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Sabato, 20 Aprile 2024
LAVORO

Tensione nel Pd Alfano: "Prigionieri della Fiom"

Bersani e D'Alema chiedono modifiche al testo della riforma. Enrico Letta: "Pensare di più all'interesse comune che alle aspirazioni personali". Intanto è scontro nella maggioranza

Non c'è solo il "no" della Cgil. Susanna Camusso annuncia lo sciopero generale, ma anche Pier Luigi Bersani, leader del Pd, boccia l'impostazione del nuovo articolo 18. Non arriva al punto di minacciare il sostegno del Pd al governo ma Bersani, in una lunga appendice notturna a 'Porta a Porta', avvisa il governo dopo lo schiaffo subito con la chiusura del tavolo sulla riforma del lavoro.

"Io non accetto che Monti dica prendere o lasciare, è chiaro che noi votiamo quando siamo convinti, il testo va cambiato": è l'altolà del leader Pd, che per l'accordo si era speso a livello personale, e che sull'articolo 18 si gioca anche la tenuta del partito, diviso tra chi, come Enrico Letta, non mette in discussione il sostegno a Monti e chi è pronto a votare no. "Non morirò dando il via libera alla monetizzazione del lavoro", si era sfogato nel pomeriggio in pieno Transatlantico il leader Pd, deluso per come il governo abbia usato il mandato ricevuto nel vertice a Palazzo Chigi, stravolgendo un ok "al modello tedesco in un modello americano" sui licenziamenti.

La tensione tra una parte del Pd, più sensibile alle proteste degli elettori di sinistra, e il governo raggiunge livelli di guardia. L'avviso di Rosy Bindi è forte e chiaro: "Questo governo può andare avanti se rispetta la dignità di tutte le forze che lo sostengon". Il no al governo sulla riforma del lavoro è una parola indicibile ma dentro il Pd stesso le aree dei lettiani e dei veltroniani temono che Bersani, che sulla difesa dei lavoratori fonda la sua linea politica, possa rompere se la riforma in Parlamento non verrà modificata.

"Bisogna essere fedeli agli ideali della propria gioventù", è la professione di fede del segretario Pd che boccia come entità che "non esiste in natura" l'ipotesi di un decreto ma è fiducioso che il governo non sia a rischio perché il governo saprà ragionare con i partiti in Parlamento. Per evitare pesanti fratture interne, anche un moderato come Dario Franceschini, dopo un faccia a faccia con il segretario, alza il tiro nella speranza di modificare il testo: "Negli ultimi tempi c'è stato un uso un po' eccessivo del decreto legge, su una materia delicata come il lavoro bisogna procedere con un ddl". Al di là degli inviti all'unità, nel Pd tutti sono coscienti che o la riforma sarà ammorbidita, introducendo il giudice anche per i licenziamenti economici, o una spaccatura al momento del voto possa significare la fine del partito democratico.

Secondo i calcoli tra parlamentari democratici, sarebbero una cinquantina i deputati 'montiani' che, davanti ad una posta così alta per il futuro del Pd, non seguirebbero un eventuale voto contrario sulla riforma: il provvedimento passerebbe lo stesso ma il Pd andrebbe in frantumi. Enrico Letta ammette il tornante decisivo per il Pd: "E' un momento molto importante da cui verrà fuori la capacità del partito a pensare più all'interesse comune che alle singole aspirazioni personali". Per evitare il 'cul de sac', anche Massimo D'Alema, da tempo più defilato sulle vicende di attualità, si spende per cercare modifiche sull'articolo 18 che ritiene "confuso e pericoloso". 

Scontro nella maggioranza - Durissimo l'intervento del segretario del Pdl Angelino Alfano che non perde occasione per attaccare il suo collega di maggioranza Bersani: "Dipende molto da quello che vuole fare il Pd: se vuole fare la riforma che hanno in mente la Camusso e la Fiom, allora vinca le elezioni e le faccia, e poi lo spieghi lui alla gente". Per Alfano, intervenuto ai microfoni di Radio anch'io su Radio Rai, "la Fiom condiziona la Cgil, la Cgil condiziona il Pd, il Pd condiziona il governo e dunque il paese. Ma così il paese rischia di rimanere imprigionato dai veti della Fiom".

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