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Martedì, 23 Aprile 2024

Il Governo cancella 5mila società: ecco il decreto taglia-partecipate

Gli enti locali dovranno dire addio a "poltronifici", società doppione e alle aziende che hanno chiuso in rosso quattro degli ultimi cinque bilanci. Rinviato a data da destinarsi l'addio alla carta: il digitale può aspettare

La riforma delle partecipate arriva al traguardo dell’adozione definitiva senza modifiche di sostanza ai parametri scritti per dividere le società pubbliche che possono continuare a operare da quelle destinate invece a chiusura, privatizzazione o aggregazione. Lo scrive il Sole 24 Ore annunciando come il taglia-partecipate chieda agli enti proprietari di scrivere entro sei mesi un piano di razionalizzazione.

Le pubbliche amministrazioni potranno essere socie solo di spa, srl (anche in forma cooperativa) e società consortili che producono servizi di interesse generale, compresa la realizzazione di reti e impianti, opere pubbliche, beni strumentali o attività di supporto agli enti non profit.

All’interno di questo ventaglio di opzioni, che esclude i tanti settori di mercato, dai servizi professionali al commercio all’ingrosso e al dettaglio, in cui oggi sono attive le società pubbliche, le partecipate dovranno inoltre rispettare un secondo gruppo di criteri: fatturato minimo da un milione di euro e l’addio alle società con più dipendenti che amministratori, alle aziende attive cioè in settori simili o uguali a quelli già coperti da altre partecipate e alle aziende che hanno chiuso in rosso quattro degli ultimi cinque bilanci.

Su questi punti il piano di razionalizzazione, da adottare entro sei mesi per non incorrere in una sanzione amministrativa fino a 500mila euro, non ha possibilità di scelta, ma deve limitarsi a censire le partecipate che entro un anno vanno chiuse, privatizzate oppure aggregate per superare i parametri minimi di fatturato e organici. Entro sei mesi, anche le società pubbliche “in regola” con i nuovi parametri dovranno effettuare una revisione straordinaria del personale per individuare gli esuberi.

Sul tavolo del Consiglio dei Ministri, invece, non arriva la riforma dei dirigenti, ancora al centro delle discussioni all’interno del governo e dell’alta burocrazia ministeriale soprattutto dopo che il testo aveva perso la clausola di salvaguardia per i direttori generali. Lo slittamento trascina con sé anche gli altri decreti alla prima lettura, su camere di commercio ed enti di ricerca: se ne riparlerà il 25 agosto.

Nel capitolo dei rinvii anche il Codice dell’amministrazione digitale che cancella nei fatti la scadenza di domani, data a partire dalla quale anche gli enti locali avrebbero dovuto abbandonare la carta nella creazione dei propri atti, e di rimandare il tutto a data da destinarsi, quando saranno pronte le nuove regole tecniche.

Chiude il quadro dei provvedimenti attuati la riforma della Corte dei conti, che dà nuovi poteri al pm per vigilare sull’esecuzione delle sentenze senza però affidargli la responsabilità diretta.

Fonte: Il Sole 24 Ore →
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