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Venerdì, 29 Marzo 2024

Concorsi pubblici, non conterà solo il voto di laurea ma anche l'ateneo

Per superare le barriere di accesso ai concorsi, non basterà più avere un buon punteggio di laurea ma conterà anche il 'prestigio' dell'università di provenienza. Protestano le associazioni degli studenti: "Norma gravissima"

Non sarà solo il voto di laurea a fare la differenza nei concorsi pubblici, ma conterà anche l’università di provenienza. E’ quanto prevede un emendamento, appena approvato, al disegno di legge della Pubblica amministrazione in discussione in commissione alla Camera.

Nel documento, presentato dal parlamentare Pd Marco Meloni, si fa infatti riferimento al "superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso" e alla "possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato".

Obiettivo della proposta è far sì che far sì che le barriere di accesso ai concorsi siano determinate da fattori inerenti alla qualità e non solo da valori numerici. Non basterà dunque essersi laureati con un buon punteggio: conterà sempre di più il prestigio dell’università in cui si è conseguito il titolo. 

Se ad esempio un ateneo ha la media degli studenti che si laurea con il 90, non potrà essere considerata identica ad un’altra dove la media dei candidati si laurea con il 109

Com’era prevedibile le polemiche non sono mancate. A ribellarsi alla nuova norma sono soprattutto le associazioni degli studenti. L'Unione degli universitari parla di "previsione normativa gravissima perché determinerà per la prima volta una differenziazione dei titoli di laurea tra le diverse università pubbliche". 

E si pone anche il problema della valutazione delle università. L’unica valutazione esistente, ad oggi, è quella dell’Anvur, ma questi indicatori, spiega Gianluca Scuccimarra, presidente dell'associazione, "oltre ad essere basati per oltre l’80% sulla valutazione di attività di ricerca, dunque completamenti scollegati dalla didattica degli studenti, sono anche fortemente contestati rispetto all’effettiva capacità di 'misurare' la qualità".

Fonte: Corriere della Sera →
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