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Martedì, 23 Aprile 2024
Caso Province

Province, tanto 'odio' per nulla: "Matteo, stai insultando te stesso"

Il Senato dice ok all'addio alle Province, Renzi spinge: "Tremila politici smetteranno di ricevere una indennità". Ma dieci anni fa, fra quei politici c'era anche lui. La lettera di un assessore pisano: "Ora basta trattarci da furfanti, hai usato la Provincia come tuo trampolino di lancio"

ROMA - Tredici giugno 2004, con il 58,8% dei voti Renzi diventa presidente della Provincia di Firenze. Ventidue giugno 2009, alle amministrative porta a casa il 59,96% delle preferenze e la poltrona di sindaco di Firenze. Otto dicembre 2013, 67,5% di crocette sulle schede per le primarie Pd al nome Matteo e Renzi prende la fascia di segretario del Partito Democratico. Tredici febbraio 2014, ore 15:30, Largo del Nazareno: "Enrico ti ringrazio per il lavoro svolto, ma per uscire dalla palude serve un nuovo esecutivo". Ventidue febbraio 2014, la data dell'uscita dalla palude: al Quirinale presta giuramento il nuovo esecutivo di quello che un tempo fu "soltanto" il presidente della provincia di Firenze

Un percorso segnato, netto. Ogni scadenza, un nuovo obiettivo: una nuova vittoria. Tutto grazie a quel tredici giugno di dieci anni fa quando il premier "traslocò" a Palazzo Medici Ricciardi. Perché senza il Renzi presidente di Provincia, forse, non ci sarebbe stato il Renzi sindaco. E senza il Renzi sindaco, forse, non ci sarebbe stato il Renzi segretario Pd. E senza il Renzi segretario Pd, di certo, non ci sarebbe stato il Renzi premier. Tutto cominciò lì. Il "peccato originale" nacque in quella stanza di via Cavour a Firenze, sede della Provincia, fra un gagliardetto e un simbolo della città. 

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Tutta roba che ora, malinconicamente, potrebbe andare in uno scatolone. Perché il premier ha deciso: costi quel che costi le Province vanno abolite. Senza un minimo di riconoscenza per chi "lo ha fatto grande", senza un briciolo di preoccupazione per chi in quegli enti ci lavora, e magari anche bene. Il grande giorno è stato oggi con il Senato che ha votato la fiducia al governo e al ddl Delrio. Renzi ha cominciato a mollare il freno già da ieri. Tutto in 140 caratteri, poco meno: "Se domani passa la nostra proposta sulle province tremila politici smetteranno di ricevere una indennità dagli italiani. La volta buona". E, come se non fosse bastato, questa mattina la replica: "Oggi giornata importante per le Province e riunione chiave stasera su Senato e Regioni. Stamani nelle scuole, destinazione Calabria, Scalea". Insomma, con il corpo in un'aula calabrese, con la mente nell'Aula romana. Tanto da convincere i suoi a porre la fiducia sul disegno di legge. 

RENZI STIPENDIO-2

Il Consiglio dei Ministri ha infatti comunicato in mattinata, in una nota, di aver deliberato il proprio assenso a "porre la questione di fiducia sul disegno di legge recante disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni, all'esame del Senato". A nulla è servito neanche l'invito di Napolitano a "frenare" la spending review esasperata, con Renzi che si è affrettato a rispondere: "E' arrivato il momento di dare un messaggio chiaro e netto". Una sorta di rielaborazione - di sicuro più "dolce" e garbata - di quel "tremila politici smetteranno di ricevere una indennità degli italiani" che non è piaciuto a tanti. 

Fra quei tanti, Anna Romei - assessore al Lavoro della Provincia di Pisa - ha deciso di scrivere a Renzi. "Caro Matteo, sta sereno, avrebbe detto la mia nonna, perché vedrai che quel che è fatto è reso. Non mi riferisco soltanto al come ti sei avvicendato a Letta, ma al modo sprezzante, ingeneroso e privo di rispetto col quale tratti delle Province e dei suoi Amministratori - recrimina la Romei in una lettera inviata a PisaToday - Io sono un’assessora della Provincia di Pisa e dico basta. E’ insopportabile sentirsi trattare da malfattori, da ladri di indennità, da persone inutili che finalmente “sentono il profumo del tornare a lavorare”, che possono essere mandate via a calci perché non hanno prodotto niente".

E ancora: "Non sto discutendo sulla necessità di rivedere, riformare, riorganizzare il territorio, sto denunciando il modo offensivo e ipocrita con cui tutto questo viene fatto da te, dal tuo staff, dal partito per ignavia e trasversalmente anche dagli altri. Chiedo a te che sei stato anche Presidente della Provincia di Firenze, ma che razza di Presidente sei stato, che lavoro hai fatto, se quello che fai emergere delle attività delle Province è il nulla? Probabilmente avendo usato quell’esperienza solo come il vero trampolino di lancio della tua carriera politica non puoi averne buona memoria e ti regoli di conseguenza".

"Ma - si chiude la lettera - come diceva la mia nonna, quel che è fatto è reso, dunque sta sereno, perché è scritto nella storia degli uomini, che sicuramente qualcuno nel tempo ti tratterà allo stesso modo, col quale stai trattando noi". Quel che è certo è che ora che Renzi l'ha avuta (quasi) vinta non ci sarà mai più un altro Matteo Renzi. Da "semplice" boyscout a premier è una favola. Da presidente della Provincia a presidente del Consiglio è realtà. O almeno lo era. 

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