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Venerdì, 29 Marzo 2024

Fondi truffa allo Sportello antiracket di Lecce: 4 arresti, anche la presidente della struttura

In carcere la presidente dell'associazione, la sua segretaria e due dipendenti di Palazzo Carafa per la gestione dei fondi pubblici. Sette interdittive, 40 indagati

Più dello Scirocco, a colpire all’alba è stata una raffica giudiziaria, che si è abbattuta sullo Sportello anti racket e usura di Lecce, facendo vacillare la struttura per via di un'attività investigativa in corso da parte del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Lecce, guidati dal colonnello Nicola De Santis. Sono 40 gli indagati per una frode di circa due milioni di euro, destinati alle vittime del fenomeno delle estorsioni, sulla quale le fiamme gialle vogliono ora vederci chiaro: sono scattati quattro arresti e sette misure interdittive, una delle quali nei confronti di Attilio Monosi, assessore al Bilancio dei Comune di Lecce e candidato consigliere in vista delle prossime amministrative. Tanto da rendere necessario lo slittamento di alcune ore del deposito delle otto liste a sostegno del candidato sindaco del centrodestra.  Quei fondi ricevuti dallo Stato, sarebbero serviti per la gestione dei tre sportelli di Lecce, Brindisi e Taranto, con lo scopo di assistere gli imprenditori e i commercianti destinatari di richieste minatorie di denaro. Per prestare aiuto, le strutture si avvalevano di specifiche figure professionali tra cui avvocati, commercialisti ed esperti del settore bancario.

Fra le accuse, a vario titolo, quella di indebita percezione di  finanziamenti pubblici, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, concussione e falso. Sono quattro gli arresti eseguiti nel corso delle ultime ore in città e nell’hinterland, di cui tre in carcere e uno ai domiciliari: tra i destinatari del provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Lecce, Maria Antonietta Gualtieri, la presidente dello sportello, la sua collaboratrice, Serena Politi, 40enne di Carmiano ristretta ai domiciliari, Giuseppe Naccarelli, 48enne residente a Veglie e impiegato presso l'Ufficio ragioneria di Palazzo Carafa e Pasquale "Lillino" Gorgoni, 62enne leccese dipendente dell'Ufficio patrimonio. E’ scattato inoltre un sequestro, per equivalente, della stessa somma indebitamente sottratta, nei confronti di 32 individui.  La portavoce dell’associazione, inoltre, ricevuta la convocazione presso gli uffici della guardia di finanza, avrebbe “istruito” alcuni suoi testimoni, affinché potessero rendere versioni difformi dal vero, per poter occultare le irregolarità nella gestione dei fondi ministeriali.

Sono inoltre sette le misure interdittive richieste dai sostituti procuratori Massimiliano Carducci e Roberta Licci nei confronti di altrettanti professionisti, imprenditori e un politico.  Nella prima ricostruzione eseguita dai militari della guardia di finanza, sotto il coordinamento della magistratura, la referente della struttura avrebbe posto in essere alcune condotte illecite mirate all’accesso fraudolento ai finanziamenti pubblici, con un danno sostanziale sia al bilancio dello Stato, sia alla Comunità europea. Una presunta attività illecita alla quale avrebbero contribuito anche diversi altri individui, con specifiche professionalità, orbitanti attorno all’associazione anti racket. Tutto sarebbe partito nel mese di maggio del 2012, quando la presidente dello sportello avrebbe stipulato una apposita convenzione con l’Ufficio commissario antiracket istituito presso il Ministero dell’Interno. Avrebbe inoltre sottoscritto un accordo con le amministrazioni comunali del capoluogo salentino, di Brindisi e Taranto, per istituire i tre sportelli in ciascuno dei capoluoghi di provincia, aiutando i cittadini colpiti dal fenomeno ad accedere al Fondo di solidarietà.

Stando ai riscontri investigativi forniti dalla guardia di finanza, l’associazione e i relativi sportelli sarebbero risultati “di fatto non operativi e costituiti all’unico fine di frodare i finanziamenti pubblici mediante la fittizia rendicontazione di spese per il personale impiegato”. Ma tra i metodi contestati ai componenti, vi è anche l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti relative all’acquisto di beni e servizi, la rendicontazione di spese per viaggi e trasferte in realtà mai eseguite e la falsa attestazione del raggiungimento degli obiettivi richiesti dal progetto in termini di assistenza ai nuovi utenti e numero di denunce raccolte. Ma non è tutto. Sempre secondo le risultanze investigative, l’associazione avrebbe fatto leva su contratti con dipendenti fittizi e professionisti compiacenti, emettendo false buste paga oppure ricevendo fatturazioni per prestazioni professionali mai avvenute.

Le somme indebitamente percepite dai finti collaboratori, grazie alle false rendicontazioni presentate all’Ufficio del commissario antiracket, sarebbero state successivamente restituite in contanti alla stessa presidente dello sportello. Ma un dettaglio non poteva però sfuggire ai finanzieri: venivano infatti salvate le ritenute previdenziali e quelle assistenziali. Per giustificare le spese, tra l’altro, l’associazione avrebbe fatto ricorso a finte campagne di sensibilizzazione e inventato spese di manutenzione nelle tre sedi, ma mai avvenute. Anche per questi ultimi casi, il denaro indebitamente percepito sarebbe stato dapprima inviato via bonifico alle ditte esecutrici dei “lavori” e ai “fornitori” di materiale, per poi essere restituiti in contanti per un importo pari alla differenza di fatturato e una quota del 20 per cento come “compenso” alla stessa ditta. Per l’utilizzo discutibile di fondi per gli arredi delle sedi di Lecce e Brindisi, sono state riscontrare dirette responsabilità da parte di alcuni amministratori comunali e dei direttori dei lavori coinvolti nel rilascio delle autorizzazione e nei pagamenti degli interventi. Le opere di ristrutturazione, nello specifico, sarebbero state eseguite presso lo sportello di Lecce, a Borgo Pace, senza la preventiva approvazione da parte dell’Ufficio commissario antiracket. Sarebbero state dunque pagate con i fondi comunali, anziché con quelli erogati dall’apposito ufficio.

Fonte: LeccePrima →
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