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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica Italia

"Perché sì e perché no": anche il Pd si divide sul referendum costituzionale

Punto per punto, sintetizzati i dubbi principali e le tensioni interne alla maggioranza che portano i rigorosi censori della riforma partorita dal Governo Renzi a votare Sì oppure No al quesito referendario

"Dobbiamo tutti scalare, abbassare una marcia, abbassare i toni, lo dico io per primo". Matteo Renzi a 10 giorni dalla consultazione referendaria sulla Riforma Costituzionale prova a raffreddare un dibattito politico che vede lacerarsi il suo stesso partito. "Decidono i cittadini" ha aggiunto il premier ben consapevole che la mattina del 5 dicembre alla lettura della sentenza delle urne il paese avrà impartito una direzione non solo al governo ma allo stesso Pd.

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Nel partito che fu di Veltroni, Bersani e D'Alema rottamati e messi in minoranza dopo il congresso del partito nel 2013, i democratici si ritrovano sempre più divisi al loro interno, incapaci di una sintesi se non nell'atomizzazione delle discussione e del confronto. Se il comitato del Sì segue le linee di palazzo Chigi, già ad agosto le voci in disaccordo avevano dato vita ad un documento di contrasto con le linee di indirizzo della direzione "dem". Sono dieci i parlamentari democratici che argomentano il proprio NO di merito al referendum riuniti intorno al senatore Walter Tocci: Corsini, Dirindin, Manconi, Micheloni, Mucchetti, Ricchiuti al Senato; Bossa, Capodicasa, Monaco alla Camera.  

Da ultimo è l'ex ministro ed economista Fabrizio Barca, democratico metà politico metà tecnico, già braccio destro di Matteo Orfini nella rifondazione del partito romano dilaniato da Mafia Capitale, pubblica oggi sul suo blog le sue perpessità circa una riforma che lo lascia "indifferente" per poi inerpicarsi in una giravolta che lo porta a considerare il senso politico della consultazione con un occhio alle conseguenze che la vittoria del "No" produrrà all'alba del 5 dicembre. 

Ecco dunque, punto per punto, sintetizzati i contrasti principali che portano i rigorosi censori della riforma partorita dal Governo Renzi, a votare "Sì" oppure "No" al quesito referendario senza risparmiare tuttavia le critiche ad un testo definito dai suoi stessi estensori come "perfettibile".

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