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Venerdì, 19 Aprile 2024
ROMA

Perché Roma non ha più una metro

Banchine strapiene e utenti bloccati ai tornelli. Frequenze da treno regionale. Convogli che viaggiano a passo d’uomo. Così la guerra tra azienda e lavoratori ha trasformato la metro della Capitale in un incubo. E dal Campidoglio tutto tace

Roma non ha più una metro. Non è solo una provocazione: da qualche settimana quella che era la metropolitana della Capitale (che pure, intendiamoci, non ha mai brillato per efficienza) viaggia con frequenze da treno regionale. "Anche 23 minuti per aspettare un treno. È normale? " si chiedono rassegnati gli utenti ormai ammassati a centinaia sulle banchine. RomaToday racconta di "vere e proprie guerre per poter entrare " nei convogli. E tra uno spintone e l'altro "c'è gente che finisce a terra o in generale colpita".

Una situazione al limite che rischia di degenerare in un problema di ordine pubblico, tanto che in alcuni casi Atac (l'azienda che gestisce il trasporto locale) si è vista costretta a far scendere i passeggeri o tenerli fermi ai tornelli.

Ma le "stranezze " non finiscono qui. A volte, raccontano gli utenti, i treni procedono a passo d’uomo. "C'è poi il giochino della porta", denuncia una passeggera a RomaToday. "Spesso in fermata trascorrono anche cinque minuti, con le porte che si aprono e chiudono 4-5 volte perché ufficialmente sono difettose o il treno e troppo pieno. A me sembra evidente che è una tattica per rallentare il servizio".

Così sulle banchine la voce più ricorrente è che sia in atto una sorta di "sciopero bianco", con i macchinisti che pur di far la voce grossa con l’azienda sarebbero disposti a sabotare il servizio. Ma loro, i lavoratori, rispediscono le accuse al mittente. O meglio: all’azienda. E, ovviamente, alla politica. "Le attese prolungate sulle banchine e alle fermate dipendono da un numero ridotto di treni e vetture dovuto a mancanza di pezzi di ricambio - si legge su un volantino diffuso dai lavoratori  -. Situazione determinata da anni di sperperi e di cattiva gestione dell'Atac, saccheggiata dalla politica che ha sistemato dirigenti inadeguati e strapagati, elargito consulenze faraoniche, appalti milionari e biglietti clonati.

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"I macchinisti - si legge ancora sul volantino - non hanno alcun interesse a creare disservizi, anche perché sono i primi con cui l'utenza esasperata e fomentata dai media si scaglia, non di rado a scapito della loro incolumità fisica. Mentre coloro che hanno le colpe del quotidiano malfunzionamento se ne stanno seduti tranquillamente sulle loro dorate poltrone".

"I parabrezza deformano la visuale"

Come ricostruito da RomaToday, tutto ha avuto inizio con l’incidente avvenuto lo scorso 13 luglio a Termini, quando una donna che stava cercando di salire sul convoglio venne trascinata sulla banchina della metro B. In seguito a quell’episodio, il macchinista è stato indagato per lesioni. In un video diffuso dal Corriere della Sera, l’uomo sembra portare del cibo alla bocca poco prima dell’incidente. Sta di fatto che da allora i macchinisti sono diventati più pignoli analizzando ogni minimo dettaglio dei treni che prendono in carico. Sotto accusa, in modo particolare i parabrezza, i vetri e i deflettori che secondo i lavoratori "sono ondulati", "deformano la visuale" e "non permettono di vedere bene l’ingresso in carrozza dei passeggeri". Creando così "oggettive situazioni di pericolo". Risultato? I convogli restano in deposito. Ieri secondo Repubblica ne mancavano ben dieci in servizio. Un numero enorme. 

Il silenzio del M5s e lo spettro del fallimento

In tutto questo marasma fa notizia anche il silenzio. Che è quello del Campidoglio. Della Giunta Raggi. Dell’amministrazione a 5 Stelle. Ieri, il presidente della commissione Trasporti, Enrico Stefàno, ha risposto in maniera stizzita ad un utente che lo incalzava sullo stato del trasporto pubblico. "Non ho tutti i poteri io. Esiste un sindaco, un assessore ecc ecc, dai un'occhiata al TUEL", la risposta piccata del grillino. Ma per il resto tutto tace. Il M5s romano preferisce non gettare benzina sul fuoco. La vera partita per il futuro di Atac, d’altra parte, si gioca da un’altra parte.

Roma, banchine della metro strapiene

Lo scorso 27 settembre il Tribunale di Roma ha infatti accolto la domanda di concordato preventivo chiesto dall’azienda per scongiurare il fallimento. Si tratta di una procedura a cui può ricorrere un debitore per tentare il risanamento, congelando momentaneamente i debiti, previa presentazione di un piano d'impresa di riorganizzazione interna che deve essere approvato da un giudice (previsto il consenso dei creditori). Una misura necessaria per evitare il fallimento (Atac ha una situazione debitoria pesantissima) che però sta causando ulteriori tensioni tra azienda e lavoratori. 

La 'guerra' sui turni tra Atac e i lavoratori

Il prossimo 27 novembre Atac  presenterà ai curatori fallimentari del tribunale un piano "lacrime e sangue" con cui l'azienda punta a far lavorare di più autisti e macchinisti, il cui orario passerà dalle attuali 37 a 39 ore settimanali. L'obiettivo è dunque aumentare la produttività. Per gli autisti dei bus le ore di servizio giornaliero potrebbero lievitare da 6 e mezza a 7 e un quarto. Una riorganizzazione strenuamente contestata da lavoratori e sindacati. ll braccio di ferro con l'azienda è solo all'inizio. E a pagarne le conseguenze, come sempre, sono i romani. 

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