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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica

La tav spacca il Governo: tra crisi e rimpasto, si riparla di elezioni

Alta tensione nella maggioranza dopo il voto sulla Torino-Lione: Di Maio si dice orgoglioso del 'no', mentre per Salvini ''qualcosa si è rotto''. Intanto Conte e i due vicepremier hanno annullato i rispettivi impegni

Nel giorno del voto sulla Tav si è consumato quello che, almeno fino a questo momento, è senza dubbio lo 'strappo' più grande tra i due partiti al Governo, Lega e Movimento 5 Stelle. Le due forze politiche, che già su diversi argomenti viaggiavano sui pareri discordanti, dai migranti alla flat tax, tanto per fare degli esempi, sulla Torino-Lione sono arrivati allo scontro, con Salvini e Di Maio che adesso non nascondono più fastidi e musi imbronciati per il quieto vivere nell'esecutivo. 

Il leader dei pentastellati oggi ha annullato gli appuntamenti previsti per questa mattina a Cavriago e per stasera a Bologna, in Emilia Romagna, per restare a Roma per impegni istituzionali, mentre risuonano ancora nell'aria le parole pronunciate da Salvini dal palco del suo beach tour a Sabaudia: "Qualcosa si è rotto". Una frase breve e concisa, ma che cela, neanche troppo bene, una profonda frattura nell'esecutivo che potrebbe aprire due strade: quella del rimpasto o quella delle elezioni anticipate. Dopo il voto sulla Tav  il leader della Lega sarebbe andato da Conte chiedendo “cambiamenti” e minacciando reazioni tutt'altro che dolci. Adesso che le carte sono state scoperte, il vicepremier ha descritto la situazione del Governo con una metafora, più che azzeccata: "Se mi rendo conto che le cose non si possono fare, come in un matrimonio, se si passa più tempo a litigare che ad andare d'accordo e a fare l'amore, è meglio che ci si guardi negli occhi e ci si lasci". 

Governo in crisi, l'ipotesi rimpasto

Per quanto nessuno abbia voglia di dirlo apertamente, il rischio di una crisi di governo c'è e non è un'ipotesi così impossibile. Anzi, da giorni serpeggiava  nei botta e risposta accesi tra i due vicepremier su Tav, riforma della Giustizia e reddito di cittadinanza. E non si limitava solo ai due leader, gli esponenti dei due partiti di maggioranza si sono provocati a vicenda nei discorsi e sui social su tutti gli argomenti caldi. Ed è arrivata, forse, a un punto di rottura la lite tra il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e Salvini. Prima del voto sulla Tav il primo, citando Bernardo di Chartres, definiva il capo del Carroccio "un nano sulle spalle dei giganti", e poi più modernamente "un polemizzatore quotidiano".

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Salvini in tutta risposta ha votato, compatto con il suo partito, 'no' alla mozione presentata dai 5 Stelle per la cessazione delle attività relative alla Tav approvando, invece, tutti gli emendamenti a favore, compreso quello del Pd. Di fronte alla spaccatura perfetta tra i 'gialli' e i 'verdi' sulla Torino-Lione hanno ironizzato anche gli avversari di sinistra, con Graziano Delrio che ha definito quelli dei grillini "110 schiaffi a Salvini e Conte". Il nome di Toninelli, ora, sarebbe uno dei più chiacchierati per un 'rimpasto' a favore della Lega, sebbene Salvini abbia sentenziato di "non essere interessato a rimpastini e rimpastoni". 

Ma "qualunque sia la conseguenza – ha scritto dopo Luigi Di Maio su Facebook – noi siamo orgogliosi del nostro 'no' a un'opera come la Torino-Lione, un'opera nata vecchia, di 30 anni fa, senza un futuro. Un’opera che vogliono solo Bruxelles e Macron".

Nessun ripensamento, pare, nemmeno di fronte alle minacce di 'divorzio' del collega, anche se forse un segnale c'è, dato che per ora l'assemblea congiunta prevista con i parlamentari M5S sembra rimandata a data da destinarsi. 

Governo in crisi, l'ipotesi elezioni

Un rimpasto dell'esecutivo in salsa leghista difficilmente verrebbe accettato di buon grado dai 5 stelle, così, se i rapporti tra le parti non dovessero tornare quantomeno sereni (visto che idilliaci non lo sono mai stati), il vero rischio è quello di un ritorno anticipato alle urne. Fonti leghiste citate dall'Ansa parlano già delle possibili “finestre” del 6 o 13 ottobre, un'ipotesi che al momento non trova conferme e che, con tutta probabilità, verrà presa in considerazione solo e soltanto come ultima ratio, quando e se la frattura tra Salvini e Di Maio diventerà insanabile. Più probabile che le due parti in gioco cerchino di comporre una manovra economica da separati in casa, magari sostituendo i ministri che meno hanno convinto fino a questo momento e riuscendo così a superare l'estate. 

I motivi per arrivare a settembre, da entrambe le parti, non sarebbero comunque pochi. Per Salvini "è fondamentale un governo compatto che faccia la riforma della giustizia", perché "se un giudice sbaglia, deve pagare come ogni cittadino al mondo", anche se la proposta del ministro Alfonso Bonafede non sembra averlo convinto – qualche giorno fa l'aveva definita "acqua". Di Maio, invece, aspetta la fine dell'estate per il taglio del numero dei parlamentari – uno dei suoi cavalli di battaglia - che ridurrebbe i membri di 345 unità, permettendo un risparmio di oltre mezzo miliardo di euro.

Nel mezzo Giuseppe Conte, garante della stabilità della collaborazione, che ha però annullato la sua conferenza stampa di oggi e ricevuto, separatamente, entrambi i vice-premier in due incontri blindati. L'ultima giornata di governo prima della pausa estiva tramonta sul silenzio del presidente del Consiglio, sulla strenua autodifesa di Di Maio e sull'ultimatum di Salvini: "Cosa succederà ora? Non sono fatto per le mezze misure, o le cose si possono fare per intero, oppure star lì a scaldare la poltrona non fa per me".

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