel.

I punti centrali del referendum-2

IL NUOVO SENATO RIFORMATO

Il Parlamento continua ad articolarsi in Camera dei deputati e Senato della Repubblica, ma i due organi hanno composizione diversa e funzioni differenti. Se la Camera resta composta da 630 deputati, il nuovo Senato sarà composto non più da 315 ma da 100 senatori: 74 consiglieri regionali minimo due per regione, in proporzione alla popolazione e ai voti dei partiti, e 21 sindaci,  uno per regione, tranne il Trentino-Alto-Adige che ne nomina due.

Cinque sono i senatori di nomina presidenziale ma non saranno più in carica a vita: “In carica sette anni e senza stipendio”, recita il nuovo articolo 59 della nuova Carta. A Palazzo Madama restano invece di diritto senatori a vita gli ex presidenti della Repubblica.

I membri del nuovo Senato saranno scelti secondo le modalità che verranno stabilite con una legge che verrà varata entro 6 mesi dall'entrata in vigore della riforma costituzionale e la durata del mandato dei senatori coinciderà con la durata del loro mandato da amministratori locali.

Ai senatori resta l'immunità parlamentare come ai deputati ma non riceveranno indennità se non quella che spetta loro in quanto sindaci o membri del consiglio regionale. 

FINE DEL BICAMERALISMO PERFETTO

La modifica del Senato pone fine al bicameralismo perfetto. La Camera dei deputati diventa l’unico organo eletto dai cittadini a suffragio universale diretto e l’unica assemblea che deve approvare le leggi ordinarie e di bilancio e accordare la fiducia al governo.

Il Senato, definito Senato delle regioni, diventa un organo rappresentativo delle autonomie regionali: la sua funzione principale è di coordinamento tra lo Stato e gli enti locali. Può anche esprimere emendamenti e pareri sui progetti di legge approvati dalla Camera e proporre modifiche entro 30 giorni, ma con la possibilità che non vengano accolti.

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere solo per le leggi costituzionali, per le minoranze linguistiche, il referendum popolare, per le leggi elettorali, per i trattati con l'Unione europea e le norme che riguardano i territori. Tutte le altre leggi sono approvate dalla Camera. 

I senatori continuano a partecipare all’elezione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura e dei giudici della Corte costituzionale. I cinque giudici della Consulta di nomina parlamentare verranno eletti separatamente dalle due Camere: al Senato ne spetteranno due, ai deputati tre.

All’elezione del presidente della Repubblica non prenderanno più parte i delegati regionali e cambia il sistema dei quorum: per i primi tre scrutini è necessaria la maggioranza dei due terzi dei componenti, dal quarto scrutinio basta la maggioranza dei tre quinti dei componenti, dal settimo scrutinio la maggioranza dei tre quinti dei votanti (non più degli aventi diritto). Attualmente, per i primi tre scrutini è necessaria la maggioranza dei due terzi dei componenti, mentre dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Sarà il presidente della Camera (e non più del Senato) a sostituire il presidente della Repubblica 'ad interim'.

Viene modifica delle modalità con cui i cittadini possono richiedere l’indizione di referendum abrogativi e proporre leggi d’iniziativa popolare. Per i referendum abrogativi sono previsti due tipi di quorum. Se i cittadini che propongono il referendum abrogativo sono 500mila, il quorum resta del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto. Se, invece, i cittadini che propongono il referendum sono 800mila, il quorum si riduce al 50 per cento più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche.

Per proporre una legge d’iniziativa popolare, poi, le firme passano da 50mila a 150mila ma si stabilisce anche che la deliberazione della Camera sulla proposta deve avvenire entro termini certi e passaggi definiti dai regolamenti parlamentari.  Vengono introdotti il referendum propositivo e di indirizzo, da disciplinare con leggi successive.

LA RIFORMA DEL TITOLO V

Cambia la divisione di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, con una riduzione delle competenze delle Regioni e una maggiore chiarezza sui ruoli di Stato e autonomie locali. Una ventina di materie tornano alla competenza esclusiva dello Stato. Tra queste: ambiente, gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni, beni culturali e turismo.  

La Riforma Boschi sopprime la competenza concorrente, con una redistribuzione delle materie tra competenza esclusiva statale e competenza regionale. Viene introdotta una 'clausola di supremazia', che consente alla legge dello Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell'interesse nazionale.

ABOLIZIONE DEL CNEL

Con la Riforma Boschi viene integralmente abrogato l'articolo 99 della Costituzione che prevede, quale organo di rilevanza costituzionale, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), un organo ausiliario composto da 64 consiglieri che ha sia una funzione consultiva che legislativa per quanto riguarda le leggi sull’economia e il lavoro.

Viene prevista la nomina di un commissario straordinario entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge, a cui affidare la gestione per la liquidazione e la riallocazione del personale presso la Corte dei Conti.

ABOLIZIONE DELLE PROVINCE

Con la Riforma Boschi dal testo della Costituzione viene eliminato anche il riferimento alle Province che vengono meno quali enti costituzionalmente necessari, dotati, in base alla Costituzione, di funzioni amministrative proprie. Nel nuovo testo della Costituzione riformata si legge che la Repubblica è costituita dai Comuni, Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

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